LOCALI STORICI E MODERNI

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LOCALI STORICI E MODERNI

Offerta gastronomica

I Ristoranti “storici” e Trattorie “storiche” della Romagna (Ravenna e provincia, Riviera Romagnola, Appennino Romagnolo, Forlì e dintorni, Cesena e dintorni, Faenza e circondario, Rimini e provincia e San Marino) sono luoghi dove si è fatta la Storia, del gusto e non solo. Si tratta di Ristoranti e Trattorie che oggi continuano a perseguire la tradizione (nell’ambiente e nella cucina) ma anche di locali che sono stati ristrutturati nell’ambiente (oggi eleganti, raffinati e romantici) e si sono evoluti nelle proposte in cucina.
Marina di Ravenna
Aguardiente
7/d Piazzale Adriatico
Marina di Ravenna
Milano Marittima frazione di Cervia
Al Caminetto
46 Viale Matteotti
Milano Marittima frazione di Cervia
Cervia
Al Pirata
54 Viale Cristoforo Colombo
Cervia
Antica Trattoria Al Gallo 1909
89 Via Maggiore
Ravenna
Rimini
27 preporuka/e lokalaca
Bounty
6 Via la Strada (1954)
27 preporuka/e lokalaca
Rimini
Bull & Bush
99 Viale Regina Elena
Rimini
Ravenna
58 preporuka/e lokalaca
Ristorante Ca' de Vèn
24 Via Corrado Ricci
58 preporuka/e lokalaca
Ravenna
Ca' Del Pino
295 Via Romea Nord
Ravenna
Caffè Cavour
12 Piazza Cavour
Rimini
Coffee Corte Cavour
51 Via Camillo Benso Cavour
Ravenna
Caffetteria Ramiro
6 Piazza Caduti per la Libertà
Ravenna
Ravenna
Cappello
41 Via IV Novembre
Ravenna
Cervia
26 preporuka/e lokalaca
Casa Delle Aie
4 Via Aldo Ascione
26 preporuka/e lokalaca
Cervia
Santarcangelo di Romagna
da Mario
26 Via de Bosis Lauro
Santarcangelo di Romagna
"da pizoun" Trattoria Osteria "Vinho Verde"
16 Piazza Giuseppe Mazzini
San Mauro Pascoli
Poggio Torriana
Il Chiosco di Bacco
62 Via Santarcangiolese
Poggio Torriana
Ravenna
Il Roma
16 Piazza del Popolo
Ravenna
Talamello
7 preporuka/e lokalaca
La Locanda dell'Ambra
28 Piazza Giuseppe Garibaldi
7 preporuka/e lokalaca
Talamello
La Trattoria
133 Via Marabina
Ravenna
Santarcangelo di Romagna
Lazaroun
21 Via del Platano
Santarcangelo di Romagna
Barlicetto frazione di Lugo
L'O Osteria Cucina & Cantina
3 Via Provinciale Maiano
Barlicetto frazione di Lugo
Lord Nelson Pub
71 Viale Regina Elena
Rimini
Poggio Torriana
Il Povero Diavolo
30 Via Roma
Poggio Torriana
Imola
6 preporuka/e lokalaca
Osteria del Vicolo Nuovo da Ambra e Rosa
6 Via Codronchi
6 preporuka/e lokalaca
Imola
Covignano frazione di Rimini
7 preporuka/e lokalaca
Osteria La Chiacchiera
271 Via Covignano
7 preporuka/e lokalaca
Covignano frazione di Rimini
Santarcangelo di Romagna
13 preporuka/e lokalaca
La Sangiovesa - Ristorante Santarcangelo
14 Piazza Beato Simone Balacchi
13 preporuka/e lokalaca
Santarcangelo di Romagna
Faenza
9 preporuka/e lokalaca
Osteria Ristorante La Baita
25 Via Naviglio
9 preporuka/e lokalaca
Faenza
Passport Bistrot
16 Viale dei Mille
Riccione
Quartopiano Suite Restaurant
34 C Via Gabriello Chiabrera
Rimini
Ristorante Anna dal 1968
13 Viale G. Matteotti
Forlimpopoli
Villa Verucchio
14 preporuka/e lokalaca
Restaurant Casa Zanni
205 Via Casale
14 preporuka/e lokalaca
Villa Verucchio
Cervia
6 preporuka/e lokalaca
Ristorante Cruderia Al Porto
2 Lungomare G. D'Annunzio
6 preporuka/e lokalaca
Cervia
Viserba frazione di Rimini
Ristorante da Todro Due Santi
3 Viale Amos Burnazzi
Viserba frazione di Rimini
Bagno di Romagna
Ristorante Del Lago
147 Via Acquapartita
Bagno di Romagna
Bagno di Romagna
Ristorante Del Ponte
42 Via Camillo Benso Conte di Cavour
Bagno di Romagna
Ristorante Il Giardino dei Semplici
28 Via Alessandro Manzoni
Bagnacavallo
Bagnara di Romagna
Ristorante Il Molinello
1/3/7 SP48
Bagnara di Romagna
Pennabilli
7 preporuka/e lokalaca
Ristorante Il Piastrino
Via Parco Begni
7 preporuka/e lokalaca
Pennabilli
Ristorante La Madia di Granarolo Faentino
12/A Via Giuseppe Garibaldi
Granarolo Faentino
Ristorante La Rocca
46 Via Rocca
Verucchio
Ristorante La Voglia Matta
63 Via Vittorio Veneto
Fusignano
Collinello frazione di Bertinoro
Ristorante Luis Di Fucci Donatella
541 Via Collinello Centro
Collinello frazione di Bertinoro
Osteria Madama Dore'
49 Via Marecchia
Novafeltria
Cesenatico
6 preporuka/e lokalaca
Ristorante Magnolia
35 Viale Trento
6 preporuka/e lokalaca
Cesenatico
Montebello frazione di Po Torriana
Ristorante Pacini
6 Via Castello di Montebello
Montebello frazione di Po Torriana
Sogliano al Rubicone
Ristorante Pizzeria La Pieda
74/D Via Montepetra-Nazionale
Sogliano al Rubicone
Mercato Saraceno
Ristorante Ponte Giorgi
1945 Via Palmiro Togliatti
Mercato Saraceno
Rimini
34 preporuka/e lokalaca
Rose & Crown pub
2 Viale Regina Elena
34 preporuka/e lokalaca
Rimini
Cesenatico
Saluma
55 Viale dei Mille
Cesenatico
San Giovanni in Galilea
Sangiovanni Osteria di Confine
6 Via Sigismondo Malatesta
San Giovanni in Galilea
Segafredo Caffè - Bar Belli Ravenna
9 Via Arnaldo Guerrini
Ravenna
La Taverna Degli Artisti
1 Viale Amerigo Vespucci
Rimini
Rimini
6 preporuka/e lokalaca
Trattoria Delinda
345 Via Marecchiese
6 preporuka/e lokalaca
Rimini

Prodotti tipici della provincia di Forlì

CAPELLETTI ROMAGNOLI Ingredienti per il ripieno: ricotta, oppure metà ricotta e metà raviggiolo. Mezzo petto di cappone cotto nel burro, condito con sale e pepe, e tritato fine fine con la lunetta. Parmigiano grattato, uova, uno intero e un rosso. Odore di noce moscata, poche spezie, scorza di limone a chi piace. Un pizzico di sale. Qualora mancasse il petto di cappone, supplite con di magro di maiale nella lombata. Scriveva nel 1811 il prefetto di Forlì “L’avidità di tale minestra è così generale, che da tutti, e massime dai preti, si fanno delle scommesse di chi ne mangia una maggior quantità, e si arriva da alcuni fino al numero di 400 o 500”. TORTELLI CON LE ROSOLACCE Zona di produzione Forlì, Cesena, Romagna, particolarmente tradizionali nella zona di Brisighella. Il rosolaccio (fiuron d’grân, ròşla, ruşon, rôşa mata, al ròşli) è il comune papavero che in giugno illeggiadrisce i campi di grano. E’ una delle verdure più raccolte e consumate. PAPPARDELLE, AL PAPARDEL; Al PAPARDELI Area di produzione Forlì, Cesena, Romagna. Le e materia prime solo farina e uova. Poi il consueto e sapiente lavoro di matterello. Meritano di essere condite con sughi robusti e ricchi di sapore come il sugo alla cacciatora o di lepre. GARGANELLO, GARGANELLA Ingredienti solo farina e uova. Tirare una sfoglia sottile e tagliarla a quadretti di 3 cm circa di lato, quindi passarla nell’apposito attrezzo chiamato pettine. Il territorio interessato alla produzione è la provincia di Forlì-Cesena. Il pettine” è costituito da una serie di fili paralleli, tenuti tesi da un piccolo telaio e da una bacchettina a parte. L’origine dei garganelli è campagnola, dove vengono serviti con ottimo brodo di cappone e manzo. La confezione è alquanto laboriosa, ma il loro merito ripaga largamente tempo e fatica. Essa richiede una sapiente cottura che non “passi di là”, ma che non dia, nella saldatura della pasta, la sensazione di crudezza. ORECCHIONI, J URCIÔN Area di produzione Forlì-Cesena e Ravenna. Sfoglia di farina e uova, per il ripieno ricotta, parmigiano, prezzemolo. A cottura avvenuta in abbondante acqua salata, gli urciôn si scolano e si condiscono con un semplice ragù di pancetta magra e pomodoro fresco cotto a fuoco lento. Si mangiano nei giorni in cui è prescritto il magro. “J’urcion” (gli orecchioni), che si fanno con la pasta dei cappelletti e sono parenti strettissimi dei tortelli, non amano la carne. Il loro ripieno, infatti, è quasi sempre composto di sola verdura o di formaggi. Per fare questa minestra, molto diffusa nelle valli romagnole.. La sfoglia va tagliata a dischi con un bicchiere o con l’apposito arnese, e su questi dischetti va posto il ripieno; quindi ogni disco va ripiegato a metà ed i lembi vanno saldati con le dita o con i denti della forchetta. migliori orecchioni sono da ricercarsi specialmente nei luoghi di collina, dove la ricotta freschissima è sempre reperibile. Numerose infatti sono le trattorie dell’alta Romagna che hanno sempre gli orecchioni a disposizione delle comitive in cerca di piaceri gastronomici. GNOCCO DI PATATE, GNOCCHI DI PATATE, SGRANFIGNONE, MACARUN S’AL PATETI, GNÒC Si producono in tutta la Regione. Nelle schede dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Emilia-Romagna si segnala come prodotto nelle provincie di Forlì-Cesena. Materia prime: Patate, Farina, Uova, Sale. Di particolare interesse quelli realizzate con patate di origine locale: le patate di Montescudo (RN). Si realizzavano, più o meno, alla maniera di oggi, impastando farina e patate schiacciate (o passate al ferro dei passatelli), in parti pressoché uguali. A Montescudo (RN) si celebra da più di 40 anni la sagra della patata e festa degli gnocchi, nel mese di agosto. TARDURA Pane grattugiato, uova, parmigiano grattugiato, odore di noce moscata, un pizzico di sale, brodo di carne. STROZZAPRETI, STROZAPRIT La base per la sfoglia è costituita da farina, acqua a cui è anche possibile aggiungere uova nelle versioni più ricche. Il territorio interessato alla produzione è la Provincia di Forlì-Cesena e territori limitrofi. PASSATELLI, PASSATINI, PASADEIN, PASADÒIN IN BRÒD Minestra da cuocere in brodo a base di pane raffermo grattugiato, parmigiano, uova e spezie. Di forma cilindrica con diametro di circa 4-5 mm e lunghezza di 8-10 cm, colore giallognolo ed aspetto rugoso. Il territorio interessato alla produzione è la Provincia di Forlì-Cesena e intero areale romagnolo. In passato era la minestra delle feste e delle grandi occasioni: Pasqua, Ascensione, battesimi, cresime, matrimoni, tranne il Natale in cui erano sostituiti dai cappelletti in brodo. Erano considerati un piatto pregito poiché fatti con pane bianco. Pangrattato e parmigiano andavano in egual misura, ma nelle case dei ricchi prevaleva il parmigiano, mentre in quelle dei poveri prevaleva il pane. MINESTRA IMBOTTITA, SPOJA LORDA Spianare una sfoglia “la spoja” sottile con il matterello “e’ sciadùr”; sopra circa la metà di questa spalmarvi il ripieno “e’ cumpens”, ripiegare la sfoglia e con la speronella “la sprünela” (ruota dentata) tagliare tanti quadratini di 2 cm di lato, o rettangolini (mentre si tagliano, i bordi della pasta si saldano). Cuocere la spoja lorda nel brodo buono di gallina. Appena viene a galla, spegnere il fuoco e servire la minestra caldissima. Territorio interessato alla produzione: Romagna. MANFRIGOLI E’ il nome di una minestra di pasta ben soda ottenuta con farina e uova e soffregata tra le mani fino a ridurla in minuti granellini che vengono cotti poi nel brodo. Il territorio interessato alla produzione è la Romagna e la provincia di Pesaro. PANCOTTO Il pancotto è una preparazione tipica dell’Emilia Romagna (Forlì-Cesena e Romagna nel suo complesso). Un piatto di origine povera, ma ricco di sapore, evolutosi in diverse varianti sia dolci che salate. La zona di produzione è esclusivamente la Provincia di Forlì-Cesena e la Romagna. Ingredienti: Pane secco, olio extravergine di oliva. Ricette e varianti tradizionali del pancotto aggiungendo o latte, o formaggio. Tozzi di pane, avanzi non di giorni ma di settimane (nel dialetto riminese: i citati tràcle, come quelli da grattugiare per fare i passatini). Metterli a bagno nell’acqua sino a ridurli in poltiglia. Aggiungere acqua e, in capace tegame di terracotta, cuocerli con spicchi d’aglio e poco sale. Far bollire molto, in modo che, sotto, facciano la “crosta”. Condire con polpa d’oliva, cioè olio grasso, senza correttivi, o anche col burro. Cospargere di parmigiano. È la “pappa” degli infanti e dei vecchi senza denti. LA PIADINA ROMAGNOLA La piadina romagnola è un prodotto emiliano-romagnolo, particolarmente celebre in zona e più in generale in tutta Italia per la sua facilità di impiego e preparazione in cucina. È anche detta: piada romagnola, piè romagnola, pjida romagnola, pièda romagnola, pji romagnola, pida romagnola. Sulla superficie sono presenti delle macchioline tali da disegnare una sorta di “mosaico” chiaro e scuro. Il sapore è delicato con odore che richiama quello del pane. Alla masticazione la piadina romagnola si presenta tenera per la presenza dello strutto o dell’olio extra-vergine di oliva . Si sposa bene con formaggi, salumi e verdure della zona di produzione. Nel gennaio del 1920 nasceva a Forlì, fondata da Aldo Spallici, la rivista d’illustrazione romagnola, La Piê. L’editoriale firmato affermava: “Niente dice più Romagna di questo pane nostro. […] Questo adunque è un simbolo che dice devozione alla nostra terra”. Questa affermazione e il nome dato al mensile, evidenziano la capacità della piada di identificare e unificare la terra di Romagna sotto un unico emblema. L’identità piadina/Romagna è precedente la nascita del mensile La Piê, ed è ascrivibile all’illustre poeta Giovanni Pascoli. Parallelamente alla rivista La Piê, nasceva, nel 1914, l’associazione culturale romagnola “Società dei Piadaioli” (Sucieté di Piadarul), con l’intento, così come riportato nell’articolo 2 del proprio statuto, di “salvaguardare e valorizzare il patrimonio artistico, storico, folcloristico, musicale, linguistico e letterario, con particolare riguardo al dialetto, della Romagna”. La ricetta della piadina romagnola è piuttosto semplice, e si basa su pochi ingredienti tra i quali troviamo lo strutto, un grasso di origine animale che favorisce l’impasto arricchendolo di sapore. Al contempo, lo strutto rende più difficile la lievitazione, ed ecco perché la piadina non è mai particolarmente alta. CRESCIONI L’area di produzione dei crescioni corrisponde alla provincia di Forlì-Cesena. I crescioni alle erbe di campagna sono grandi tortelli ripieni di erbe di campagna preparati con lo stesso impasto della piadina e cotti anch’essi sulla teglia. Si possono farcire con zucca e patate, cavoli, spinaci, strigoli e così via, oppure, come spesso avviene oggi, con prosciutto cotto e mozzarella, pomodoro e mozzarella ed altro ancora, secondo il gusto e la fantasia. Si cuociono sulla teglia. TORTELLI ALLA LASTRA Farina di grano tenero, acqua e acqua di cottura della zucca, per la sfoglia; zucca, patata, lardo, cipolla e pecorino, per il ripieno. Territorio interessato alla produzione l’Alta Valle del Bidente e Alta Valle del Savio. Il tortello sulla lastra si mangia verso la fine dell’autunno, soprattutto per Ognissanti. SQUAQUERONE DI ROMAGNA DOP All’inizio le forme vengono rigirate molto frequentemente e poi sempre più di rado. Matura in 4-5 giorni in ambiente frigorifero a 3-4 gradi, dove le forme vengono avvolte in carta pergamena. Caratteristiche del prodotto finito: peso: Kg 1-3; forma: rotonda, adagiata su se stessa (da qui il nome evocatore di una tal quale dissenteria casearia); crosta: assente; pasta: molle, tenera; sapore: di latte gradevolmente acidulo. Area di produzione: tutta la Romagna, rinomatissimo quello di Castel S.Pietro (BO). Calendario di produzione: tutto l’anno. Oggi questo formaggio viene prodotto, con eccellenti risultati sul piano della qualità, soprattutto a livello industriale. La lavorazione viene eseguita secondo i dettami della tradizione artigiana, di cui rispetta tutte le fasi di caseificazione. Secondo alcuni intervistati, questo formaggio sarebbe, al pari della Casatella, una versione riveduta e corretta, del ravaggiolo. Oggi lo squaquarone, nel costume gastronomico regionale, viene sposato alla classica piadina; questo abbinamento è oltremodo gradito al “delicato” palato delle giovani generazioni. Lo Squacquerone ha ottenuto la DOP nel 2012. SALSICCIA MATTA, CIÀVAR, SUZÈZZA MATA, ZUZÈZA MATTA Si prepara con carni di terza scelta, vicine alla scannatura, più stomaco, rognoni e cuore precedentemente scottati in acqua bollente, vengono macinati, conditi e insaccati nel budello naturale. Maturazione: dieci giorni circa in luogo caldo. Periodo di stagionatura: va consumato entro due mesi. Area di produzione: Appennino forlivese, nella zona di Santa Sofia. Con altro nome si produce in tutta la Romagna. SALSICCIA PASSITA Le carni di seconda e terza scelta vengono macinate a grana media, conciate e insaccate nel budello naturale. Si consumano sia fresche che stagionate. Maturazione: tre o quattro giorni. Periodo di stagionatura: quaranta giorni circa in luogo fresco e areato. Quando è stagionata molti usano conservarla sott’olio, sotto cenere o nella calcina. Prodotta in tutta la regione Romagna. CARDO GIGANTE DI ROMAGNA Pianta alta, a portamento semieretto, lembo fogliare largo, a media frastagliatura, verde grigio chiaro, a picciolo lungo, mediamente concavo con spine. Territorio interessato alla produzione: intera area romagnola. E’ originario del Mediterraneo. Era coltivato già al tempo degli antichi Romani; Plinio nella sua “Storia Naturale” lo annovera fra gli ortaggi pregiati. Come Cardo Gigante avorio senza spine pieno, la prima notizia appare su di un catalogo di sementi del 1951. Nel 1960, stesso catalogo, appare già come Gigante di Romagna, senza spine costa larga piena, bianco avorio, quindi l’apparizione del nome avviene in questo decennio, presumibilmente nella nostra zona litoranea. CARDI IN UMIDO La preparazione dei cardi in umido ricade nella cucina tradizionale dell’Emilia-Romagna. Nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) della Regione EmiliaRomagna, comezona di produzione è indicata esclusivamente la Provincia di Forlì-Cesena e la Romagna. D’inverno i cardi in umido erano preparati partendo dalla base cruda e conditi con lardo, conserva e acqua salata, facendo attenzione che la cottura risultasse efficace (ovvero rendendoli morbidi). A seconda delle disponibilità economiche, si aggiungeva a questa variante dello spezzatino di carne (maiale o vitello), che veniva inizialmente fatto soffriggere. Il gigante degli ortaggi non di rado presenta esemplari alti due metri e dal peso di circa venti chili. S ASPARAGO, ASPARAGINA, SPARZ, SPARAZENA
