ROMAGNA FISICA

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ROMAGNA FISICA

Parchi, pinete, piallasse e salina

Vuoi trascorrere una giornata diversa? Perché non vai a scoprire uno di questi posti
La “Bassa del Bardello” è una prateria allagata di un centinaio di ettari, caratteristica per la flora variegata e popolata da varie specie animali, tra cui tartarughe d’acqua, svassi, ardeidi e aironi cenerini. Si tratta dei primi cento ettari di una depressione nota come “Bassa del Pirotolo“, situata a nord della Pineta di San Vitale e terminante nella Buca del Cavedone. L’intera area è dominata dalla torre-osservatorio di Valle Mandriole, dalla quale è possibile godere di un notevole panorama, che comprende le “garzaie” di Valle Mandriole e il limite settentrionale di Punte Alberete. Questo piccolo sito naturalistico vanta ben diciassette diversi habitat d’interesse comunitario. Negli anni sono state segnalate cinque importanti specie nidificanti, tra cui l’Airone rosso, il Tarabusino e la Moretta tabaccata. Il Bardello rappresenta, inoltre, con alcune zone umide limitrofe, l’unica stazione italiana del Lepidottero Chamaesphecia palustris, specie legata ad habitat palustri.
Bassa del Bardello
La “Bassa del Bardello” è una prateria allagata di un centinaio di ettari, caratteristica per la flora variegata e popolata da varie specie animali, tra cui tartarughe d’acqua, svassi, ardeidi e aironi cenerini. Si tratta dei primi cento ettari di una depressione nota come “Bassa del Pirotolo“, situata a nord della Pineta di San Vitale e terminante nella Buca del Cavedone. L’intera area è dominata dalla torre-osservatorio di Valle Mandriole, dalla quale è possibile godere di un notevole panorama, che comprende le “garzaie” di Valle Mandriole e il limite settentrionale di Punte Alberete. Questo piccolo sito naturalistico vanta ben diciassette diversi habitat d’interesse comunitario. Negli anni sono state segnalate cinque importanti specie nidificanti, tra cui l’Airone rosso, il Tarabusino e la Moretta tabaccata. Il Bardello rappresenta, inoltre, con alcune zone umide limitrofe, l’unica stazione italiana del Lepidottero Chamaesphecia palustris, specie legata ad habitat palustri.
La Pineta di San Vitale è uno dei paesaggi naturali più caratteristici del ravennate. Con oltre 1000 ettari di superficie è un elemento fondamentale del territorio e polmone verde della città. Voluta attorno all’anno Mille dai sapienti monaci di San Vitale, la sua creazione aveva lo scopo di fermare l’avanzamento della sabbia salina e garantire un raccolto redditizio al monastero. Passata in eredità a famiglie nobili locali e successivamente terra contesa, teatro di un massiccio disboscamento, nel tempo questa foresta è tornata patrimonio comunale, fino a diventare una sorta di gigantesco parco pubblico, poco a nord di Ravenna. La Pineta di San Vitale offre una grande varietà di piante, quali querce, farnie, lecci, frassini e pioppi, e un ricco sottobosco di asparagina e biancospino, un prezioso cardiotonico. Nei mesi più freschi è meta prediletta e gioia per i “pineroli”, i raccoglitori di pinoli. Da qualche decennio la Pineta di San Vitale fa parte del patrimonio del Parco Regionale del Delta del Po ed è oggi in espansione grazie a diverse azioni di rimboschimento effettuate all’Amministrazione Comunale di Ravenna e da alcune Cooperative agricole locali. Flora e fauna si stanno riappropriando dei propri spazi ed è ancora possibile attraversare tutta l’area partendo a piedi, in bicicletta da Ca’ Vecia e Ca’ Nova o a cavallo.