Bidente-Ronco
CAPELLETTI ROMAGNOLI Ingredienti per il ripieno: ricotta, oppure metà ricotta e metà raviggiolo. Mezzo petto di cappone cotto nel burro, condito con sale e pepe, e tritato fine fine con la lunetta. Parmigiano grattato, uova, uno intero e un rosso. Odore di noce moscata, poche spezie, scorza di limone a chi piace. Un pizzico di sale. Qualora mancasse il petto di cappone, supplite con di magro di maiale nella lombata. Scriveva nel 1811 il prefetto di Forlì “L’avidità di tale minestra è così generale, che da tutti, e massime dai preti, si fanno delle scommesse di chi ne mangia una maggior quantità, e si arriva da alcuni fino al numero di 400 o 500”. TORTELLI CON LE ROSOLACCE Zona di produzione Forlì, Cesena, Romagna, particolarmente tradizionali nella zona di Brisighella. Il rosolaccio (fiuron d’grân, ròşla, ruşon, rôşa mata, al ròşli) è il comune papavero che in giugno illeggiadrisce i campi di grano. E’ una delle verdure più raccolte e consumate. PAPPARDELLE, AL PAPARDEL; Al PAPARDELI Area di produzione Forlì, Cesena, Romagna. Le e materia prime solo farina e uova. Poi il consueto e sapiente lavoro di matterello. Meritano di essere condite con sughi robusti e ricchi di sapore come il sugo alla cacciatora o di lepre. GARGANELLO, GARGANELLA Ingredienti solo farina e uova. Tirare una sfoglia sottile e tagliarla a quadretti di 3 cm circa di lato, quindi passarla nell’apposito attrezzo chiamato pettine. Il territorio interessato alla produzione è la provincia di Forlì-Cesena. Il pettine” è costituito da una serie di fili paralleli, tenuti tesi da un piccolo telaio e da una bacchettina a parte. L’origine dei garganelli è campagnola, dove vengono serviti con ottimo brodo di cappone e manzo. La confezione è alquanto laboriosa, ma il loro merito ripaga largamente tempo e fatica. Essa richiede una sapiente cottura che non “passi di là”, ma che non dia, nella saldatura della pasta, la sensazione di crudezza. ORECCHIONI, J URCIÔN Area di produzione Forlì-Cesena e Ravenna. Sfoglia di farina e uova, per il ripieno ricotta, parmigiano, prezzemolo. A cottura avvenuta in abbondante acqua salata, gli urciôn si scolano e si condiscono con un semplice ragù di pancetta magra e pomodoro fresco cotto a fuoco lento. Si mangiano nei giorni in cui è prescritto il magro. “J’urcion” (gli orecchioni), che si fanno con la pasta dei cappelletti e sono parenti strettissimi dei tortelli, non amano la carne. Il loro ripieno, infatti, è quasi sempre composto di sola verdura o di formaggi. Per fare questa minestra, molto diffusa nelle valli romagnole.. La sfoglia va tagliata a dischi con un bicchiere o con l’apposito arnese, e su questi dischetti va posto il ripieno; quindi ogni disco va ripiegato a metà ed i lembi vanno saldati con le dita o con i denti della forchetta. migliori orecchioni sono da ricercarsi specialmente nei luoghi di collina, dove la ricotta freschissima è sempre reperibile. Numerose infatti sono le trattorie dell’alta Romagna che hanno sempre gli orecchioni a disposizione delle comitive in cerca di piaceri gastronomici. GNOCCO DI PATATE, GNOCCHI DI PATATE, SGRANFIGNONE, MACARUN S’AL PATETI, GNÒC Si producono in tutta la Regione. Nelle schede dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Emilia-Romagna si segnala come prodotto nelle provincie di Forlì-Cesena. Materia prime: Patate, Farina, Uova, Sale. Di particolare interesse quelli realizzate con patate di origine locale: le patate di Montescudo (RN). Si realizzavano, più o meno, alla maniera di oggi, impastando farina e patate schiacciate (o passate al ferro dei passatelli), in parti pressoché uguali. A Montescudo (RN) si celebra da più di 40 anni la sagra della patata e festa degli gnocchi, nel mese di agosto. TARDURA Pane grattugiato, uova, parmigiano grattugiato, odore di noce moscata, un pizzico di sale, brodo di carne. STROZZAPRETI, STROZAPRIT La base per la sfoglia è costituita da farina, acqua a cui è anche possibile aggiungere uova nelle versioni più ricche. Il territorio interessato alla produzione è la Provincia di Forlì-Cesena e territori limitrofi. PASSATELLI, PASSATINI, PASADEIN, PASADÒIN IN BRÒD Minestra da cuocere in brodo a base di pane raffermo grattugiato, parmigiano, uova e spezie. Di forma cilindrica con diametro di circa 4-5 mm e lunghezza di 8-10 cm, colore giallognolo ed aspetto rugoso. Il territorio interessato alla produzione è la Provincia di Forlì-Cesena e intero areale romagnolo. In passato era la minestra delle feste e delle grandi occasioni: Pasqua, Ascensione, battesimi, cresime, matrimoni, tranne il Natale in cui erano sostituiti dai cappelletti in brodo. Erano considerati un piatto pregito poiché fatti con pane bianco. Pangrattato e parmigiano andavano in egual misura, ma nelle case dei ricchi prevaleva il parmigiano, mentre in quelle dei poveri prevaleva il pane. MINESTRA IMBOTTITA, SPOJA LORDA Spianare una sfoglia “la spoja” sottile con il matterello “e’ sciadùr”; sopra circa la metà di questa spalmarvi il ripieno “e’ cumpens”, ripiegare la sfoglia e con la speronella “la sprünela” (ruota dentata) tagliare tanti quadratini di 2 cm di lato, o rettangolini (mentre si tagliano, i bordi della pasta si saldano). Cuocere la spoja lorda nel brodo buono di gallina. Appena viene a galla, spegnere il fuoco e servire la minestra caldissima. Territorio interessato alla produzione: Romagna. MANFRIGOLI E’ il nome di una minestra di pasta ben soda ottenuta con farina e uova e soffregata tra le mani fino a ridurla in minuti granellini che vengono cotti poi nel brodo. Il territorio interessato alla produzione è la Romagna e la provincia di Pesaro. PANCOTTO Il pancotto è una preparazione tipica dell’Emilia Romagna (Forlì-Cesena e Romagna nel suo complesso). Un piatto di origine povera, ma ricco di sapore, evolutosi in diverse varianti sia dolci che salate. La zona di produzione è esclusivamente la Provincia di Forlì-Cesena e la Romagna. Ingredienti: Pane secco, olio extravergine di oliva. Ricette e varianti tradizionali del pancotto aggiungendo o latte, o formaggio. Tozzi di pane, avanzi non di giorni ma di settimane (nel dialetto riminese: i citati tràcle, come quelli da grattugiare per fare i passatini). Metterli a bagno nell’acqua sino a ridurli in poltiglia. Aggiungere acqua e, in capace tegame di terracotta, cuocerli con spicchi d’aglio e poco sale. Far bollire molto, in modo che, sotto, facciano la “crosta”. Condire con polpa d’oliva, cioè olio grasso, senza correttivi, o anche col burro. Cospargere di parmigiano. È la “pappa” degli infanti e dei vecchi senza denti. LA PIADINA ROMAGNOLA La piadina romagnola è un prodotto emiliano-romagnolo, particolarmente celebre in zona e più in generale in tutta Italia per la sua facilità di impiego e preparazione in cucina. È anche detta: piada romagnola, piè romagnola, pjida romagnola, pièda romagnola, pji romagnola, pida romagnola. Sulla superficie sono presenti delle macchioline tali da disegnare una sorta di “mosaico” chiaro e scuro. Il sapore è delicato con odore che richiama quello del pane. Alla masticazione la piadina romagnola si presenta tenera per la presenza dello strutto o dell’olio extra-vergine di oliva . Si sposa bene con formaggi, salumi e verdure della zona di produzione. Nel gennaio del 1920 nasceva a Forlì, fondata da Aldo Spallici, la rivista d’illustrazione romagnola, La Piê. L’editoriale firmato affermava: “Niente dice più Romagna di questo pane nostro. […] Questo adunque è un simbolo che dice devozione alla nostra terra”. Questa affermazione e il nome dato al mensile, evidenziano la capacità della piada di identificare e unificare la terra di Romagna sotto un unico emblema. L’identità piadina/Romagna è precedente la nascita del mensile La Piê, ed è ascrivibile all’illustre poeta Giovanni Pascoli. Parallelamente alla rivista La Piê, nasceva, nel 1914, l’associazione culturale romagnola “Società dei Piadaioli” (Sucieté di Piadarul), con l’intento, così come riportato nell’articolo 2 del proprio statuto, di “salvaguardare e valorizzare il patrimonio artistico, storico, folcloristico, musicale, linguistico e letterario, con particolare riguardo al dialetto, della Romagna”. La ricetta della piadina romagnola è piuttosto semplice, e si basa su pochi ingredienti tra i quali troviamo lo strutto, un grasso di origine animale che favorisce l’impasto arricchendolo di sapore. Al contempo, lo strutto rende più difficile la lievitazione, ed ecco perché la piadina non è mai particolarmente alta. CRESCIONI L’area di produzione dei crescioni corrisponde alla provincia di Forlì-Cesena. I crescioni alle erbe di campagna sono grandi tortelli ripieni di erbe di campagna preparati con lo stesso impasto della piadina e cotti anch’essi sulla teglia. Si possono farcire con zucca e patate, cavoli, spinaci, strigoli e così via, oppure, come spesso avviene oggi, con prosciutto cotto e mozzarella, pomodoro e mozzarella ed altro ancora, secondo il gusto e la fantasia. Si cuociono sulla teglia. TORTELLI ALLA LASTRA Farina di grano tenero, acqua e acqua di cottura della zucca, per la sfoglia; zucca, patata, lardo, cipolla e pecorino, per il ripieno. Territorio interessato alla produzione l’Alta Valle del Bidente e Alta Valle del Savio. Il tortello sulla lastra si mangia verso la fine dell’autunno, soprattutto per Ognissanti. SQUAQUERONE DI ROMAGNA DOP All’inizio le forme vengono rigirate molto frequentemente e poi sempre più di rado. Matura in 4-5 giorni in ambiente frigorifero a 3-4 gradi, dove le forme vengono avvolte in carta pergamena. Caratteristiche del prodotto finito: peso: Kg 1-3; forma: rotonda, adagiata su se stessa (da qui il nome evocatore di una tal quale dissenteria casearia); crosta: assente; pasta: molle, tenera; sapore: di latte gradevolmente acidulo. Area di produzione: tutta la Romagna, rinomatissimo quello di Castel S.Pietro (BO). Calendario di produzione: tutto l’anno. Oggi questo formaggio viene prodotto, con eccellenti risultati sul piano della qualità, soprattutto a livello industriale. La lavorazione viene eseguita secondo i dettami della tradizione artigiana, di cui rispetta tutte le fasi di caseificazione. Secondo alcuni intervistati, questo formaggio sarebbe, al pari della Casatella, una versione riveduta e corretta, del ravaggiolo. Oggi lo squaquarone, nel costume gastronomico regionale, viene sposato alla classica piadina; questo abbinamento è oltremodo gradito al “delicato” palato delle giovani generazioni. Lo Squacquerone ha ottenuto la DOP nel 2012. SALSICCIA MATTA, CIÀVAR, SUZÈZZA MATA, ZUZÈZA MATTA Si prepara con carni di terza scelta, vicine alla scannatura, più stomaco, rognoni e cuore precedentemente scottati in acqua bollente, vengono macinati, conditi e insaccati nel budello naturale. Maturazione: dieci giorni circa in luogo caldo. Periodo di stagionatura: va consumato entro due mesi. Area di produzione: Appennino forlivese, nella zona di Santa Sofia. Con altro nome si produce in tutta la Romagna. SALSICCIA PASSITA Le carni di seconda e terza scelta vengono macinate a grana media, conciate e insaccate nel budello naturale. Si consumano sia fresche che stagionate. Maturazione: tre o quattro giorni. Periodo di stagionatura: quaranta giorni circa in luogo fresco e areato. Quando è stagionata molti usano conservarla sott’olio, sotto cenere o nella calcina. Prodotta in tutta la regione Romagna. CARDO GIGANTE DI ROMAGNA Pianta alta, a portamento semieretto, lembo fogliare largo, a media frastagliatura, verde grigio chiaro, a picciolo lungo, mediamente concavo con spine. Territorio interessato alla produzione: intera area romagnola. E’ originario del Mediterraneo. Era coltivato già al tempo degli antichi Romani; Plinio nella sua “Storia Naturale” lo annovera fra gli ortaggi pregiati. Come Cardo Gigante avorio senza spine pieno, la prima notizia appare su di un catalogo di sementi del 1951. Nel 1960, stesso catalogo, appare già come Gigante di Romagna, senza spine costa larga piena, bianco avorio, quindi l’apparizione del nome avviene in questo decennio, presumibilmente nella nostra zona litoranea. CARDI IN UMIDO La preparazione dei cardi in umido ricade nella cucina tradizionale dell’Emilia-Romagna. Nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) della Regione EmiliaRomagna, comezona di produzione è indicata esclusivamente la Provincia di Forlì-Cesena e la Romagna. D’inverno i cardi in umido erano preparati partendo dalla base cruda e conditi con lardo, conserva e acqua salata, facendo attenzione che la cottura risultasse efficace (ovvero rendendoli morbidi). A seconda delle disponibilità economiche, si aggiungeva a questa variante dello spezzatino di carne (maiale o vitello), che veniva inizialmente fatto soffriggere. Il gigante degli ortaggi non di rado presenta esemplari alti due metri e dal peso di circa venti chili. S ASPARAGO, ASPARAGINA, SPARZ, SPARAZENA
AGRESTO Uva non matura raccolta nel mese di luglio (lugliatica). I grappoli di uva acerba vengono mostati in un piccolo tino e il succo raccolto va messo in una botticella ed esposto al sole per un certo tempo. Il prodotto che ne risultava era denso e si conservava in vasi. Al momento dell’uso se ne stemperava una piccola quantità in acqua o brodo per dare carattere ai cibi o anche per preparare bibite rinfrescanti. Nel Medio Evo era il condimento per eccellenza, sempre presente sia sulla mensa dei ricchi che su quella dei poveri.
23 preporuka/e lokalaca
Forlimpopoli
23 preporuka/e lokalaca
AGRESTO Uva non matura raccolta nel mese di luglio (lugliatica). I grappoli di uva acerba vengono mostati in un piccolo tino e il succo raccolto va messo in una botticella ed esposto al sole per un certo tempo. Il prodotto che ne risultava era denso e si conservava in vasi. Al momento dell’uso se ne stemperava una piccola quantità in acqua o brodo per dare carattere ai cibi o anche per preparare bibite rinfrescanti. Nel Medio Evo era il condimento per eccellenza, sempre presente sia sulla mensa dei ricchi che su quella dei poveri.
PESCA E NETTARINA DI ROMAGNA IGP Prodotto frutticolo fresco, ottenuto da diverse varietà a polpa gialla e polpa bianca. zona di produzione è costituita dal territorio atto alla coltivazione della pesca nelle province di Ferrara, Bologna, Forlì, Rimini, Ravenna.
42 preporuka/e lokalaca
Cesena
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PESCA E NETTARINA DI ROMAGNA IGP Prodotto frutticolo fresco, ottenuto da diverse varietà a polpa gialla e polpa bianca. zona di produzione è costituita dal territorio atto alla coltivazione della pesca nelle province di Ferrara, Bologna, Forlì, Rimini, Ravenna.
LOTO DI ROMAGNA La denominazione “Loto di Romagna” designa il frutto della cultivar di Kaki Tipo. Il territorio della Regione Emilia-Romagna atto alla coltivazione di loti ed è così determinato: nella provincia di Bologna: Gorgo Tossignano, Casalfiumanese, Casola Valsenio, Dozza, Fontanelice, Imola, Mordano, Sesto Imolese, Medicina nella provincia di Forlì: Bertinoro, Borghi, Castrocaro Terme, Cesena, Cesenatico, Dovadola, Forlì, Forlimpopoli, Gatteo Mare, Longiano, Meldola, Mercato saraceno, Modogliana, Montiano, Predappio, Roncofreddo, Savignano sul Rubicone, S. Mauro Pascoli, Tredozio nella provincia di Ravenna: Alfonsine, Bagnara di Romagna, Bagnacavallo, Brisighella, Casola Valsenio, Castelbolognese, Cervia, Conselice, Cotignola, Faenza, Fusignano, Lugo, Massa Lombarda, Ravenna, Riolo Terme, Russi, Sant’Agata sul Santerno, Solarolo nella provincia di Rimini: Rimini, Poggio Berni, Santarcangelo di Romagna.
13 preporuka/e lokalaca
Castrocaro Terme
13 preporuka/e lokalaca
LOTO DI ROMAGNA La denominazione “Loto di Romagna” designa il frutto della cultivar di Kaki Tipo. Il territorio della Regione Emilia-Romagna atto alla coltivazione di loti ed è così determinato: nella provincia di Bologna: Gorgo Tossignano, Casalfiumanese, Casola Valsenio, Dozza, Fontanelice, Imola, Mordano, Sesto Imolese, Medicina nella provincia di Forlì: Bertinoro, Borghi, Castrocaro Terme, Cesena, Cesenatico, Dovadola, Forlì, Forlimpopoli, Gatteo Mare, Longiano, Meldola, Mercato saraceno, Modogliana, Montiano, Predappio, Roncofreddo, Savignano sul Rubicone, S. Mauro Pascoli, Tredozio nella provincia di Ravenna: Alfonsine, Bagnara di Romagna, Bagnacavallo, Brisighella, Casola Valsenio, Castelbolognese, Cervia, Conselice, Cotignola, Faenza, Fusignano, Lugo, Massa Lombarda, Ravenna, Riolo Terme, Russi, Sant’Agata sul Santerno, Solarolo nella provincia di Rimini: Rimini, Poggio Berni, Santarcangelo di Romagna.
FRAGOLA DI ROMAGNA La “Fragola di Romagna” è caratterizzata da un elevato profumo, da sapore dolce e da una buona consistenza del frutto. Il territorio interessato alla produzione comprende il territorio dei seguenti Comuni: Provincia di Bologna: Imola Provincia di Forlì: Bertinoro, Cesena, Cesenatico, Forlì, Forlimpopoli, Gambettola, Gatteo Mare, Longiano, Meldola, Montiano, Roncofreddo, Savignano sul Rubicone, S. Mauro Pascoli Provincia di Ravenna: Cervia, Ravenna Provincia di Rimini: Bellaria, Cattolica, Coriano, Igea Marina, Misano Adriatico, Poggio Berni, Riccione, Rimini, Santarcangelo di Romagna. Purtroppo di questi buonissimi frutti del sottobosco abbiamo pochissime notizie, proprio perché per moltissimo tempo non vengono coltivati, nè negli orti, nè nei giardini, perché sono spontanei e come oggi si trovavano nei boschi.
8 preporuka/e lokalaca
Terra del Sole
8 preporuka/e lokalaca
FRAGOLA DI ROMAGNA La “Fragola di Romagna” è caratterizzata da un elevato profumo, da sapore dolce e da una buona consistenza del frutto. Il territorio interessato alla produzione comprende il territorio dei seguenti Comuni: Provincia di Bologna: Imola Provincia di Forlì: Bertinoro, Cesena, Cesenatico, Forlì, Forlimpopoli, Gambettola, Gatteo Mare, Longiano, Meldola, Montiano, Roncofreddo, Savignano sul Rubicone, S. Mauro Pascoli Provincia di Ravenna: Cervia, Ravenna Provincia di Rimini: Bellaria, Cattolica, Coriano, Igea Marina, Misano Adriatico, Poggio Berni, Riccione, Rimini, Santarcangelo di Romagna. Purtroppo di questi buonissimi frutti del sottobosco abbiamo pochissime notizie, proprio perché per moltissimo tempo non vengono coltivati, nè negli orti, nè nei giardini, perché sono spontanei e come oggi si trovavano nei boschi.
PERA VOLPINA Caratteristiche del “gruppo delle pere volpine”, sono la forma da maliforme a sferoidale, lungo peduncolo, buccia fortemente rugginosa, elevata presenza di sclereidi e tannini nella polpa. Tali caratteristiche sono riconducibili a frutti destinati quasi esclusivamente alla cottura. Il territorio interessato alla produzione è la provincia di Forlì-Cesena, esteso nelle province orientali dell’Emilia-Romagna. Un tempo era elemento presente nelle aie delle case rurali appenniniche. Oggi le piante sopravvissute costituiscono reperti da “archeologia arborea”.
40 preporuka/e lokalaca
Bertinoro
40 preporuka/e lokalaca
PERA VOLPINA Caratteristiche del “gruppo delle pere volpine”, sono la forma da maliforme a sferoidale, lungo peduncolo, buccia fortemente rugginosa, elevata presenza di sclereidi e tannini nella polpa. Tali caratteristiche sono riconducibili a frutti destinati quasi esclusivamente alla cottura. Il territorio interessato alla produzione è la provincia di Forlì-Cesena, esteso nelle province orientali dell’Emilia-Romagna. Un tempo era elemento presente nelle aie delle case rurali appenniniche. Oggi le piante sopravvissute costituiscono reperti da “archeologia arborea”.
PESCA BELLA DI CESENA La pesca “Bella di Cesena” è una pesca a polpa bianca caratterizzata da un bel sovracolore rosso fiammante uniforme, forma regolare, pezzatura medio-grossa e di ottimo sapore. Il territorio interessato alla produzione è la provincia di Forlì-Cesena, prioritariamente nei dintorni di Cesena. Di origine non ben accertata, la “Bella di Cesena” fu individuata e selezionata negli anni ’20 dall’agricoltore Pieri Domenico, detto Maciola, a San Mauro in Valle di Cesena, nel podere “Ancona I” della congregazione di Carità. Riferimenti bibliografici su questa varietà non si riscontrano prima della metà degli anni trenta. A partire dagli anni ’70-’80 la varietà è stata progressivamente abbandonata a favore di varietà più produttive, di più facile conservazione nelle celle frigorifere e più resistenti all’immagazzinamento e al trasporto.
Montiano
PESCA BELLA DI CESENA La pesca “Bella di Cesena” è una pesca a polpa bianca caratterizzata da un bel sovracolore rosso fiammante uniforme, forma regolare, pezzatura medio-grossa e di ottimo sapore. Il territorio interessato alla produzione è la provincia di Forlì-Cesena, prioritariamente nei dintorni di Cesena. Di origine non ben accertata, la “Bella di Cesena” fu individuata e selezionata negli anni ’20 dall’agricoltore Pieri Domenico, detto Maciola, a San Mauro in Valle di Cesena, nel podere “Ancona I” della congregazione di Carità. Riferimenti bibliografici su questa varietà non si riscontrano prima della metà degli anni trenta. A partire dagli anni ’70-’80 la varietà è stata progressivamente abbandonata a favore di varietà più produttive, di più facile conservazione nelle celle frigorifere e più resistenti all’immagazzinamento e al trasporto.
SFRAPPOLE, SFRAPPE, FIOCCHETTI, CHIACCHIERE DELLE SUORE, SFRAPLI, AL FRAP, FIUCHÈT, CIACRI DAL SORI Nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Emilia Romagna, come zona di produzione è indicata esclusivamente la Provincia di Forlì-Cesena e la Romagna. In realtà è un prodotto, tipico del periodo di Carnevale, che si trova in tutta la Regione (e in gran parte d’Italia), assumendo di volta in volta nomi diversi, senza variare sostanzialmente nella preparazione. Le chiacchiere, o bugie, o frappe, sono dei tipici dolci italiani preparati solitamente durante il periodo di carnevale, chiamati anche con molti altri nomi regionali. Derivano probabilmente dalle frictilia, dolci fritti nel grasso che nell’antica Roma venivano preparati proprio durante il periodo dell’odierno Carnevale.
45 preporuka/e lokalaca
Forli
45 preporuka/e lokalaca
SFRAPPOLE, SFRAPPE, FIOCCHETTI, CHIACCHIERE DELLE SUORE, SFRAPLI, AL FRAP, FIUCHÈT, CIACRI DAL SORI Nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Emilia Romagna, come zona di produzione è indicata esclusivamente la Provincia di Forlì-Cesena e la Romagna. In realtà è un prodotto, tipico del periodo di Carnevale, che si trova in tutta la Regione (e in gran parte d’Italia), assumendo di volta in volta nomi diversi, senza variare sostanzialmente nella preparazione. Le chiacchiere, o bugie, o frappe, sono dei tipici dolci italiani preparati solitamente durante il periodo di carnevale, chiamati anche con molti altri nomi regionali. Derivano probabilmente dalle frictilia, dolci fritti nel grasso che nell’antica Roma venivano preparati proprio durante il periodo dell’odierno Carnevale.
PASTA MARGHERITA Nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Emilia Romagna, come zona di produzione è indicata esclusivamente la Provincia di Forlì-Cesena e la Romagna. In realtà è un dolce che si produce un po’ dappertutto , le comunque in gran parte della Regione.
11 preporuka/e lokalaca
Meldola
11 preporuka/e lokalaca
PASTA MARGHERITA Nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Emilia Romagna, come zona di produzione è indicata esclusivamente la Provincia di Forlì-Cesena e la Romagna. In realtà è un dolce che si produce un po’ dappertutto , le comunque in gran parte della Regione.
MIGLIACCIÒ, È MIÀZ Territorio interessato alla produzione: Romagna Materia prima: sangue di maiale filtrato, latte, uova, zucchero, cioccolata fondente grattugiata, pane grattugiato, alchermes, chicchi di caffè, cannella, scorza di arancia, limone, mandorle, nocciole, burro o strutto. E’ un piatto dolce contadino e montanaro, povero e legato alla stagione fredda e al maiale, allevato e macellato in casa, di cui si utilizzava tutto, compreso il sangue. Il termine migliaccio deriva dal miglio, un cereale storico utilizzato molto prima della coltivazione del mais per pane e polenta. Un tempo quindi il migliaccio si faceva con la farina di miglio. Il sangue è il componente tradizionale e peculiare, crudo, fresco, lavorato e setacciato fino a sfibrarlo. A scelta si possono aggiungere anche mandorle o nocciole, odore di noce moscata, cannella o chicchi di caffè, burro o strutto. Il tutto va versato in uno stampo basso, cotto a bagnomaria.
8 preporuka/e lokalaca
Predappio
8 preporuka/e lokalaca
MIGLIACCIÒ, È MIÀZ Territorio interessato alla produzione: Romagna Materia prima: sangue di maiale filtrato, latte, uova, zucchero, cioccolata fondente grattugiata, pane grattugiato, alchermes, chicchi di caffè, cannella, scorza di arancia, limone, mandorle, nocciole, burro o strutto. E’ un piatto dolce contadino e montanaro, povero e legato alla stagione fredda e al maiale, allevato e macellato in casa, di cui si utilizzava tutto, compreso il sangue. Il termine migliaccio deriva dal miglio, un cereale storico utilizzato molto prima della coltivazione del mais per pane e polenta. Un tempo quindi il migliaccio si faceva con la farina di miglio. Il sangue è il componente tradizionale e peculiare, crudo, fresco, lavorato e setacciato fino a sfibrarlo. A scelta si possono aggiungere anche mandorle o nocciole, odore di noce moscata, cannella o chicchi di caffè, burro o strutto. Il tutto va versato in uno stampo basso, cotto a bagnomaria.
TORTA RICCIOLINA O TORTA DI TAGLIATELLE Farina, zucchero, burro, mandorle dolci, uova, limone, dose per dolci, zucchero a velo per guarnire, carta oleata, liquore per dolci (facoltativo un po’ di latte). Viene lavorato manualmente seguendo le consuete metodiche di lavorazione della ciambella o crostata, eventualmente si può usare l’impastatrice. Non contiene creme o panne viene ben cotto ed innaffiato con liquore, pertanto si conserva anche qualche settimana in luogo fresco. Si produce nelle Province di Ferrara, di Reggio Emilia, di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini (ed anche nel mantovano). La torta di tagliatelle è nata nel lontano passato ed è il risultato di un felice connubio che si rifà al dolce/salato tipico dell’antica tradizione e della cucina ferraresi. Infatti, su uno strato dolce di pasta frolla (un tempo ciambella), si adagia uno strato di tagliatelle che propriamente non sono un classico della pasticceria dolce. Questa torta, che presenta ottime caratteristiche di conservabilità, è un prodotto della tradizione culinaria che si è tramandato di generazione in generazione nella cultura contadina dato che la sfoglia non mancava mai nelle case di campagna. La torta era presente sulla tavola della festa, in particolare a Natale e a Pasqua e poteva essere preparata anche con alcune settimane di anticipo perché si manteneva molto bene, buona e profumata, sulle finestre o nelle stanze fresche della casa colonica.
11 preporuka/e lokalaca
Santa Sofia
11 preporuka/e lokalaca
TORTA RICCIOLINA O TORTA DI TAGLIATELLE Farina, zucchero, burro, mandorle dolci, uova, limone, dose per dolci, zucchero a velo per guarnire, carta oleata, liquore per dolci (facoltativo un po’ di latte). Viene lavorato manualmente seguendo le consuete metodiche di lavorazione della ciambella o crostata, eventualmente si può usare l’impastatrice. Non contiene creme o panne viene ben cotto ed innaffiato con liquore, pertanto si conserva anche qualche settimana in luogo fresco. Si produce nelle Province di Ferrara, di Reggio Emilia, di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini (ed anche nel mantovano). La torta di tagliatelle è nata nel lontano passato ed è il risultato di un felice connubio che si rifà al dolce/salato tipico dell’antica tradizione e della cucina ferraresi. Infatti, su uno strato dolce di pasta frolla (un tempo ciambella), si adagia uno strato di tagliatelle che propriamente non sono un classico della pasticceria dolce. Questa torta, che presenta ottime caratteristiche di conservabilità, è un prodotto della tradizione culinaria che si è tramandato di generazione in generazione nella cultura contadina dato che la sfoglia non mancava mai nelle case di campagna. La torta era presente sulla tavola della festa, in particolare a Natale e a Pasqua e poteva essere preparata anche con alcune settimane di anticipo perché si manteneva molto bene, buona e profumata, sulle finestre o nelle stanze fresche della casa colonica.