Ca Vecchia - Stazione Pineta San Vitale Piallasse di Ravenna
La Pineta di San Vitale è uno dei paesaggi naturali più caratteristici del ravennate. Con oltre 1000 ettari di superficie è un elemento fondamentale del territorio e polmone verde della città. Voluta attorno all’anno Mille dai sapienti monaci di San Vitale, la sua creazione aveva lo scopo di fermare l’avanzamento della sabbia salina e garantire un raccolto redditizio al monastero. Passata in eredità a famiglie nobili locali e successivamente terra contesa, teatro di un massiccio disboscamento, nel tempo questa foresta è tornata patrimonio comunale, fino a diventare una sorta di gigantesco parco pubblico, poco a nord di Ravenna. La Pineta di San Vitale offre una grande varietà di piante, quali querce, farnie, lecci, frassini e pioppi, e un ricco sottobosco di asparagina e biancospino, un prezioso cardiotonico. Nei mesi più freschi è meta prediletta e gioia per i “pineroli”, i raccoglitori di pinoli. Da qualche decennio la Pineta di San Vitale fa parte del patrimonio del Parco Regionale del Delta del Po ed è oggi in espansione grazie a diverse azioni di rimboschimento effettuate all’Amministrazione Comunale di Ravenna e da alcune Cooperative agricole locali. Flora e fauna si stanno riappropriando dei propri spazi ed è ancora possibile attraversare tutta l’area partendo a piedi, in bicicletta da Ca’ Vecia e Ca’ Nova o a cavallo.
La riserva naturale Duna costiera di Porto Corsini è un'area naturale protetta situata nel comune di Porto Corsini, in provincia di Ravenna. La riserva occupa una superficie di 2,5 ettari ed è stata istituita nel 1983.
Natural dune coastal reserve of Porto Corsini
La riserva naturale Duna costiera di Porto Corsini è un'area naturale protetta situata nel comune di Porto Corsini, in provincia di Ravenna. La riserva occupa una superficie di 2,5 ettari ed è stata istituita nel 1983.
La Penisola di Boscoforte: un angolo incontaminato nel Parco del Delta del Po. Nel cuore delle valli tra le provincie di Ravenna e Ferrara, all’interno della parte romagnola del Parco del Delta del Po e quindi sotto la Provincia di Ravenna, si trova un angolo di paradiso quasi incontaminato che in pochi conoscono. Si tratta di un lembo di terra battuta dal vento e bagnata dalle calde acque salmastre delle Valli di Comacchio: è la penisola di Boscoforte, un antico cordone dunoso formatosi in epoca etrusca grazie agli elementi della natura di queste zone come l’acqua, la sabbia e il vento. Questo relitto dunale, preservato nella sua wilderness da anni di chiusura al pubblico, (l’area è una proprietà privata e può essere visitata solo attraverso un tour guidato). L’Oasi è un luogo fuori dal tempo e dallo spazio, capace di offrire scenari mozzafiato soprattutto al tramonto quando il sole gioca con l’acqua creando suggestivi riflessi di luce. “Sorge” parallelamente dell’Argine Agosta, la famosa strada panoramica che collega Comacchio ad Anita, una piccola frazione del comune di Argenta. Tale penisola, un vero unicum nel suo genere, si protende in queste vaste valli per circa 6,5 km in lunghezza, ricoprendo una superficie di circa 250 ettari. Grazie alla presenza canali e di un piccolo specchio di acqua dolce al suo interno, alimentati grazie a un sifone dal fiume Reno (ex Po di Primaro), si è venuto a creare un ecosistema estremamente ricco di biodiversità, tale da permettere la presenza di varie specie vegetali e animali anche assai rare. Nell’area abbondano la canna palustre, le tamerici, le salicornie, in grado di accogliere molte specie di uccelli sia stanziali che migratori, come i maestosi fenicotteri rosa, le volpoche, i cavalieri d’Italia, le avocette, le spatole e tante altre ancora. Tra i rettili in particolare è possibile scorgere la rara e protetta testuggine palustre europea “Emys orbicularis”. L’incontro forse più suggestivo e inaspettato rimane però quello con i cavalli Delta/Camargue. Importati dal proprietario della penisola agli inizi degli anni ‘80, sono circa 85 e vivono allo stato brado. Non curanti dei visitatori trascorrono le loro giornate muovendosi in piccoli branchi, alla ricerca di canna, salicornia e giunchi di cui cibarsi vagando allo stato brado su questo lembo di terra così antico e suggestivo. Altro aspetto da non dimenticare è la storia di questo territorio. Durante il Secondo Conflitto Mondiale, la penisola di Boscoforte fu teatro di sanguinosi combattimenti: per più di 3 mesi qui stazionò il fronte di guerra, culminando nella famosa Battaglia delle Valli. Proprio su questa penisola era dislocato il distaccamento partigiano “Colonna Wladimiro”, così chiamato dal nome di battaglia del suo comandante, Mario Verlicchi. I ricordi di tali avvenimenti risuonano nelle parole di Batòno, al secolo Elio Ghiberti (classe 1928), residente nella vicina località di Sant’Alberto che proprio a Boscoforte è vissuto fin da bambino e ancora oggi è appassionato costruttore di esche e modellini in legno di anatre e barche tradizionali. A breve sarà nuovamente possibile accedere alla Penisola di Boscoforte con una serie di visite guidate organizzate dal Museo NatuRa di Sant’Alberto, in giornate prestabilite e accompagnati da esperte guide ambientali.
Oasi Di Boscoforte
La Penisola di Boscoforte: un angolo incontaminato nel Parco del Delta del Po. Nel cuore delle valli tra le provincie di Ravenna e Ferrara, all’interno della parte romagnola del Parco del Delta del Po e quindi sotto la Provincia di Ravenna, si trova un angolo di paradiso quasi incontaminato che in pochi conoscono. Si tratta di un lembo di terra battuta dal vento e bagnata dalle calde acque salmastre delle Valli di Comacchio: è la penisola di Boscoforte, un antico cordone dunoso formatosi in epoca etrusca grazie agli elementi della natura di queste zone come l’acqua, la sabbia e il vento. Questo relitto dunale, preservato nella sua wilderness da anni di chiusura al pubblico, (l’area è una proprietà privata e può essere visitata solo attraverso un tour guidato). L’Oasi è un luogo fuori dal tempo e dallo spazio, capace di offrire scenari mozzafiato soprattutto al tramonto quando il sole gioca con l’acqua creando suggestivi riflessi di luce. “Sorge” parallelamente dell’Argine Agosta, la famosa strada panoramica che collega Comacchio ad Anita, una piccola frazione del comune di Argenta. Tale penisola, un vero unicum nel suo genere, si protende in queste vaste valli per circa 6,5 km in lunghezza, ricoprendo una superficie di circa 250 ettari. Grazie alla presenza canali e di un piccolo specchio di acqua dolce al suo interno, alimentati grazie a un sifone dal fiume Reno (ex Po di Primaro), si è venuto a creare un ecosistema estremamente ricco di biodiversità, tale da permettere la presenza di varie specie vegetali e animali anche assai rare. Nell’area abbondano la canna palustre, le tamerici, le salicornie, in grado di accogliere molte specie di uccelli sia stanziali che migratori, come i maestosi fenicotteri rosa, le volpoche, i cavalieri d’Italia, le avocette, le spatole e tante altre ancora. Tra i rettili in particolare è possibile scorgere la rara e protetta testuggine palustre europea “Emys orbicularis”. L’incontro forse più suggestivo e inaspettato rimane però quello con i cavalli Delta/Camargue. Importati dal proprietario della penisola agli inizi degli anni ‘80, sono circa 85 e vivono allo stato brado. Non curanti dei visitatori trascorrono le loro giornate muovendosi in piccoli branchi, alla ricerca di canna, salicornia e giunchi di cui cibarsi vagando allo stato brado su questo lembo di terra così antico e suggestivo. Altro aspetto da non dimenticare è la storia di questo territorio. Durante il Secondo Conflitto Mondiale, la penisola di Boscoforte fu teatro di sanguinosi combattimenti: per più di 3 mesi qui stazionò il fronte di guerra, culminando nella famosa Battaglia delle Valli. Proprio su questa penisola era dislocato il distaccamento partigiano “Colonna Wladimiro”, così chiamato dal nome di battaglia del suo comandante, Mario Verlicchi. I ricordi di tali avvenimenti risuonano nelle parole di Batòno, al secolo Elio Ghiberti (classe 1928), residente nella vicina località di Sant’Alberto che proprio a Boscoforte è vissuto fin da bambino e ancora oggi è appassionato costruttore di esche e modellini in legno di anatre e barche tradizionali. A breve sarà nuovamente possibile accedere alla Penisola di Boscoforte con una serie di visite guidate organizzate dal Museo NatuRa di Sant’Alberto, in giornate prestabilite e accompagnati da esperte guide ambientali.