MISTOCCHINE, MISTUCHINA, MISTUCHEN, MISTÒK, MISTOCCHI ED FAREINA ED CASTAGN Vengono prodotte in tutta la Regione, in tutta la zona appenninica e non solo, spesso con nomi leggermente diversi a seconda dei dialetti locali. Farina di castagna, semi di anicini, acqua, sapa, scorze di arancia e limone e zucchero a velo. Si conserva in frigo perché non indurisce. Se ne preparavano però di molti svariati tipi ad esempio con farina di frumentone, zucchero, strutto e uova, oppure con farina di castagne e gli stessi ingredienti del precedente e potevano essere arricchiti con uvetta passa e aromatizzati con scorza di limone e anice.
9 preporuka/e lokalaca
Dovadola
9 preporuka/e lokalaca
MISTOCCHINE, MISTUCHINA, MISTUCHEN, MISTÒK, MISTOCCHI ED FAREINA ED CASTAGN Vengono prodotte in tutta la Regione, in tutta la zona appenninica e non solo, spesso con nomi leggermente diversi a seconda dei dialetti locali. Farina di castagna, semi di anicini, acqua, sapa, scorze di arancia e limone e zucchero a velo. Si conserva in frigo perché non indurisce. Se ne preparavano però di molti svariati tipi ad esempio con farina di frumentone, zucchero, strutto e uova, oppure con farina di castagne e gli stessi ingredienti del precedente e potevano essere arricchiti con uvetta passa e aromatizzati con scorza di limone e anice.
PAGNOTTA PASQUALE La pagnotta pasquale è un dolce tipico dell’Emilia Romagna. Come suggerisce il nome si prepara nel periodo di Pasqua, prevalentemente nelle province di Forlì-Cesena e Rimini. Dalla preparazione piuttosto facile, è un “dolce povero” a tutto tondo. È generalmente associata ai comuni della Valle del Savio, una vallata fluviale dell’Emilia Romagna. Tra i suoi comuni più noti Verghereto, Bagno di Romagna, Cesena, Lido di Classe. La pagnotta pasquale veniva mangiata dalla famiglia riunita la mattina di Pasqua, al ritorno dalla messa con l’uovo benedetto ed il salame. Era usanza offrirla e scambiarla con i vicini, per cui diventava oggetto di coesione, di amicizia e solidarietà, perpetuando un ordine e una socializzazione tra famiglie e comunità.
Civitella di Romagna
PAGNOTTA PASQUALE La pagnotta pasquale è un dolce tipico dell’Emilia Romagna. Come suggerisce il nome si prepara nel periodo di Pasqua, prevalentemente nelle province di Forlì-Cesena e Rimini. Dalla preparazione piuttosto facile, è un “dolce povero” a tutto tondo. È generalmente associata ai comuni della Valle del Savio, una vallata fluviale dell’Emilia Romagna. Tra i suoi comuni più noti Verghereto, Bagno di Romagna, Cesena, Lido di Classe. La pagnotta pasquale veniva mangiata dalla famiglia riunita la mattina di Pasqua, al ritorno dalla messa con l’uovo benedetto ed il salame. Era usanza offrirla e scambiarla con i vicini, per cui diventava oggetto di coesione, di amicizia e solidarietà, perpetuando un ordine e una socializzazione tra famiglie e comunità.
CROCCANTE, CRUCCANT Zona di produzione esclusivamente la Provincia di Forlì-Cesena e la Romagna. Era una golosità molto ricercata che alle mandorle sostituiva spesso i pinoli. Nella casa benestante si faceva spesso il croccante, con mandorle, zucchero e miele (nel rispettivo ordine di un chilo, mezzo chilo, due etti). Ma, qualche volta, anche nella famiglia meno abbiente si preparava una tale ghiottoneria, riducendo al minimo il consumo dello zucchero.
Mercato Saraceno
CROCCANTE, CRUCCANT Zona di produzione esclusivamente la Provincia di Forlì-Cesena e la Romagna. Era una golosità molto ricercata che alle mandorle sostituiva spesso i pinoli. Nella casa benestante si faceva spesso il croccante, con mandorle, zucchero e miele (nel rispettivo ordine di un chilo, mezzo chilo, due etti). Ma, qualche volta, anche nella famiglia meno abbiente si preparava una tale ghiottoneria, riducendo al minimo il consumo dello zucchero.
PESCHE FINTE RIPIENE Si utilizzano: farina, zucchero uova, crema, rosolio, insieme a latte, burro e lievito. La lavorazione tradizionale avviene manualmente. Il territorio interessato alla produzione è la Provincia di Forlì-Cesena. La loro notorietà inizia a ridosso degli ultimi anni di guerra ed è legata alle grandi feste dell’anno, matrimoni, cresime, sagre paesane.
Gambettola
PESCHE FINTE RIPIENE Si utilizzano: farina, zucchero uova, crema, rosolio, insieme a latte, burro e lievito. La lavorazione tradizionale avviene manualmente. Il territorio interessato alla produzione è la Provincia di Forlì-Cesena. La loro notorietà inizia a ridosso degli ultimi anni di guerra ed è legata alle grandi feste dell’anno, matrimoni, cresime, sagre paesane.
STRACADÈINT, STRACCADÈINT, STRACADENT La lavorazione tradizionale avviene manualmente. Si tostano le mandorle e si impastano con farina, miele, e albumi montati a neve, aggiungendo se necessario alcuni cucchiai di latte. Poi si dispongono alcuni mucchietti dell’impasto su una teglia unta di burro e si cuoce al forno per circa mezz’ora. Il territorio interessato alla produzione è la Provincia di Forlì-Cesena.
Montiano
STRACADÈINT, STRACCADÈINT, STRACADENT La lavorazione tradizionale avviene manualmente. Si tostano le mandorle e si impastano con farina, miele, e albumi montati a neve, aggiungendo se necessario alcuni cucchiai di latte. Poi si dispongono alcuni mucchietti dell’impasto su una teglia unta di burro e si cuoce al forno per circa mezz’ora. Il territorio interessato alla produzione è la Provincia di Forlì-Cesena.
TAGLIATELLE DOLCI Si tratta di un composto realizzato con farina, uova, scorza di limone, cannella in polvere. Strutto/olio per la frittura. Realizzata la sfoglia e tirata, la si cosparge di una pastella realizzata da zucchero, scorza di limone e cannella. Arrotolare la sfoglia come per le tagliatelle e tagliare, senza però srotolarle. Friggere i pezzi così ottenuti in olio abbondante o meglio ancora nello strutto; asciugarli su carta assorbente e spolverizzarli di zucchero. Territorio interessato alla produzione la provincia di Forlì-Cesena. Era un dolce legato al periodo di carnevale.
Rocca San Casciano
TAGLIATELLE DOLCI Si tratta di un composto realizzato con farina, uova, scorza di limone, cannella in polvere. Strutto/olio per la frittura. Realizzata la sfoglia e tirata, la si cosparge di una pastella realizzata da zucchero, scorza di limone e cannella. Arrotolare la sfoglia come per le tagliatelle e tagliare, senza però srotolarle. Friggere i pezzi così ottenuti in olio abbondante o meglio ancora nello strutto; asciugarli su carta assorbente e spolverizzarli di zucchero. Territorio interessato alla produzione la provincia di Forlì-Cesena. Era un dolce legato al periodo di carnevale.
ZUPPA INGLESE Latte, zucchero, farina, uova, pan di Spagna o savoiardi o ciambella.È altrimenti detta sopinglesa, zòppa iglèisa, sopinglesa, zoppa inglèisa.Territorio interessato alla produzione: Romagna.
8 preporuka/e lokalaca
Premilcuore
8 preporuka/e lokalaca
ZUPPA INGLESE Latte, zucchero, farina, uova, pan di Spagna o savoiardi o ciambella.È altrimenti detta sopinglesa, zòppa iglèisa, sopinglesa, zoppa inglèisa.Territorio interessato alla produzione: Romagna.
SPUMINI Con uova e zucchero (un albume per ogni etto, a Monteiottone), si realizzavano i candidi spumini che, più minuti di quelli di oggi, erano chiamati a San Piero “sputi di monaca”. La “montata” richiedeva una buona ora di colpi di forchetta nel capace piatto di coccio; e la “neve”, a cucchiaiate, scendeva poi in una teglia leggera (di alluminio), per essere cotta al forno, dopo il pane.
80 preporuka/e lokalaca
Cesenatico
80 preporuka/e lokalaca
SPUMINI Con uova e zucchero (un albume per ogni etto, a Monteiottone), si realizzavano i candidi spumini che, più minuti di quelli di oggi, erano chiamati a San Piero “sputi di monaca”. La “montata” richiedeva una buona ora di colpi di forchetta nel capace piatto di coccio; e la “neve”, a cucchiaiate, scendeva poi in una teglia leggera (di alluminio), per essere cotta al forno, dopo il pane.
FAVE DEI MORTI Anche gli amaretti (o fave dei morti) non erano del tutto ignorati nelle campagne. L’albume di quattro uova, secondo una ricetta, veniva montato a neve con un po’ di zucchero. Dentro si mettevano tre etti di mandorle, solitamente spellate e tritate fini, più una quindicina di semi amari e un cucchiaio di farina. Il miscuglio, indurito, si calava in teglia, precedentemente unta di strutto e spolverata di farina. La cottura poteva avvenire nel forno del pane, o in quello della stufa.
10 preporuka/e lokalaca
Savignano sul Rubicone
10 preporuka/e lokalaca
FAVE DEI MORTI Anche gli amaretti (o fave dei morti) non erano del tutto ignorati nelle campagne. L’albume di quattro uova, secondo una ricetta, veniva montato a neve con un po’ di zucchero. Dentro si mettevano tre etti di mandorle, solitamente spellate e tritate fini, più una quindicina di semi amari e un cucchiaio di farina. Il miscuglio, indurito, si calava in teglia, precedentemente unta di strutto e spolverata di farina. La cottura poteva avvenire nel forno del pane, o in quello della stufa.
LATTE BRULÈ Il latte brulé è una ricetta tradizionale della provincia di Forlì-Cesena, in Emilia Romagna. In alcuni casi la sua presenza storica è accertata anche in Val Trebbia, dunque in provincia di Piacenza. Si tratta di un dolce delle grandi occasioni (particolarmente comunioni, cresime, matrimoni e battesimi) che veniva preparato dalle famiglie benestanti.
6 preporuka/e lokalaca
Gatteo a Mare
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LATTE BRULÈ Il latte brulé è una ricetta tradizionale della provincia di Forlì-Cesena, in Emilia Romagna. In alcuni casi la sua presenza storica è accertata anche in Val Trebbia, dunque in provincia di Piacenza. Si tratta di un dolce delle grandi occasioni (particolarmente comunioni, cresime, matrimoni e battesimi) che veniva preparato dalle famiglie benestanti.
LISCHI, ROSCANO, AGRETTO, BACICCO, LISCARO Pianta erbacea annuale, ha radice fittonante e foglie carnose, lineari, filiformi di colore verde intenso, stelo eretto con ramificazioni opposte, prostrate, fiori ermafroditi, ascellari, di piccole dimensioni, di colore verdolino. Il territorio interessato alla produzione è la zona rivierasca romagnolo e delle provincie marchigiane settentrionali.
18 preporuka/e lokalaca
Longiano
18 preporuka/e lokalaca
LISCHI, ROSCANO, AGRETTO, BACICCO, LISCARO Pianta erbacea annuale, ha radice fittonante e foglie carnose, lineari, filiformi di colore verde intenso, stelo eretto con ramificazioni opposte, prostrate, fiori ermafroditi, ascellari, di piccole dimensioni, di colore verdolino. Il territorio interessato alla produzione è la zona rivierasca romagnolo e delle provincie marchigiane settentrionali.
TRIDOLI Sinonimi: strigoli, carletti, bubbolini, tagliatelle della madonna, silene rigonfia, streidoul, strigli, strigul, strìdual, stridul, strivul, strìgval. Sono piante annue spontanee che crescono senza particolari esigenze un po’ ovunque, dal mare alla montagna, nei terreni coltivati o incolti. Il fusto eretto porta fiori a calice rigonfio che spuntano da marzo ad agosto. La raccolta avviene recidendo i giovani germogli fogliari. Il territorio interessato alla produzione è tutta l’area romagnola. Vale sottolineare che mondo mitologico greco-romano il Silenus, che vive in mezzo a selve, boschi e foreste, appare come una vecchio satiro, amante della musica, del suo flauto, del vino, quindi con il ventre sempre gonfio e tiepido. E’ facile così trovare un nesso preciso tra il Silenus del mito e la pianta dallo stesso nome botanico. Forse in passato gli stridoli si trovavano un po’ dappertutto, lungo i sentieri, tra i sassi, lungo gli argini delle strade e in campagna negli appezzamenti non ancora lavorati. Molto popolare nel ravennate. “Andè a strigul in pgneda” è ancora pratica molto diffusa.
Cusercoli
TRIDOLI Sinonimi: strigoli, carletti, bubbolini, tagliatelle della madonna, silene rigonfia, streidoul, strigli, strigul, strìdual, stridul, strivul, strìgval. Sono piante annue spontanee che crescono senza particolari esigenze un po’ ovunque, dal mare alla montagna, nei terreni coltivati o incolti. Il fusto eretto porta fiori a calice rigonfio che spuntano da marzo ad agosto. La raccolta avviene recidendo i giovani germogli fogliari. Il territorio interessato alla produzione è tutta l’area romagnola. Vale sottolineare che mondo mitologico greco-romano il Silenus, che vive in mezzo a selve, boschi e foreste, appare come una vecchio satiro, amante della musica, del suo flauto, del vino, quindi con il ventre sempre gonfio e tiepido. E’ facile così trovare un nesso preciso tra il Silenus del mito e la pianta dallo stesso nome botanico. Forse in passato gli stridoli si trovavano un po’ dappertutto, lungo i sentieri, tra i sassi, lungo gli argini delle strade e in campagna negli appezzamenti non ancora lavorati. Molto popolare nel ravennate. “Andè a strigul in pgneda” è ancora pratica molto diffusa.

Prodotti tipici della provincia di Ravenna

SALAME GENTILE, SALAM GENTIL, SALÂM ZINTÌL Il salame “gentile” è caratterizzato dal budello in cui è insaccato che è la parte terminale dell’intestino retto. Si è scelto (forse in maniera un po’ parziale) di restringere il raggio del Salame Gentile esclusivamente alle provincie di Forlì-Cesena, Ferrara e Ravenna. Il prodotto a base di carne suina magra, tritata a grana grossa, scelta con cura in base alla ricetta della casa. Aggiunta di cubetti di lardo in proporzione all’impasto. Può essere consumato fresco previa cottura. Esistono condimenti diversi (spezie) a seconda dei territori. BEL E COT, BELECOT Carne muscolosa di maiale, tutta la golela, testa disossata e senza orecchie, cotenna. Condimento sale grosso, pepe. Composto fatto di chiodi di garofano cannella, cannella, noce moscata, zucchero, salenitro. Il territorio interessato alla produzione è Russi. SUINO DI RAZZA MORA O MORA ROMAGNOLA Carne della razza suina Mora Romagnola. La zona di produzione e allevamento tipica è costituita dalle province di Ravenna, Forli-Cesena e parte di quella di Bologna, in particolare nelle zone collinari. Questi animali erano e sono dotati di notevole rusticità e frugalità, trattandosi di suini pascolatori spesso allevati allo stato semibrado, soprattutto in collina in boschi e ghiandaie e comunque, adattati ad utilizzare le fonti alimentari più diverse. CACIOTTA DI MONTEMAURO Materia prima: latte ovino (2/3), caprino (1/6) e bufalino (1/6). L’area di produzione è il comune di Brisighella, località Montemauro (RA). La produzione va da fine ottobre a fine giugno. Circa 20 anni fa, il formaggio veniva messo nelle forme fatte con giunco, che oggi un’assurda normativa ha vietato. La percentuale di latte di bufala contenuta, consente al prodotto di possedere caratteristiche di rara freschezza e morbidezza, anche dopo una certa stagionatura. STRIDOLI Sono piante annue spontanee che crescono senza particolari esigenze un po’ ovunque, dal mare alla montagna, nei terreni coltivati o incolti. La raccolta avviene recidendo i giovani germogli fogliari. ASPARAGO, ASPARAGINA, SPARZ, SPARAZENA La parte edule è rappresentata dai “turioni” di lunghezza variabile fra i 150 e 300 mm del diametro da 2 a 12 mm. Il territorio interessato alla produzione sono le pinete nella fascia costiera ravennate. Nella fascia costiera ravennate è invalso e consolidato nel tempo l’uso civico della raccolta dell’aspargo, assieme ad altri prodotti, soprattutto nel periodo primaverile. SCALOGNO DI ROMAGNA IGP L’indicazione designa esclusivamente il bulbo cipollino delle specie Allium Ascalonicum. Esso viene ottenuto secondo tecniche naturali e rispettose dell’ambiente tipico della varietà: non può essere coltivato in successione a se stesso o ad altre liliacee, né a solanacee, barbabietole e cavoli. Lo scalogno di Romagna si coltiva nei seguenti comuni: Brisighella, Casola Valsenio, Castelbolognese, Faenza, Riolo Terme, Solarolo in provincia di Ravenna; Modigliana e Tredozio in provincia di Forlì; Borgo Tossignano, Casalfiumanese, Castel del Rio, Castelguelfo, Dozza, Fontanelice, Imola e Mordano in provincia di Bologna. PIADINA FRITTA, PIÈ FRETTA Pasta del pane lievitata, strutto; se la si vuole rendere più saporita, s’intride la farina con le uova e con un po’ di grasso di maiale. Il territorio interessato alla produzione è tutta la Romagna. Si preparava quando le provviste di strutto erano abbondanti, ma il suo consumo era legato al carnevale, ai grandi lavori agricoli, ai raccolti e ai giorni di festa. CARNE BOVINA DI RAZZA ROMAGNOLA, VIDLÒ, TOR, BURRLA, VACA RUMAGNOLA AGNELLO DA LATTE, AGNEL, Delle razze: sarda e massese. Carne fresca ottenuta da agnelli maschie femmine macellati all’età di circa 30 giorni. Un tempo allevato e diffuso in tutta l’Emilia Romagna, in quanto originato dai greggi produttori di latte. L’allevamento degli ovini in Emilia-Romagna ha radici antichissime, risalenti al medioevo e all’epoca romana, in particolare in Romagna l’allevamento della pecora si è radicato nella coltura e nella storia alimentare e con essa il consumo dell’agnello da latte. CASTRATO DI ROMAGNA Carne fresca ottenuta da ovini maschi sotto posti al processo di castrazione ed aventi pesi ed età idonei. Attualmente la zona di produzione tipica è costituita dalla Romagna storica e quindi dalle province di Ravenna, Forli-Cesena e parte di quella di Bologna, in particolare nelle zone collinari, anche se vi sono prove nel passato di una certa diffusione in Emilia. PERA DELL’EMILIA ROMAGNA IGP Prodotto frutticolo fresco ottenuto dalle varietà: Abate Fetel, Cascade, Conference, Decana del Comizio, Kaiser, Max Red Bartlett, Passa Crassana, Williams. Esso viene ottenuto con tecniche tradizionali e rispettose dell’ambiente. La zona di produzione è costituita dal territorio atto alla coltivazione della pera nelle province di Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Bologna, Ravenna. SUGALI, SUGAL Mosto d’uva, farina gialla, farina di frumento, pane grattugiato, semolino, scorza di limone e semi di anicini. Territorio interessato alla produzione: Romagna e in particolare Bagnacavallo. GIALLETTI, GIALETTI, ZALETT, ZALET, PIADÒT Era un dolce che si mangiava in campagna durante il carnevale ed in particolare e’ mért lôv (martedì grasso). Provincia di Forlì-Cesena. CANTARELLE, AL CANTARĒLI Produzione nella provincia di Forlì-Cesena. Celebre la sagra che si svolge a Gatteo a Mare fra settembre e ottobre. “Cantarella” per gli antichi romani era il nome di una grossa tazza. Anche in italiano il nome si identifica in una coppa che, nelle antiche storie, richiama a magie e veleni in quelle coppe fatti bere a chi si voleva eliminare. Ma nella campagna di ieri poteva darsi si chiamassero così perché, buttando la pastella nella teglia bollente, la si sentiva sfrigolare, come canterellasse. In ogni caso al cantarèli erano modestissimi dolcetti di campagna, ora anch’essi per lo più dimenticati. In ogni caso le cantarelle si preparavano con facilità e rapidamente, mettendo in una zuppiera un po’ di farina bianca ed un terzo di quella gialla, di formentone, cui si aggiungeva latte, un po’ di sale, impastando il tutto. Ne doveva venire fuori una pastella morbida da prendere col cucchiaio. Nel frattempo, si appoggiava la teglia, e su quella si versavano quattro-cinque mucchietti della già pronta pastella. Sulle cantarelle appena calde si metteva, con l’ampollina, che in campagna si lavorava solo con l’ampollina dell’olio e mai con la bottiglia, un po’ di gocce d’olio e un po’ di zucchero; secondo i gusti e le possibilità, si potevano aggiungere anche due gocce di marsala, o di anice, o di rosolio. CASTAGNOLE Zona di produzione sono indicate le Province di Forlì-Cesena e Rimini. Pur rimanendo invariati gli ingredienti le castagnole assumono forme diverse sul territorio, possono essere cosparse con l’alchermes una volta cotte, dona loro un colore rosso acceso, che è mitigato dallo zucchero con cui vengono spolverate. A volte vengono anche farcite con crema pasticcera. Le castagnole rappresentano un dolce tipico del periodo di carnevale. RAGÙ ALLA ROMAGNOLA Area di produzione: Forlì, Cesena, Romagna. Ingredienti: carne di manzo, carne di maiale, rigaglie di pollo, cipolla sedano e carota. OLIO DI BRISIGHELLA DOP Area di produzione: nella terra di Brisighella (Ravenna), paese ubicato nella vallata del Lamone dove, grazie alla protezione contro i venti freddi di levante e ad una barriera naturale di gesso contro quelli provenienti da nord, la coltivazione dell’olivo ha trovato un microclima temperato favorevole. NOCINO, NOSRN, NOZÈN Nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Emilia-Romagna è indicato come tipico delle provincie di Forlì-Cesena e della Romagna. Materia prima: Alcool, zucchero, noci acerbe. Cannella, chiodi di garofano, noce moscata, buccia di limone (facoltativi). Le origini si perdono nei secoli, qualcuno sostiene che i romani cogliessero le noci nei boschi di Noceto, per fare il piacevole infuso (col vino, naturalmente, poiché non conoscevano i distillati e quindi l’alcool). Nel medioevo la pianta della noce era considerata malefica, consacrata ai riti infernali, infatti si narrava che su queste piante volassero, le streghe. Si dice che i Longobardi praticassero nelle nostre campagne strani riti pagani, con noci raccolte col mallo, nel mese di giugno. Le giovani contadine per molti secoli si sono lavate la faccia nella rugiada della notte di San Giovanni, prima di raccogliere le noci, così sarebbero diventate più belle. MARASCHINO, MARASCHÈIN Il maraschino è un liquore, dolce e incolore a base di un tipo particolare di ciliegia il Prunus cerasus, (conosciuto anche con il nome di visciolina o amarena), avente un contenuto alcolico del 30% circa, e tradizionalmente commercializzato in tipiche bottiglie impagliate a mano. GRAPPA DI ALBANA DI ROMAGNA Grappa da uve del vino Albana di Romagna SABA, SAPA Sciroppo dolce ottenuto da lenta e prolungata bollitura del mosto, generalmente di uve bianche. Colore dall’ambrato al rosso, odore intenso di caramello, sapore mielato, sapido e vellutato. La Sapa è uno siroppo d’uva e può servire in cucina a diversi usi poiché ha un gusto speciale che si addice in alcuni piatti. Un tempo al posto del miele si utilizzava la Saba e alla mostarda si sostituiva il “Savór”, una sorta di marmellata a base di Saba e frutta, prevalentemente di mele cotogne e pere. CICCIOLI Il prodotto deriva da carne e grasso di suino, con aggiunta di sale, aromi e conservanti.
Montone
SALAME GENTILE, SALAM GENTIL, SALÂM ZINTÌL Il salame “gentile” è caratterizzato dal budello in cui è insaccato che è la parte terminale dell’intestino retto. Si è scelto (forse in maniera un po’ parziale) di restringere il raggio del Salame Gentile esclusivamente alle provincie di Forlì-Cesena, Ferrara e Ravenna. Il prodotto a base di carne suina magra, tritata a grana grossa, scelta con cura in base alla ricetta della casa. Aggiunta di cubetti di lardo in proporzione all’impasto. Può essere consumato fresco previa cottura. Esistono condimenti diversi (spezie) a seconda dei territori. BEL E COT, BELECOT Carne muscolosa di maiale, tutta la golela, testa disossata e senza orecchie, cotenna. Condimento sale grosso, pepe. Composto fatto di chiodi di garofano cannella, cannella, noce moscata, zucchero, salenitro. Il territorio interessato alla produzione è Russi. SUINO DI RAZZA MORA O MORA ROMAGNOLA Carne della razza suina Mora Romagnola. La zona di produzione e allevamento tipica è costituita dalle province di Ravenna, Forli-Cesena e parte di quella di Bologna, in particolare nelle zone collinari. Questi animali erano e sono dotati di notevole rusticità e frugalità, trattandosi di suini pascolatori spesso allevati allo stato semibrado, soprattutto in collina in boschi e ghiandaie e comunque, adattati ad utilizzare le fonti alimentari più diverse. CACIOTTA DI MONTEMAURO Materia prima: latte ovino (2/3), caprino (1/6) e bufalino (1/6). L’area di produzione è il comune di Brisighella, località Montemauro (RA). La produzione va da fine ottobre a fine giugno. Circa 20 anni fa, il formaggio veniva messo nelle forme fatte con giunco, che oggi un’assurda normativa ha vietato. La percentuale di latte di bufala contenuta, consente al prodotto di possedere caratteristiche di rara freschezza e morbidezza, anche dopo una certa stagionatura. STRIDOLI Sono piante annue spontanee che crescono senza particolari esigenze un po’ ovunque, dal mare alla montagna, nei terreni coltivati o incolti. La raccolta avviene recidendo i giovani germogli fogliari. ASPARAGO, ASPARAGINA, SPARZ, SPARAZENA La parte edule è rappresentata dai “turioni” di lunghezza variabile fra i 150 e 300 mm del diametro da 2 a 12 mm. Il territorio interessato alla produzione sono le pinete nella fascia costiera ravennate. Nella fascia costiera ravennate è invalso e consolidato nel tempo l’uso civico della raccolta dell’aspargo, assieme ad altri prodotti, soprattutto nel periodo primaverile. SCALOGNO DI ROMAGNA IGP L’indicazione designa esclusivamente il bulbo cipollino delle specie Allium Ascalonicum. Esso viene ottenuto secondo tecniche naturali e rispettose dell’ambiente tipico della varietà: non può essere coltivato in successione a se stesso o ad altre liliacee, né a solanacee, barbabietole e cavoli. Lo scalogno di Romagna si coltiva nei seguenti comuni: Brisighella, Casola Valsenio, Castelbolognese, Faenza, Riolo Terme, Solarolo in provincia di Ravenna; Modigliana e Tredozio in provincia di Forlì; Borgo Tossignano, Casalfiumanese, Castel del Rio, Castelguelfo, Dozza, Fontanelice, Imola e Mordano in provincia di Bologna. PIADINA FRITTA, PIÈ FRETTA Pasta del pane lievitata, strutto; se la si vuole rendere più saporita, s’intride la farina con le uova e con un po’ di grasso di maiale. Il territorio interessato alla produzione è tutta la Romagna. Si preparava quando le provviste di strutto erano abbondanti, ma il suo consumo era legato al carnevale, ai grandi lavori agricoli, ai raccolti e ai giorni di festa. CARNE BOVINA DI RAZZA ROMAGNOLA, VIDLÒ, TOR, BURRLA, VACA RUMAGNOLA AGNELLO DA LATTE, AGNEL, Delle razze: sarda e massese. Carne fresca ottenuta da agnelli maschie femmine macellati all’età di circa 30 giorni. Un tempo allevato e diffuso in tutta l’Emilia Romagna, in quanto originato dai greggi produttori di latte. L’allevamento degli ovini in Emilia-Romagna ha radici antichissime, risalenti al medioevo e all’epoca romana, in particolare in Romagna l’allevamento della pecora si è radicato nella coltura e nella storia alimentare e con essa il consumo dell’agnello da latte. CASTRATO DI ROMAGNA Carne fresca ottenuta da ovini maschi sotto posti al processo di castrazione ed aventi pesi ed età idonei. Attualmente la zona di produzione tipica è costituita dalla Romagna storica e quindi dalle province di Ravenna, Forli-Cesena e parte di quella di Bologna, in particolare nelle zone collinari, anche se vi sono prove nel passato di una certa diffusione in Emilia. PERA DELL’EMILIA ROMAGNA IGP Prodotto frutticolo fresco ottenuto dalle varietà: Abate Fetel, Cascade, Conference, Decana del Comizio, Kaiser, Max Red Bartlett, Passa Crassana, Williams. Esso viene ottenuto con tecniche tradizionali e rispettose dell’ambiente. La zona di produzione è costituita dal territorio atto alla coltivazione della pera nelle province di Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Bologna, Ravenna. SUGALI, SUGAL Mosto d’uva, farina gialla, farina di frumento, pane grattugiato, semolino, scorza di limone e semi di anicini. Territorio interessato alla produzione: Romagna e in particolare Bagnacavallo. GIALLETTI, GIALETTI, ZALETT, ZALET, PIADÒT Era un dolce che si mangiava in campagna durante il carnevale ed in particolare e’ mért lôv (martedì grasso). Provincia di Forlì-Cesena. CANTARELLE, AL CANTARĒLI Produzione nella provincia di Forlì-Cesena. Celebre la sagra che si svolge a Gatteo a Mare fra settembre e ottobre. “Cantarella” per gli antichi romani era il nome di una grossa tazza. Anche in italiano il nome si identifica in una coppa che, nelle antiche storie, richiama a magie e veleni in quelle coppe fatti bere a chi si voleva eliminare. Ma nella campagna di ieri poteva darsi si chiamassero così perché, buttando la pastella nella teglia bollente, la si sentiva sfrigolare, come canterellasse. In ogni caso al cantarèli erano modestissimi dolcetti di campagna, ora anch’essi per lo più dimenticati. In ogni caso le cantarelle si preparavano con facilità e rapidamente, mettendo in una zuppiera un po’ di farina bianca ed un terzo di quella gialla, di formentone, cui si aggiungeva latte, un po’ di sale, impastando il tutto. Ne doveva venire fuori una pastella morbida da prendere col cucchiaio. Nel frattempo, si appoggiava la teglia, e su quella si versavano quattro-cinque mucchietti della già pronta pastella. Sulle cantarelle appena calde si metteva, con l’ampollina, che in campagna si lavorava solo con l’ampollina dell’olio e mai con la bottiglia, un po’ di gocce d’olio e un po’ di zucchero; secondo i gusti e le possibilità, si potevano aggiungere anche due gocce di marsala, o di anice, o di rosolio. CASTAGNOLE Zona di produzione sono indicate le Province di Forlì-Cesena e Rimini. Pur rimanendo invariati gli ingredienti le castagnole assumono forme diverse sul territorio, possono essere cosparse con l’alchermes una volta cotte, dona loro un colore rosso acceso, che è mitigato dallo zucchero con cui vengono spolverate. A volte vengono anche farcite con crema pasticcera. Le castagnole rappresentano un dolce tipico del periodo di carnevale. RAGÙ ALLA ROMAGNOLA Area di produzione: Forlì, Cesena, Romagna. Ingredienti: carne di manzo, carne di maiale, rigaglie di pollo, cipolla sedano e carota. OLIO DI BRISIGHELLA DOP Area di produzione: nella terra di Brisighella (Ravenna), paese ubicato nella vallata del Lamone dove, grazie alla protezione contro i venti freddi di levante e ad una barriera naturale di gesso contro quelli provenienti da nord, la coltivazione dell’olivo ha trovato un microclima temperato favorevole. NOCINO, NOSRN, NOZÈN Nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Emilia-Romagna è indicato come tipico delle provincie di Forlì-Cesena e della Romagna. Materia prima: Alcool, zucchero, noci acerbe. Cannella, chiodi di garofano, noce moscata, buccia di limone (facoltativi). Le origini si perdono nei secoli, qualcuno sostiene che i romani cogliessero le noci nei boschi di Noceto, per fare il piacevole infuso (col vino, naturalmente, poiché non conoscevano i distillati e quindi l’alcool). Nel medioevo la pianta della noce era considerata malefica, consacrata ai riti infernali, infatti si narrava che su queste piante volassero, le streghe. Si dice che i Longobardi praticassero nelle nostre campagne strani riti pagani, con noci raccolte col mallo, nel mese di giugno. Le giovani contadine per molti secoli si sono lavate la faccia nella rugiada della notte di San Giovanni, prima di raccogliere le noci, così sarebbero diventate più belle. MARASCHINO, MARASCHÈIN Il maraschino è un liquore, dolce e incolore a base di un tipo particolare di ciliegia il Prunus cerasus, (conosciuto anche con il nome di visciolina o amarena), avente un contenuto alcolico del 30% circa, e tradizionalmente commercializzato in tipiche bottiglie impagliate a mano. GRAPPA DI ALBANA DI ROMAGNA Grappa da uve del vino Albana di Romagna SABA, SAPA Sciroppo dolce ottenuto da lenta e prolungata bollitura del mosto, generalmente di uve bianche. Colore dall’ambrato al rosso, odore intenso di caramello, sapore mielato, sapido e vellutato. La Sapa è uno siroppo d’uva e può servire in cucina a diversi usi poiché ha un gusto speciale che si addice in alcuni piatti. Un tempo al posto del miele si utilizzava la Saba e alla mostarda si sostituiva il “Savór”, una sorta di marmellata a base di Saba e frutta, prevalentemente di mele cotogne e pere. CICCIOLI Il prodotto deriva da carne e grasso di suino, con aggiunta di sale, aromi e conservanti.