Se volete conoscere la vera bellezza della natura di Ravenna, allora il consiglio è quello di fare una visita all’area della foce del torrente Bevano, uno dei tanti tesori facenti parte, insieme alla vicina Pineta di Classe, del grande Parco del Delta del Po. Grazie alla posizione riparata, determinata da lunghi tratti di pineta retrodunale, questa area è giunta fino a noi quasi completamente preservata, ultimo estuario meandriforme dell’Alto Adriatico libero di evolvere naturalmente. Oggi impreziosisce la costa di Ravenna nel tratto compreso tra Lido di Dante e Lido di Classe con una natura ricca e incontaminata caratterizzata da boschi, dune sabbiose, anse abbandonate del torrente, stagni salmastri e zone umide. L’area può essere visitata liberamente solo in alcuni periodi dell’anno e in determinati punti, tanto meglio se accompagnati da guide specializzate in grado di raccontare la sua evoluzione attraverso interessanti tour escursionistici. Nei pressi della Foce, l’ex casa di guardia dell’adiacente Idrovora (località Savio) ospita il Centro Visite Cubo Magico Bevanella, punto di partenza per visite guidate (a piedi, in bicicletta o in barca) su prenotazione. Il Centro contiene un piccolo museo interattivo che racconta lo sviluppo geologico e il funzionamento degli impianti idrovori del territorio. L’area del Foce del Bevano presenta eccellenze naturalistiche uniche. Accanto alla Pineta di Classe e la foce stessa, imperdibili sono la valle dell’Ortazzo e la zona umida dell’Ortazzino. L’Ortazzo è un’ampia palude d’acqua costantemente sommersa dalle acque dei fiumi Bevano e Fosso Ghiaia. Originariamente era un’antica valle di acqua dolce, arginata ed ottenuta dalla riconversione di precedenti risaie. Attualmente è soggetta agli influssi salmastri della falda, come testimoniato dalla presenza di giuncheti marittimi e puccinellieti e si contraddistingue per una pregevole alternanza di stagni, canneti, vegetazione mediterranea e pinete. L’Ortazzino, a sud del torrente Bevano, è invece un’area salmastra contigua alla spiaggia che alterna stagni retrodunali, canneti, dune e una vegetazione mediterranea con pinete costiere. Comprende i meandri fossili del Bevano e parte delle dune, con retrostanti prati umidi salmastri e prati aridi punteggiati dal ginepro e dall’olivello spinoso. Entrambe le aree sono meta di molti uccelli acquatici e rapaci diurni (in particolare, albanelle e aquila anatraia maggiore) che durante l’anno vengono qui a migrare e svernare, attirando di conseguenza appassionati di birdwatching. Tra i diversi volatili un posto d’onore lo hanno i rarissimi fratini, piccoli uccelli trampolieri in via d’estinzione che nidificano sulle spiagge nei pressi della Foce. Negli ultimi anni ne sono state censite alcune decine di esemplari, dato che va a confermare le buone condizioni dell’intero ambiente marino. In quest’area, tra luglio e agosto, è possibile ammirare distese di fenicotteri, l’airone e altri caradriformi che qui vengono a nidificare. Tra questi, degni di nota sono il cavaliere d’Italia, l’avocetta, la sterna zampenere e il fraticello. Di grande suggestione è la passeggiata sul cordone dunoso che si srotola nell’acqua salmastra. Qui si può sostare e osservare la fauna avicola tramite apposite torrette di avvistamento, dalle quali è possibile godere una vista mozzafiato sul paesaggio circostante fino al mare.
Ortazzo, Ortazzino, Foce del torrente Bevano
Via delle Cave
Se volete conoscere la vera bellezza della natura di Ravenna, allora il consiglio è quello di fare una visita all’area della foce del torrente Bevano, uno dei tanti tesori facenti parte, insieme alla vicina Pineta di Classe, del grande Parco del Delta del Po. Grazie alla posizione riparata, determinata da lunghi tratti di pineta retrodunale, questa area è giunta fino a noi quasi completamente preservata, ultimo estuario meandriforme dell’Alto Adriatico libero di evolvere naturalmente. Oggi impreziosisce la costa di Ravenna nel tratto compreso tra Lido di Dante e Lido di Classe con una natura ricca e incontaminata caratterizzata da boschi, dune sabbiose, anse abbandonate del torrente, stagni salmastri e zone umide. L’area può essere visitata liberamente solo in alcuni periodi dell’anno e in determinati punti, tanto meglio se accompagnati da guide specializzate in grado di raccontare la sua evoluzione attraverso interessanti tour escursionistici. Nei pressi della Foce, l’ex casa di guardia dell’adiacente Idrovora (località Savio) ospita il Centro Visite Cubo Magico Bevanella, punto di partenza per visite guidate (a piedi, in bicicletta o in barca) su prenotazione. Il Centro contiene un piccolo museo interattivo che racconta lo sviluppo geologico e il funzionamento degli impianti idrovori del territorio. L’area del Foce del Bevano presenta eccellenze naturalistiche uniche. Accanto alla Pineta di Classe e la foce stessa, imperdibili sono la valle dell’Ortazzo e la zona umida dell’Ortazzino. L’Ortazzo è un’ampia palude d’acqua costantemente sommersa dalle acque dei fiumi Bevano e Fosso Ghiaia. Originariamente era un’antica valle di acqua dolce, arginata ed ottenuta dalla riconversione di precedenti risaie. Attualmente è soggetta agli influssi salmastri della falda, come testimoniato dalla presenza di giuncheti marittimi e puccinellieti e si contraddistingue per una pregevole alternanza di stagni, canneti, vegetazione mediterranea e pinete. L’Ortazzino, a sud del torrente Bevano, è invece un’area salmastra contigua alla spiaggia che alterna stagni retrodunali, canneti, dune e una vegetazione mediterranea con pinete costiere. Comprende i meandri fossili del Bevano e parte delle dune, con retrostanti prati umidi salmastri e prati aridi punteggiati dal ginepro e dall’olivello spinoso. Entrambe le aree sono meta di molti uccelli acquatici e rapaci diurni (in particolare, albanelle e aquila anatraia maggiore) che durante l’anno vengono qui a migrare e svernare, attirando di conseguenza appassionati di birdwatching. Tra i diversi volatili un posto d’onore lo hanno i rarissimi fratini, piccoli uccelli trampolieri in via d’estinzione che nidificano sulle spiagge nei pressi della Foce. Negli ultimi anni ne sono state censite alcune decine di esemplari, dato che va a confermare le buone condizioni dell’intero ambiente marino. In quest’area, tra luglio e agosto, è possibile ammirare distese di fenicotteri, l’airone e altri caradriformi che qui vengono a nidificare. Tra questi, degni di nota sono il cavaliere d’Italia, l’avocetta, la sterna zampenere e il fraticello. Di grande suggestione è la passeggiata sul cordone dunoso che si srotola nell’acqua salmastra. Qui si può sostare e osservare la fauna avicola tramite apposite torrette di avvistamento, dalle quali è possibile godere una vista mozzafiato sul paesaggio circostante fino al mare.