Prodotti tipici della Valmarecchia

MANDOLINO DEL MONTEFELTRO ® Nasce a Novafeltria un brevetto sul prosciutto di spalla. FORMAGGIO DI FOSSA / AMBRA DI TALAMELLO Ottimo da taglio, grattugiato o saltato in padella con paste e gnocchi, può essere gustato anche con la confettura di fichi e il miele. CARNE BOVINA MARCHIGIANA La razza bovina marchigiana con le sue particolari caratteristiche organolettiche è facilmente reperibile in tutte le macellerie e botteghe sul territorio. Carne bovina Marchigiana La razza bovina marchigiana, presenta le seguenti caratteristiche: Bovino da carne dì notevole sviluppo somatico e precocità, è caratterizzato da elevati incrementi giornalieri. Buono è lo sviluppo del treno posteriore, come pure la lunghezza del tronco. Il mantello è costituito da pelo corto, bianco porcellana. Si possono riscontrare gradazioni grigie diffuse nelle parti anteriori del corpo. La cute è pigmentata nera, sottile e morbida al tatto. La testa è ben conformata, a profilo rettilineo. Il collo è corto e muscoloso, gibboso nei maschi, con una giogaia ridotta. La struttura e lo sviluppo delle varie regioni sono armoniche ed aderenti al tipo da carne. Tecnologia di lavorazione La razza bovina marchigiana viene allevata allo stato brado o semibrado in stalle libere oppure in stalle a stabulazione fissa. La carne si prepara per tagli di carne fresca, molto apprezzata lessa, arrosto, brasata, in umido, alla griglia, o per preparare ragù, involtini, polpette, ecc.. CARNE DI MAIALE La carne di maiale, con il suo sapore inconfondibile, è un piatto sempre presente sulle tavole romagnole. CILIEGIE Le ciliegie sono considerate un prodotto tipico della Valmarecchia, soprattutto nella zona di Pietracuta di San Leo dove viene celebrata a Maggio con la tradizionale Sagra delle Ciliegie. A Pietracuta di San Leo torna la tradizionalissima Sagra delle Ciliegie, la ‘’Festa dal Zarisi’’ che ogni anno rallegra l’ultimo fine settimana di Maggio, richiamando un vasto pubblico. La “Sagra delle Ciliegie” prodotto tipico della vallata di Pietracuta (San Leo) in Valmarecchia; è un’occasione in cui si propongono oltre allo squisito frutto di stagione, prodotti tipici locali della natura e dell’artigianato. MARRONI DI TALAMELLO Le castagne e marroni così buoni da fare della Fiera delle Castagne della Valmarecchia a Talamello una delle manifestazioni più apprezzate della vallata. Marroni di Talamello Il marrone del Montefeltro è una varietà pregiata di marrone, tipica del Montefeltro e in particolare della Comunità Montana dell'Alta Valmarecchia, già inserita nell'Elenco Nazionale dei Prodotti Tradizionali. Si tratta di un vero e proprio prodotto di nicchia, caratterizzato da una produzione piuttosto limitata, che contribuisce a renderlo un prodotto tradizionale secondo l'accezione corrente del termine. La presenza di castagneti secolari, tuttora in attività, attesta la coltivazione di questo prodotto fin da epoca remota: l'introduzione della coltura si fa risalire alla presenza di alcuni ordini monastici in epoca medioevale. Il marrone si presenta come un frutto di dimensioni più grandi rispetto alla castagna, molto facile da sbucciare e ottimo per il consumo fresco. Sia il marrone che le castagne hanno note proprietà nutritive, tanto che in passato rappresentavano una fondamentale risorsa alimentare delle zone montane e veniva usato normalmente per produrre farina. La gamma degli usi del marrone nella cucina del Montefeltro è molto ampia: oltre alle "ballotte" (lessate in acqua) e alle "caldarroste" (cotte utilizzando la tipica padella bucherellata posta sulla brace), le castagne possono trovare impiego come ingredienti di molteplici primi e secondi piatti, nonché di dolci freschi e secchi a cui bisogna aggiungere le squisite confetture. Al fine di promuovere e tutelare la produzione e il consumo del marrone del Montefeltro, nel 2000 è stato istituito il "Consorzio di tutela e valorizzazione della Castagna della Valmarecchia", formato da quaranta proprietari di castagneti locali, a cui si aggiungono, in qualità di soci sostenitori, la Comunità Montana, i Comuni di Talamello, di Sant'Agata Feltria, di Novafeltria e di Casteldelci. Grazie alla collaborazione del Consorzio è stato possibile censire i castagneti in attualità di coltura, che attualmente coprono una superficie di circa quaranta ettari, per un totale di oltre 2.000 piante da frutto. Obiettivi del Consorzio sono il recupero dei castagneti da frutto, la realizzazione di nuovi impianti e l'acquisto di attrezzature per la raccolta e il marketing del prodotto che attualmente viene commercializzato in occasione della Fiera delle Castagne della Valmarecchia che si tiene a Talamello (la seconda domenica di ottobre) oppure direttamente presso i produttori, i quali spesso mettono a disposizione i propri castagneti secolari alle scuole ed ai semplici appassionati. OLIO EXTRA VERGINE D'OLIVA L'olio extra vergine d'oliva della Valmarecchia è davvero pregiato e di ottima qualità, da provare la tradizionale bruschetta. FUNGO PRUGNOLO Fungo raro presente in buona parte dell'appennino del centro Italia. Miratoio di Pennabilli lo celebra con una famosa Sagra del Fungo Prugnolo da oltre vent'anni. Fungo Prugnolo Il Tricholoma georgii è conosciuto anche con altre denominazioni: "fungo saetta", per via della sua innata abitudine a nascere e scomparire in breve tempo, e "fungo di San Giorgio", perché sembra che la sua comparsa coincida con la festa di questo santo, il 23 aprile. Il prugnolo cresce specialmente in zone alto collinari e montane, ai margini dei boschi, in radure, prati e campi, lungo le siepi o in mezzo agli arbusti e predilige i terreni tenuti puliti dal pascolo degli animali. Cresce in gruppi numerosi, in cerchi o semicerchi detti "cerchi delle streghe", ha il cappello spesso con i bordi rivolti all’interno, il colore è bianco-crema, le lamelle e le gambe bianche, aroma e gusto di farina. La raccolta del prugnolo, da metà aprile a metà giugno, non è esente da rischi: ricoperto di erba, non è ben visibile e il cercatore è costretto a tastare il terreno con un bastone per evitare spiacevoli incontri con le vipere che, al mattino, se ne stanno accovacciate al sole nei luoghi del prugnolo, immobili, pronte a scattare se vengono molestate sulla testa. È consigliata la raccolta dei soli esemplari piccoli e ancora chiusi, carichi dell’intensità aromatica che viene altrimenti perduta per effetto del naturale processo di esposizione al sole e di essiccazione. Molteplici gli impieghi del prugnolo in cucina: sulle tagliatelle, per la preparazione di tartine o frittate, per zuppe molto profumate oppure cotto al forno; inoltre può sostituire gli champignon in molte ricette. SPIANATA Una focaccia particolare, salata e saporita ottima con tutti i salumi e formaggi. Spianata La spianata è un tipico prodotto da forno, celebrato durante la Sagra del Pane a Maiolo, che deve il suo nome proprio al tipo di preparazione: l'abitudine diffusa di schiacciare, a mano o con il mattarello, l'impasto prima di consegnarlo al calore del forno, viene prodotta in tutti i forni del 7 Comuni dell'Alta val Marecchia. Quando si faceva il pane, era usanza conservare un po' d'impasto per preparare qualche focaccia. L'ingrediente base della spianata è infatti la pasta del pane al quale vengono aggiunti strutto, olio, rosmarino e sale grosso. Quindi l'impasto viene spianato e poi immediatamente cotto per circa quindici minuti. Molte le varianti che caratterizzano la spianata, sia nella preparazione che nella scelta degli ingredienti facoltativi: rosmarino, ciccioli, formaggio ed altro. TARTUFO BIANCO Il tartufo per eccellenza qui in valmarecchia deve la sua notorietà grazie alla Fiera Nazionale del Tartufo che si svolge ogni Ottobre a Sant'Agata Feltria. Tartufo Bianco Il bianchetto o marzuolo (Tuber Albidum Pico, Tuber Borchi) cresce nei boschi di conifere e latifoglie e talvolta tende ad emergere dal terreno. Matura dal mese di dicembre all'inizio della primavera; la raccolta in genere è regolata dal 15 gennaio al 30 aprile di ogni anno. E' sconsigliabile proporlo in anticipo o immaturo in autunno, mescolandolo al bianco pregiato. Molte le piante simbionti: pini, querce, faggi, noccioli, piante erbacee come lupinella e protano. Ha forma o carpoforo di tubero irregolare, gibboso, lobato, privo di prominenza basale. La dimensione del diametro è variabile fra 1 e 5 cm., a partire dalla nocciola. La superficie da giovane è pubescente e sottile; con la maturazione diventa liscia e tende a staccarsi dalla polpa. Il colore varia dal bianco sporco a colori più scuri, ocra, bruno-rossastro, man mano che matura. Carne e polpa hanno inizialmente colore ocra o chiaro; maturando via via assumono tonalità rosso-brune o bruno-violacee; le venature sono variabili (e più rarefatte, biancastre, fini e delineate, sfumate o grossolane). I sapori sono di varia natura, buoni e gradevoli, ma non sempre di intensità delicata e tenue (assai meno valida rispetto al grande bianco pregiato autunnale). Il bianchetto è poco digeribile, spesso gastronomicamente scadente. La sua bontà svanisce con la cottura, in quanto diviene spugnoso e improponibile a tavola. Se ben maturo, i profumi tipici di questo tartufo, non molto intensi, possono ricordare più o meno pesantemente (fino alla nausea) l'aglio; se il tartufo è immaturo gli odori possono ricordare la rapa o i gas illuminanti. In riferimento al grande tartufo bianco pregiato, il bianchetto o marzuolo è assai diverso, tendenzialmente mediocre nei profumi, anche se di eguale aspetto; qualitativamente ha valore notevolmente inferiore al pregiato anche se ampiamente proposto in tutti i mercati e le aste del tartufo; si differenzia altre sì per una minore appetibilità e digeribilità. E' assimilabile ad altri tartufi bianchi minori a maturazione diversificata, proposto sovente a consumatori sprovveduti e fraudolentemente utilizzato al posto del bianco pregiato. Giustamente gli estimatori del pregiato lo odiano e lo considerano non solo inferiore ma sprezzantemente “plebeo”. Quantitativamente la sua presenza nell'area feretrana è meno significativa e vivaddio sovrastata da quelli più pregiati, sia bianco che nero invernale. All'attenta osservazione le sue vene bianche tendono parzialmente ad inscurire, risultano grossolane e intercomunicanti. Va comunque sottolineato che nell'alto Montefeltro si trovano peraltro di questi bianchetti o marzuoli di apprezzabile qualità. RAVIGGIOLO Un formaggio a base di latte intero vaccino e ovi-caprino attualemte di sola produzione familiare. Raviggiolo Il raviggiolo, attualmente di sola produzione familiare, è un formaggio a base di latte intero vaccino e ovi-caprino, di forma rotondeggiante, senza crosta, con pasta morbida color bianco latte, tenerissima, dal sapore dolce e delicato. Si consuma fresco senza richiedere nessuna stagionatura. Viene prodotto in tutto il Montefeltro, da ottobre ad aprile. Nei secoli scorsi era considerato una vera prelibatezza e non mancava mai nelle tavole imbandite e nei banchetti. A testimonianza della sua notorietà rimane il proverbio "chi non è marzolino sarà raviggiolo" per indicare la fatalità del destino. La sua preparazione prevede che si lasci raffreddare di qualche grado il latte appena munto aggiungendovi caglio. Dopo trenta minuti si forma la cagliata, che non viene rotta ma prelevata in piccole quantità con un mestolo e posta a scolare su stuoie oppure su foglie di fico, di cavolo o di felce, da cui il termine "felciata", sinonimo di raviggiolo. La salatura, non sempre effettuata, avviene con pochissimo sale. MIELE DELLA VALMARECCHIA L'apicoltura è un'attività piuttosto diffusa in Valmarecchia grazie alla coltivazione di piante caratteristiche come la sulla, l'erba medica, la lupinella e altre varietà spontanee. Miele della Valmarecchia Tipico dell'Alta Valmarecchia, dove ci sono numerosi castagneti, il miele di castagno, dal gusto amarognolo e forte, e dal colore scuro, che in un certo senso rappresenta il naturale complemento del formaggio di fossa: i castagni infatti crescono nelle vicinanze delle rocce in cui sono scavate le fosse. Tra i mieli monofiore prodotti in Alta Valmarecchia va segnalata la melata, ricavata dagli alberi di querce, dal colore ambrato e ricca di minerali, come il potassio. Un tempo veniva prodotto uno straordinario miele di santoreggia, impiegato contro i disturbi respiratori. Oggi non si produce più perché la fioritura di questa erba aromatica avviene in settembre, quando le api hanno appena concluso la produzione del millefiori e sono pertanto debilitate e con le famiglie dimezzate. Le caratteristiche ambientali e territoriali del Montefeltro rappresentano la migliore garanzia per un miele di qualità. Un contributo decisivo in tal senso è offerto anche dalle cure particolari degli apicoltori locali, che cercano posti il più lontano possibile da fonti di inquinamento e controllano l'umidità durante la smielatura per impedire le fermentazioni. Altre produzioni apistiche tipiche sono il polline, ottimo ricostituente, il propoli, utile come rimedio contro le malattie stagionali, la pappa reale, cibo riservato all'ape regina e usato come ricostituente. BALSAMO DI CAGLIOSTRO Liquore alle erbe prodotto nel pieno centro storico del borgo di San Leo dedicato al famoso alchimista Giuseppe Balsamo Conte di Cagliostro. Balsamo di Cagliostro Il liquorificio della famiglia Leardini era posto proprio ai piedi della scalinata che porta dalla piazza al castello. Oggi è chiuso e il liquore non viene più prodotto dato che la ricetta è rimasta segreta. PANE DI MAIOLO Prodotto con le caratteristiche farine locali e con metodi antichi. Pane di Maiolo Il pane di Maiolo, prodotto con le caratteristiche farine locali e con metodi antichi, senza nessuna produzione industriale e nessun laboratorio artigianale, è un elemento basilare dell'identità culturale maiolese. Suoi ingredienti segreti sono acqua, farina, "pasta madre", ossia il pezzo di impasto della precedente panificazione lasciato fermentare per tutta la notte, un modus operandi parsimonioso e un rapporto con il forno quasi fraterno, fatto di accorgimenti e trucchi del mestiere. A partire dal 2005 si può gustare un prodotto fatto esclusivamente con farina locale, proveniente dalla coltivazione di una antica varietà di grano. Si tratta del "gentilrosso", di cui si hanno testimonianze fin dalla prima metà del secolo scorso. E' un grano tenero che fu molto utilizzato nell'Italia centrale per la produzione di farina, caratterizzato da una spiga giallo-rossa, da notevoli dimensioni, (un'altezza di 1,65 metri), dalla resistenza alle malattie (ruggine in primis), con buone doti di rusticità e di adattabilità. Il "gentilrosso" di Maiolo viene seminato presso una azienda agricola locale, che ha provveduto anche allo stoccaggio del prodotto, ed è lavorato presso un mulino a pietra locale per essere gustato in occasione della Festa del Pane. Per fare il pane è necessario qualche ora prima lavorare con acqua calda e un po' di farina la madre, che va lasciata riposare finché non lievita. Si prepara quindi l'impasto spianando la farina e lasciando un buco per la pasta madre. Quando l'impasto si ritiene pronto, si taglia in filoni da circa un chilo. Il pane viene successivamente avvolto in teli, tradizionalmente tessuti nel telaio a mano, ricoperto di lana e lasciato lievitare per un tempo che varia da 1 ora e mezzo in estate alle 3 ore in inverno. Nel frattempo ci si occupa del forno, che deve essere scaldato. Normalmente, viene alimentato con fasci di ginestra e di vite. Passata circa un'ora, durante la quale il pane ha avuto tutto il tempo di fermentare, lo si inforna. Prima però si osserva un segreto locale, ossia la pratica di una piccola incisione a croce, capace di influire sull'aspetto e sulla cottura, e si controlla la temperatura con un bastone di legno, che viene fatto strisciare sui lati della bocca del forno: se fa scintille è pronto. Una volta dentro, il pane viene controllato ogni 20 minuti, dopo 40 minuti viene mosso e viene tolto intorno ai 70 minuti di cottura. A questo punto si fanno riposare i filoni, adagiati su un lato, in piedi, per favorirne l'asciugatura. Un accorgimento adottato durante la cottura è quello di aggiungere un ciuffetto d'erba per smorzare la temperatura eccessiva. SLATTATO Formaggio fresco attualmente di sola produzione familiare. Slattato Formaggio fresco attualmente di sola produzione familiare. Presenta una forma rotonda ha una crosta morbida e bianca. La pasta è omogenea, molle come lo stracchino, di colore bianco e dal sapore dolce acidulo. In alcune aree è tradizione avvolgere le forme in foglie di fico o di cavolo. In passato lo slattato sostituiva la produzione di caciotte miste a base di latte ovicaprino quando, da ottobre a marzo, capre e pecore erano gravide e il loro latte non era più disponibile. Ancora oggi viene prodotto nello stesso periodo con latte vaccino intero, proveniente da razze locali alimentate in pascoli estensivi, tramite foraggi, miscele di cereali e leguminose. Per la realizzazione di questo prodotto si lascia raffreddare di qualche grado il latte appena munto aggiungendovi il caglio. Dopo circa mezzora la cagliata si rompe in grumi finissimi. Quindi si fa addensare la massa con il calore delle mani, depositandola poi nelle forme. Seguono a questo punto la pressatura e la salatura a secco. Due giorni dopo, il sale in eccesso viene rimosso e le forme passate nel siero a 95 gradi, ben levigate in superficie e avvolte per breve tempo in un panno di cotone. La maturazione si completa in un ambiente fresco e umido in sette giorni. PATATA DELLA VALMARECCHIA Rappresenta una varietà locale sopravvissuta grazie alle particolari condizioni socio-economiche della vallata. Patata della Valmarecchia Di forma ovale allungata, sgraziata e leggermente schiacciata, ha la buccia di colore nocciola chiaro e numerose gemme profonde. Esprime i propri pregi nel suo particolare sapore, determinato dal terreno umido tipico di queste zone, che gli conferisce qualità organolettiche eccellenti. La sua lavorazione inizia in autunno con le arature, le concimazioni e la preparazione dei solchi. Si semina in aprile per poi raccogliere a fine agosto. Molteplici sono gli usi della patata della Valmarecchia in cucina: può essere gustata da sola in svariati modi ma anche utilizzata come ingrediente per la preparazione di piatti più complessi. Agli inizi del 1900 era coltivata intensamente in tutta l'alta valle del Marecchia ed era richiesta dai mercati di Venezia, Ferrara, Ravenna, Forlì, Rimini e Genova. Stoccata nei silos durante tutto l'inverno, dove si conservava senza germogliare, era una risorsa economica importantissima per gli agricoltori locali; la Federconsorzi addirittura costruì un edificio di grandi dimensioni con un piano interrato destinato esclusivamente allo stoccaggio delle patate. Nel dopoguerra però gli agricoltori della valle ritennero di non essere competitivi e decisero di sacrificare la produzione di questa preziosa solanacea, concentrandosi sulla zootecnia. Negli anni Ottanta è stata incrociata con la patata Kennebek, la più coltivata sulle montagne italiane, introdotta nel nostro paese nel dopoguerra con il Piano Marshall. Attualmente sono sopravvissuti solo alcuni tenaci produttori attivi in tutti i 7 comuni dell'Altavalmarecchia. SANGIOVESE E TREBBIANO DI ROMAGNA Il Sangiovese ed il Trebbiano di Romagna sono rispettivamente i vini rossi e bianchi di Rimini e di tutta la Valmarecchia. Le uve da cui si estrae questo vino sono la base dei vini più importanti d'Italia. POLENTA Può essere gustata esclusivamente in occasione della Fiera della polenta e dei frutti del sottobosco, che ha luogo a Perticara nei mesi di settembre e ottobre o presso alcuni agriturismi e ristoranti locali. Polenta Nel 2003 alcuni agricoltori locali, su proposta della Comunità Montana Alta Valmarecchia, hanno deciso di coltivare un mais da polenta nel pieno rispetto della tradizione con l'obiettivo di realizzare una "filiera corta" che garantisca un sistema produttivo ambientalmente sostenibile e la migliore qualità possibile per il consumatore. Il mais utilizzato è una varietà locale, conservata e riprodotta dagli agricoltori della Val Marecchia da oltre ottant'anni. L'utilizzo di una varietà di mais perfettamente acclimatata e adattata al clima ed ai terreni della Valmarecchia garantisce l'unicità delle caratteristiche organolettiche del prodotto finale. Inoltre la sua rusticità ben si adatta al tipo di coltivazione naturale, senza l'uso di diserbanti chimici. Un'attenzione particolare viene riservata alle fasi di essiccazione e di trasformazione: tutto il processo viene realizzato senza ricorrere a sistemi artificiali, come forni, essiccatoi, ecc., ma, come avveniva un tempo, artigianalmente, dopo avere raccolto le pannocchie al giusto grado di umidità e poste in un locale areato, mediante il calore del sole, nel pieno rispetto della tradizione. Anche la molitura viene effettuata presso un mulino a pietra locale. Il risultato finale è un prodotto assolutamente particolare, dal gusto delicato e dal caratteristico colore dorato. La prima partita di mais locale è stata utilizzata nel 2004 e nel 2005 si è proceduto con la risemina di parte del prodotto per l'anno successivo. TARTUFO NERO Con profumo e sapore delicati è considerato un'ottima ed economica alternativa al tartufo bianco. Ha forma per lo più rotondeggiante e dimensioni variabili da una nocciola a una grossa patata; il peso può superare il chilogrammo. Ha la scorza nera rugosa con verruche minute e la polpa nera-violacea, con venature bianche fini che diventano rosseggianti all'aria e nere con la cottura. Emana un profumo delicato e gradevole che lo rende particolarmente apprezzato. Il sapore è delizioso, tanto che gli è valso l'appellativo di “tartufo nero dolce”. Si consuma preferibilmente dopo una breve cottura, ma è ottimo anche crudo. Matura durante tutto il periodo invernale e soprattutto nei primi mesi dell'anno e cresce a contatto con varie querce (roverella, leccio, rovere), il carpino nero e il nocciolo. Il periodo di raccolta va dal 15 novembre al 15 marzo. Risorsa preziosa, viene salvaguardato da norme precise che servono a proteggere la vita del suo delicato ecosistema. La legge italiana definisce con estrema chiarezza e precisione le regole che caratterizzano la raccolta del tartufo, asserendo che deve essere condotta solo con l'ausilio di cani addestrati allo scopo mentre lo scavo deve avvenire mediante l'utilizzo di un apposito attrezzo, chiamato vanghetto o vanghella, esclusivamente nell'area in cui è stato individuato. La legge lascia campo libero sulla scelta dell'animale da impiegare per la ricerca del tartufo, anche se la razza italiana patentata è il lagotto romagnolo, riconosciuto come tredicesima razza italiana e denominato “cane da tartufi”. Oltre al lagotto, le altre razze italiane sono il bracco e soprattutto lo spinone, il più usato, con naso sensibilissimo, ubbidiente e resistente. LISCHI, ROSCANO, AGRETTO, BACICCO, LISCARO Pianta erbacea annuale, Foglie carnose, lineari, filiformi di colore verde intenso, stelo eretto con ramificazioni opposte, prostrate, fiori ermafroditi, ascellari, di piccole dimensioni, di colore verdolino. Territorio interessato alla produzione: Zona rivierasca romagnolo e delle provincie marchigiane settentrionali. PORCHETTA, PURCHETA La zona di produzione è la Provincia di Rimini. In realtà si ritrova diffusamente in tutta la Romagna. La porchetta ha la caratteristica morfologia del maiale con forma cilindrica, crosta esterna di colore scuro tipo terracotta e molto croccante. Una porchetta deve risultare, oltre che croccante, anche molto saporita e speziata. Solitamente viene servita a temperatura ambiente e tagliata a fette ampie. Era usanza religiosa, infatti, sacrificare il maiale, in età ancora “giovane”, in onore degli Dei. PANCETTA ARROTOLATA La zona di produzione è la provincia di Rimini, in realtà si produce in tutta regione. La pancetta arrotolata ha una forma cilindrica della lunghezza di 30-40 cm ed un diametro di circa 10 cm. La sezione trasversale rivela, nel suo aspetto, la procedura di produzione arrotolata, in quanto la parte magra, di colore rosso vivo e la parte grassa, di colore bianco della pancetta si presentano nel classico aspetto a spirale.
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Marecchia
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MANDOLINO DEL MONTEFELTRO ® Nasce a Novafeltria un brevetto sul prosciutto di spalla. FORMAGGIO DI FOSSA / AMBRA DI TALAMELLO Ottimo da taglio, grattugiato o saltato in padella con paste e gnocchi, può essere gustato anche con la confettura di fichi e il miele. CARNE BOVINA MARCHIGIANA La razza bovina marchigiana con le sue particolari caratteristiche organolettiche è facilmente reperibile in tutte le macellerie e botteghe sul territorio. Carne bovina Marchigiana La razza bovina marchigiana, presenta le seguenti caratteristiche: Bovino da carne dì notevole sviluppo somatico e precocità, è caratterizzato da elevati incrementi giornalieri. Buono è lo sviluppo del treno posteriore, come pure la lunghezza del tronco. Il mantello è costituito da pelo corto, bianco porcellana. Si possono riscontrare gradazioni grigie diffuse nelle parti anteriori del corpo. La cute è pigmentata nera, sottile e morbida al tatto. La testa è ben conformata, a profilo rettilineo. Il collo è corto e muscoloso, gibboso nei maschi, con una giogaia ridotta. La struttura e lo sviluppo delle varie regioni sono armoniche ed aderenti al tipo da carne. Tecnologia di lavorazione La razza bovina marchigiana viene allevata allo stato brado o semibrado in stalle libere oppure in stalle a stabulazione fissa. La carne si prepara per tagli di carne fresca, molto apprezzata lessa, arrosto, brasata, in umido, alla griglia, o per preparare ragù, involtini, polpette, ecc.. CARNE DI MAIALE La carne di maiale, con il suo sapore inconfondibile, è un piatto sempre presente sulle tavole romagnole. CILIEGIE Le ciliegie sono considerate un prodotto tipico della Valmarecchia, soprattutto nella zona di Pietracuta di San Leo dove viene celebrata a Maggio con la tradizionale Sagra delle Ciliegie. A Pietracuta di San Leo torna la tradizionalissima Sagra delle Ciliegie, la ‘’Festa dal Zarisi’’ che ogni anno rallegra l’ultimo fine settimana di Maggio, richiamando un vasto pubblico. La “Sagra delle Ciliegie” prodotto tipico della vallata di Pietracuta (San Leo) in Valmarecchia; è un’occasione in cui si propongono oltre allo squisito frutto di stagione, prodotti tipici locali della natura e dell’artigianato. MARRONI DI TALAMELLO Le castagne e marroni così buoni da fare della Fiera delle Castagne della Valmarecchia a Talamello una delle manifestazioni più apprezzate della vallata. Marroni di Talamello Il marrone del Montefeltro è una varietà pregiata di marrone, tipica del Montefeltro e in particolare della Comunità Montana dell'Alta Valmarecchia, già inserita nell'Elenco Nazionale dei Prodotti Tradizionali. Si tratta di un vero e proprio prodotto di nicchia, caratterizzato da una produzione piuttosto limitata, che contribuisce a renderlo un prodotto tradizionale secondo l'accezione corrente del termine. La presenza di castagneti secolari, tuttora in attività, attesta la coltivazione di questo prodotto fin da epoca remota: l'introduzione della coltura si fa risalire alla presenza di alcuni ordini monastici in epoca medioevale. Il marrone si presenta come un frutto di dimensioni più grandi rispetto alla castagna, molto facile da sbucciare e ottimo per il consumo fresco. Sia il marrone che le castagne hanno note proprietà nutritive, tanto che in passato rappresentavano una fondamentale risorsa alimentare delle zone montane e veniva usato normalmente per produrre farina. La gamma degli usi del marrone nella cucina del Montefeltro è molto ampia: oltre alle "ballotte" (lessate in acqua) e alle "caldarroste" (cotte utilizzando la tipica padella bucherellata posta sulla brace), le castagne possono trovare impiego come ingredienti di molteplici primi e secondi piatti, nonché di dolci freschi e secchi a cui bisogna aggiungere le squisite confetture. Al fine di promuovere e tutelare la produzione e il consumo del marrone del Montefeltro, nel 2000 è stato istituito il "Consorzio di tutela e valorizzazione della Castagna della Valmarecchia", formato da quaranta proprietari di castagneti locali, a cui si aggiungono, in qualità di soci sostenitori, la Comunità Montana, i Comuni di Talamello, di Sant'Agata Feltria, di Novafeltria e di Casteldelci. Grazie alla collaborazione del Consorzio è stato possibile censire i castagneti in attualità di coltura, che attualmente coprono una superficie di circa quaranta ettari, per un totale di oltre 2.000 piante da frutto. Obiettivi del Consorzio sono il recupero dei castagneti da frutto, la realizzazione di nuovi impianti e l'acquisto di attrezzature per la raccolta e il marketing del prodotto che attualmente viene commercializzato in occasione della Fiera delle Castagne della Valmarecchia che si tiene a Talamello (la seconda domenica di ottobre) oppure direttamente presso i produttori, i quali spesso mettono a disposizione i propri castagneti secolari alle scuole ed ai semplici appassionati. OLIO EXTRA VERGINE D'OLIVA L'olio extra vergine d'oliva della Valmarecchia è davvero pregiato e di ottima qualità, da provare la tradizionale bruschetta. FUNGO PRUGNOLO Fungo raro presente in buona parte dell'appennino del centro Italia. Miratoio di Pennabilli lo celebra con una famosa Sagra del Fungo Prugnolo da oltre vent'anni. Fungo Prugnolo Il Tricholoma georgii è conosciuto anche con altre denominazioni: "fungo saetta", per via della sua innata abitudine a nascere e scomparire in breve tempo, e "fungo di San Giorgio", perché sembra che la sua comparsa coincida con la festa di questo santo, il 23 aprile. Il prugnolo cresce specialmente in zone alto collinari e montane, ai margini dei boschi, in radure, prati e campi, lungo le siepi o in mezzo agli arbusti e predilige i terreni tenuti puliti dal pascolo degli animali. Cresce in gruppi numerosi, in cerchi o semicerchi detti "cerchi delle streghe", ha il cappello spesso con i bordi rivolti all’interno, il colore è bianco-crema, le lamelle e le gambe bianche, aroma e gusto di farina. La raccolta del prugnolo, da metà aprile a metà giugno, non è esente da rischi: ricoperto di erba, non è ben visibile e il cercatore è costretto a tastare il terreno con un bastone per evitare spiacevoli incontri con le vipere che, al mattino, se ne stanno accovacciate al sole nei luoghi del prugnolo, immobili, pronte a scattare se vengono molestate sulla testa. È consigliata la raccolta dei soli esemplari piccoli e ancora chiusi, carichi dell’intensità aromatica che viene altrimenti perduta per effetto del naturale processo di esposizione al sole e di essiccazione. Molteplici gli impieghi del prugnolo in cucina: sulle tagliatelle, per la preparazione di tartine o frittate, per zuppe molto profumate oppure cotto al forno; inoltre può sostituire gli champignon in molte ricette. SPIANATA Una focaccia particolare, salata e saporita ottima con tutti i salumi e formaggi. Spianata La spianata è un tipico prodotto da forno, celebrato durante la Sagra del Pane a Maiolo, che deve il suo nome proprio al tipo di preparazione: l'abitudine diffusa di schiacciare, a mano o con il mattarello, l'impasto prima di consegnarlo al calore del forno, viene prodotta in tutti i forni del 7 Comuni dell'Alta val Marecchia. Quando si faceva il pane, era usanza conservare un po' d'impasto per preparare qualche focaccia. L'ingrediente base della spianata è infatti la pasta del pane al quale vengono aggiunti strutto, olio, rosmarino e sale grosso. Quindi l'impasto viene spianato e poi immediatamente cotto per circa quindici minuti. Molte le varianti che caratterizzano la spianata, sia nella preparazione che nella scelta degli ingredienti facoltativi: rosmarino, ciccioli, formaggio ed altro. TARTUFO BIANCO Il tartufo per eccellenza qui in valmarecchia deve la sua notorietà grazie alla Fiera Nazionale del Tartufo che si svolge ogni Ottobre a Sant'Agata Feltria. Tartufo Bianco Il bianchetto o marzuolo (Tuber Albidum Pico, Tuber Borchi) cresce nei boschi di conifere e latifoglie e talvolta tende ad emergere dal terreno. Matura dal mese di dicembre all'inizio della primavera; la raccolta in genere è regolata dal 15 gennaio al 30 aprile di ogni anno. E' sconsigliabile proporlo in anticipo o immaturo in