Il parco regionale del Delta del Po dell'Emilia-Romagna è un'area naturale protetta istituita nel 1988 di circa 54.000 ettari situata nella regione Emilia-Romagna. Il parco è ricompreso nei comuni di Cervia, Ravenna e Alfonsine in Provincia di Ravenna e nei comuni di Argenta, Ostellato, Comacchio, Codigoro, Goro e Mesola nella provincia di Ferrara. Il 2/12/1999 il parco del delta del Po è entrato a far parte della lista dei patrimoni dell'umanità stilata dell'UNESCO, aggiungendosi al territorio della città di Ferrara.
10 preporuka/e lokalaca
Međuregionalni park Po Delta
200 Corso G. Mazzini
10 preporuka/e lokalaca
Il parco regionale del Delta del Po dell'Emilia-Romagna è un'area naturale protetta istituita nel 1988 di circa 54.000 ettari situata nella regione Emilia-Romagna. Il parco è ricompreso nei comuni di Cervia, Ravenna e Alfonsine in Provincia di Ravenna e nei comuni di Argenta, Ostellato, Comacchio, Codigoro, Goro e Mesola nella provincia di Ferrara. Il 2/12/1999 il parco del delta del Po è entrato a far parte della lista dei patrimoni dell'umanità stilata dell'UNESCO, aggiungendosi al territorio della città di Ferrara.
Boschi e verdi pinete, una ricca popolazione floristica e faunistica, valli d’acqua dolce e salmastra e fiumi che si gettano nell’Adriatico: sono queste alcune delle tessere che compongono lo straordinario mosaico del Delta del Po, un magnifico esempio di biodiversità, in cui da secoli l’acqua è l’assoluta protagonista. Qui, dove la terra e il cielo si confondono, si trovano seducenti tesori naturalistici come pochi altri ne esistono al mondo, talmente unici da essere stati designati nel 1999 Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Due parchi tutelano questo meraviglioso comprensorio naturalistico che si estende su una superficie di oltre 66.000 ettari coprendo ben due regioni. Un labirinto di possibilità paesaggistiche che include da una parte, a nord del grande fiume Po, il Parco Regionale del Veneto, dall’altra, verso meridione, il Parco Regionale dell’Emilia Romagna. Chiunque si stupisce dinanzi alla grande varietà di ambienti e attrattive culturali che questo territorio può offrire. L’uno accanto all’altro, senza soluzione di continuità, si ritrovano i relitti della primitiva macchia mediterranea, il bosco igrofilo, le lagune litoranee, le valli salmastre e le zone umide di acqua dolce che vanno a mischiarsi con le antiche vestigia di insediamenti etruschi e romani, i mosaici bizantini e le suggestioni dell’architettura benedettina ed estense. Il Delta del Po nell’area di Ravenna con le sue aree naturali. Il Parco Regionale del Delta del Po dell’Emilia Romagna, istituito nel 1988, comprende nel ravennate aree di notevole pregio naturalistico; aree che spaziano dalle zone umide e vallive come le Valli meridionali di Comacchio, le Vene e la Sacca di Bellocchio, l’Oasi di Punte Alberete, Valle Mandriole, il Bardello, la Pialassa della Baiona (a nord della città) e l’Ortazzo e Ortazzino (a sud) alle storiche pinete di San Vitale e Classe, alle spiagge con dune naturali presso la foce del Reno e la foce del Bevano. Il Reparto Zone Naturali del Servizio Tutela Ambiente e Territorio del Comune di Ravenna organizza la gestione e la manutenzione delle aree di proprietà comunale: Pineta di San Vitale (1.100 Ha) Piallassa della Baiona (1.200 Ha) Punte Alberete (circa ¾ dei 190 Ha complessivi) Bardello (100 Ha) Pineta di Casalborsetti (75 Ha) Pineta Piomboni (70 Ha) Pineta di Classe (900 Ha) La parte ravennate del Parco arriva a lambire a sud le Valli di Comacchio, e da qui si apre, con pinete e