autunno, mescolandolo al bianco pregiato. Molte le piante simbionti: pini, querce, faggi, noccioli, piante erbacee come lupinella e protano. Ha forma o carpoforo di tubero irregolare, gibboso, lobato, privo di prominenza basale. La dimensione del diametro è variabile fra 1 e 5 cm., a partire dalla nocciola. La superficie da giovane è pubescente e sottile; con la maturazione diventa liscia e tende a staccarsi dalla polpa. Il colore varia dal bianco sporco a colori più scuri, ocra, bruno-rossastro, man mano che matura. Carne e polpa hanno inizialmente colore ocra o chiaro; maturando via via assumono tonalità rosso-brune o bruno-violacee; le venature sono variabili (e più rarefatte, biancastre, fini e delineate, sfumate o grossolane). I sapori sono di varia natura, buoni e gradevoli, ma non sempre di intensità delicata e tenue (assai meno valida rispetto al grande bianco pregiato autunnale). Il bianchetto è poco digeribile, spesso gastronomicamente scadente. La sua bontà svanisce con la cottura, in quanto diviene spugnoso e improponibile a tavola. Se ben maturo, i profumi tipici di questo tartufo, non molto intensi, possono ricordare più o meno pesantemente (fino alla nausea) l'aglio; se il tartufo è immaturo gli odori possono ricordare la rapa o i gas illuminanti. In riferimento al grande tartufo bianco pregiato, il bianchetto o marzuolo è assai diverso, tendenzialmente mediocre nei profumi, anche se di eguale aspetto; qualitativamente ha valore notevolmente inferiore al pregiato anche se ampiamente proposto in tutti i mercati e le aste del tartufo; si differenzia altre sì per una minore appetibilità e digeribilità. E' assimilabile ad altri tartufi bianchi minori a maturazione diversificata, proposto sovente a consumatori sprovveduti e fraudolentemente utilizzato al posto del bianco pregiato. Giustamente gli estimatori del pregiato lo odiano e lo considerano non solo inferiore ma sprezzantemente “plebeo”. Quantitativamente la sua presenza nell'area feretrana è meno significativa e vivaddio sovrastata da quelli più pregiati, sia bianco che nero invernale. All'attenta osservazione le sue vene bianche tendono parzialmente ad inscurire, risultano grossolane e intercomunicanti. Va comunque sottolineato che nell'alto Montefeltro si trovano peraltro di questi bianchetti o marzuoli di apprezzabile qualità. RAVIGGIOLO Un formaggio a base di latte intero vaccino e ovi-caprino attualemte di sola produzione familiare. Raviggiolo Il raviggiolo, attualmente di sola produzione familiare, è un formaggio a base di latte intero vaccino e ovi-caprino, di forma rotondeggiante, senza crosta, con pasta morbida color bianco latte, tenerissima, dal sapore dolce e delicato. Si consuma fresco senza richiedere nessuna stagionatura. Viene prodotto in tutto il Montefeltro, da ottobre ad aprile. Nei secoli scorsi era considerato una vera prelibatezza e non mancava mai nelle tavole imbandite e nei banchetti. A testimonianza della sua notorietà rimane il proverbio "chi non è marzolino sarà raviggiolo" per indicare la fatalità del destino. La sua preparazione prevede che si lasci raffreddare di qualche grado il latte appena munto aggiungendovi caglio. Dopo trenta minuti si forma la cagliata, che non viene rotta ma prelevata in piccole quantità con un mestolo e posta a scolare su stuoie oppure su foglie di fico, di cavolo o di felce, da cui il termine "felciata", sinonimo di raviggiolo. La salatura, non sempre effettuata, avviene con pochissimo sale. MIELE DELLA VALMARECCHIA L'apicoltura è un'attività piuttosto diffusa in Valmarecchia grazie alla coltivazione di piante caratteristiche come la sulla, l'erba medica, la lupinella e altre varietà spontanee. Miele della Valmarecchia Tipico dell'Alta Valmarecchia, dove ci sono numerosi castagneti, il miele di castagno, dal gusto amarognolo e forte, e dal colore scuro, che in un certo senso rappresenta il naturale complemento del formaggio di fossa: i castagni infatti crescono nelle vicinanze delle rocce in cui sono scavate le fosse. Tra i mieli monofiore prodotti in Alta Valmarecchia va segnalata la melata, ricavata dagli alberi di querce, dal colore ambrato e ricca di minerali, come il potassio. Un tempo veniva prodotto uno straordinario miele di santoreggia, impiegato contro i disturbi respiratori. Oggi non si produce più perché la fioritura di questa erba aromatica avviene in settembre, quando le api hanno appena concluso la produzione del millefiori e sono pertanto debilitate e con le famiglie dimezzate. Le caratteristiche ambientali e territoriali del Montefeltro rappresentano la migliore garanzia per un miele di qualità. Un contributo decisivo in tal senso è offerto anche dalle cure particolari degli apicoltori locali, che cercano posti il più lontano possibile da fonti di inquinamento e controllano l'umidità durante la smielatura per impedire le fermentazioni. Altre produzioni apistiche tipiche sono il polline, ottimo ricostituente, il propoli, utile come rimedio contro le malattie stagionali, la pappa reale, cibo riservato all'ape regina e usato come ricostituente. BALSAMO DI CAGLIOSTRO Liquore alle erbe prodotto nel pieno centro storico del borgo di San Leo dedicato al famoso alchimista Giuseppe Balsamo Conte di Cagliostro. Balsamo di Cagliostro Il liquorificio della famiglia Leardini era posto proprio ai piedi della scalinata che porta dalla piazza al castello. Oggi è chiuso e il liquore non viene più prodotto dato che la ricetta è rimasta segreta. PANE DI MAIOLO Prodotto con le caratteristiche farine locali e con metodi antichi. Pane di Maiolo Il pane di Maiolo, prodotto con le caratteristiche farine locali e con metodi antichi, senza nessuna produzione industriale e nessun laboratorio artigianale, è un elemento basilare dell'identità culturale maiolese. Suoi ingredienti segreti sono acqua, farina, "pasta madre", ossia il pezzo di impasto della precedente panificazione lasciato fermentare per tutta la notte, un modus operandi parsimonioso e un rapporto con il forno quasi fraterno, fatto di accorgimenti e trucchi del mestiere. A partire dal 2005 si può gustare un prodotto fatto esclusivamente con farina locale, proveniente dalla coltivazione di una antica varietà di grano. Si tratta del "gentilrosso", di cui si hanno testimonianze fin dalla prima metà del secolo scorso. E' un grano tenero che fu molto utilizzato nell'Italia centrale per la produzione di farina, caratterizzato da una spiga giallo-rossa, da notevoli dimensioni, (un'altezza di 1,65 metri), dalla resistenza alle malattie (ruggine in primis), con buone doti di rusticità e di adattabilità. Il "gentilrosso" di Maiolo viene seminato presso una azienda agricola locale, che ha provveduto anche allo stoccaggio del prodotto, ed è lavorato presso un mulino a pietra locale per essere gustato in occasione della Festa del Pane. Per fare il pane è necessario qualche ora prima lavorare con acqua calda e un po' di farina la madre, che va lasciata riposare finché non lievita. Si prepara quindi l'impasto spianando la farina e lasciando un buco per la pasta madre. Quando l'impasto si ritiene pronto, si taglia in filoni da circa un chilo. Il pane viene successivamente avvolto in teli, tradizionalmente tessuti nel telaio a mano, ricoperto di lana e lasciato lievitare per un tempo che varia da 1 ora e mezzo in estate alle 3 ore in inverno. Nel frattempo ci si occupa del forno, che deve essere scaldato. Normalmente, viene alimentato con fasci di ginestra e di vite. Passata circa un'ora, durante la quale il pane ha avuto tutto il tempo di fermentare, lo si inforna. Prima però si osserva un segreto locale, ossia la pratica di una piccola incisione a croce, capace di influire sull'aspetto e sulla cottura, e si controlla la temperatura con un bastone di legno, che viene fatto strisciare sui lati della bocca del forno: se fa scintille è pronto. Una volta dentro, il pane viene controllato ogni 20 minuti, dopo 40 minuti viene mosso e viene tolto intorno ai 70 minuti di cottura. A questo punto si fanno riposare i filoni, adagiati su un lato, in piedi, per favorirne l'asciugatura. Un accorgimento adottato durante la cottura è quello di aggiungere un ciuffetto d'erba per smorzare la temperatura eccessiva. SLATTATO Formaggio fresco attualmente di sola produzione familiare. Slattato Formaggio fresco attualmente di sola produzione familiare. Presenta una forma rotonda ha una crosta morbida e bianca. La pasta è omogenea, molle come lo stracchino, di colore bianco e dal sapore dolce acidulo. In alcune aree è tradizione avvolgere le forme in foglie di fico o di cavolo. In passato lo slattato sostituiva la produzione di caciotte miste a base di latte ovicaprino quando, da ottobre a marzo, capre e pecore erano gravide e il loro latte non era più disponibile. Ancora oggi viene prodotto nello stesso periodo con latte vaccino intero, proveniente da razze locali alimentate in pascoli estensivi, tramite foraggi, miscele di cereali e leguminose. Per la realizzazione di questo prodotto si lascia raffreddare di qualche grado il latte appena munto aggiungendovi il caglio. Dopo circa mezzora la cagliata si rompe in grumi finissimi. Quindi si fa addensare la massa con il calore delle mani, depositandola poi nelle forme. Seguono a questo punto la pressatura e la salatura a secco. Due giorni dopo, il sale in eccesso viene rimosso e le forme passate nel siero a 95 gradi, ben levigate in superficie e avvolte per breve tempo in un panno di cotone. La maturazione si completa in un ambiente fresco e umido in sette giorni. PATATA DELLA VALMARECCHIA Rappresenta una varietà locale sopravvissuta grazie alle particolari condizioni socio-economiche della vallata. Patata della Valmarecchia Di forma ovale allungata, sgraziata e leggermente schiacciata, ha la buccia di colore nocciola chiaro e numerose gemme profonde. Esprime i propri pregi nel suo particolare sapore, determinato dal terreno umido tipico di queste zone, che gli conferisce qualità organolettiche eccellenti. La sua lavorazione inizia in autunno con le arature, le concimazioni e la preparazione dei solchi. Si semina in aprile per poi raccogliere a fine agosto. Molteplici sono gli usi della patata della Valmarecchia in cucina: può essere gustata da sola in svariati modi ma anche utilizzata come ingrediente per la preparazione di piatti più complessi. Agli inizi del 1900 era coltivata intensamente in tutta l'alta valle del Marecchia ed era richiesta dai mercati di Venezia, Ferrara, Ravenna, Forlì, Rimini e Genova. Stoccata nei silos durante tutto l'inverno, dove si conservava senza germogliare, era una risorsa economica importantissima per gli agricoltori locali; la Federconsorzi addirittura costruì un edificio di grandi dimensioni con un piano interrato destinato esclusivamente allo stoccaggio delle patate. Nel dopoguerra però gli agricoltori della valle ritennero di non essere competitivi e decisero di sacrificare la produzione di questa preziosa solanacea, concentrandosi sulla zootecnia. Negli anni Ottanta è stata incrociata con la patata Kennebek, la più coltivata sulle montagne italiane, introdotta nel nostro paese nel dopoguerra con il Piano Marshall. Attualmente sono sopravvissuti solo alcuni tenaci produttori attivi in tutti i 7 comuni dell'Altavalmarecchia. SANGIOVESE E TREBBIANO DI ROMAGNA Il Sangiovese ed il Trebbiano di Romagna sono rispettivamente i vini rossi e bianchi di Rimini e di tutta la Valmarecchia. Le uve da cui si estrae questo vino sono la base dei vini più importanti d'Italia. POLENTA Può essere gustata esclusivamente in occasione della Fiera della polenta e dei frutti del sottobosco, che ha luogo a Perticara nei mesi di settembre e ottobre o presso alcuni agriturismi e ristoranti locali. Polenta Nel 2003 alcuni agricoltori locali, su proposta della Comunità Montana Alta Valmarecchia, hanno deciso di coltivare un mais da polenta nel pieno rispetto della tradizione con l'obiettivo di realizzare una "filiera corta" che garantisca un sistema produttivo ambientalmente sostenibile e la migliore qualità possibile per il consumatore. Il mais utilizzato è una varietà locale, conservata e riprodotta dagli agricoltori della Val Marecchia da oltre ottant'anni. L'utilizzo di una varietà di mais perfettamente acclimatata e adattata al clima ed ai terreni della Valmarecchia garantisce l'unicità delle caratteristiche organolettiche del prodotto finale. Inoltre la sua rusticità ben si adatta al tipo di coltivazione naturale, senza l'uso di diserbanti chimici. Un'attenzione particolare viene riservata alle fasi di essiccazione e di trasformazione: tutto il processo viene realizzato senza ricorrere a sistemi artificiali, come forni, essiccatoi, ecc., ma, come avveniva un tempo, artigianalmente, dopo avere raccolto le pannocchie al giusto grado di umidità e poste in un locale areato, mediante il calore del sole, nel pieno rispetto della tradizione. Anche la molitura viene effettuata presso un mulino a pietra locale. Il risultato finale è un prodotto assolutamente particolare, dal gusto delicato e dal caratteristico colore dorato. La prima partita di mais locale è stata utilizzata nel 2004 e nel 2005 si è proceduto con la risemina di parte del prodotto per l'anno successivo. TARTUFO NERO Con profumo e sapore delicati è considerato un'ottima ed economica alternativa al tartufo bianco. Ha forma per lo più rotondeggiante e dimensioni variabili da una nocciola a una grossa patata; il peso può superare il chilogrammo. Ha la scorza nera rugosa con verruche minute e la polpa nera-violacea, con venature bianche fini che diventano rosseggianti all'aria e nere con la cottura. Emana un profumo delicato e gradevole che lo rende particolarmente apprezzato. Il sapore è delizioso, tanto che gli è valso l'appellativo di “tartufo nero dolce”. Si consuma preferibilmente dopo una breve cottura, ma è ottimo anche crudo. Matura durante tutto il periodo invernale e soprattutto nei primi mesi dell'anno e cresce a contatto con varie querce (roverella, leccio, rovere), il carpino nero e il nocciolo. Il periodo di raccolta va dal 15 novembre al 15 marzo. Risorsa preziosa, viene salvaguardato da norme precise che servono a proteggere la vita del suo delicato ecosistema. La legge italiana definisce con estrema chiarezza e precisione le regole che caratterizzano la raccolta del tartufo, asserendo che deve essere condotta solo con l'ausilio di cani addestrati allo scopo mentre lo scavo deve avvenire mediante l'utilizzo di un apposito attrezzo, chiamato vanghetto o vanghella, esclusivamente nell'area in cui è stato individuato. La legge lascia campo libero sulla scelta dell'animale da impiegare per la ricerca del tartufo, anche se la razza italiana patentata è il lagotto romagnolo, riconosciuto come tredicesima razza italiana e denominato “cane da tartufi”. Oltre al lagotto, le altre razze italiane sono il bracco e soprattutto lo spinone, il più usato, con naso sensibilissimo, ubbidiente e resistente. LISCHI, ROSCANO, AGRETTO, BACICCO, LISCARO Pianta erbacea annuale, Foglie carnose, lineari, filiformi di colore verde intenso, stelo eretto con ramificazioni opposte, prostrate, fiori ermafroditi, ascellari, di piccole dimensioni, di colore verdolino. Territorio interessato alla produzione: Zona rivierasca romagnolo e delle provincie marchigiane settentrionali. PORCHETTA, PURCHETA La zona di produzione è la Provincia di Rimini. In realtà si ritrova diffusamente in tutta la Romagna. La porchetta ha la caratteristica morfologia del maiale con forma cilindrica, crosta esterna di colore scuro tipo terracotta e molto croccante. Una porchetta deve risultare, oltre che croccante, anche molto saporita e speziata. Solitamente viene servita a temperatura ambiente e tagliata a fette ampie. Era usanza religiosa, infatti, sacrificare il maiale, in età ancora “giovane”, in onore degli Dei. PANCETTA ARROTOLATA La zona di produzione è la provincia di Rimini, in realtà si produce in tutta regione. La pancetta arrotolata ha una forma cilindrica della lunghezza di 30-40 cm ed un diametro di circa 10 cm. La sezione trasversale rivela, nel suo aspetto, la procedura di produzione arrotolata, in quanto la parte magra, di colore rosso vivo e la parte grassa, di colore bianco della pancetta si presentano nel classico aspetto a spirale.

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