piallasse. Ci sono valli silenziose protese verso il mare dove crescono esemplari di vegetazione e risiedono rare specie faunistiche, le Oasi di Boscoforte e Punte Alberete, le pinete secolari di San Vitale e Classe cantate da Dante e Boccaccio e, infine, più giù si arriva alle antiche saline di Cervia, luogo prediletto da stormi di fenicotteri rosa. Nonostante il pesante intervento dell’uomo nel corso dei secoli, partendo dal mare e addentrandosi nell’entroterra, si incontrano tanti habitat differenti. Ci sono le piante delle dune e delle sabbie, le antiche aree boscate (come il Bosco della Mesola), le pinete litoranee e i boschi a sommersione, ma anche frassini, salici, pioppi e specie acquatiche come la ninfea bianca o la comune canna di palude. È soprattutto dal punto di vista faunistico che quest’area sorprende; ben oltre 300 specie di uccelli hanno eletto questo territorio come loro area di sosta e riproduzione. Un ecosistema unico in cui ogni anno tornano a nidificare cormorani, gabbiani corallini e sterne. Accanto agli uccelli, sulle spiagge dorate, tra i canneti, le lagune e le valli si possono avvistare daini, cervi, piccoli mammiferi, a cui si aggiungono anfibi, storioni e anguille. A piedi, in barca, in bicicletta o a cavallo: in base alle diverse stagioni sono tanti i modi per vivere in modalità slow questo particolare ecosistema naturale. Le numerose specie di uccelli hanno trasformato l’area in una zona a forte richiamo per tutti gli appassionati di birdwatching con itinerari specifici, aree attrezzate e siti di osservazione, oltre che un festival internazionale (Fiera del Birdwatching). Visitare il Parco del Delta significa avere la possibilità di confrontarsi e instaurare, lontano dal caos dei centri abitati, un contatto diretto con la cultura, le tradizioni locali e le specialità gastronomiche di una terra da sempre ai “margini”. Eventi come il Primavera Slow - che si ripetono ogni anno da marzo a giugno - aiutano gli amanti della vita all’aria aperta a confrontarsi con il territorio del Delta all’insegna di un turismo lento e sostenibile. Il consiglio ottimale è quello che di rifarsi ai centri visita sparsi sul territorio (Alfonsine, Argenta, Cervia, Comacchio, Massenzatica, Mesola, Ostellato, Sant’Alberto e Savio) per ottenere tutte le informazioni utili per godersi appieno una vacanza da sogno.
Parco Regionale del Delta del Po Piallasse di Ravenna
Boschi e verdi pinete, una ricca popolazione floristica e faunistica, valli d’acqua dolce e salmastra e fiumi che si gettano nell’Adriatico: sono queste alcune delle tessere che compongono lo straordinario mosaico del Delta del Po, un magnifico esempio di biodiversità, in cui da secoli l’acqua è l’assoluta protagonista. Qui, dove la terra e il cielo si confondono, si trovano seducenti tesori naturalistici come pochi altri ne esistono al mondo, talmente unici da essere stati designati nel 1999 Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Due parchi tutelano questo meraviglioso comprensorio naturalistico che si estende su una superficie di oltre 66.000 ettari coprendo ben due regioni. Un labirinto di possibilità paesaggistiche che include da una parte, a nord del grande fiume Po, il Parco Regionale del Veneto, dall’altra, verso meridione, il Parco Regionale dell’Emilia Romagna. Chiunque si stupisce dinanzi alla grande varietà di ambienti e attrattive culturali che questo territorio può offrire. L’uno accanto all’altro, senza soluzione di continuità, si ritrovano i relitti della primitiva macchia mediterranea, il bosco igrofilo, le lagune litoranee, le valli salmastre e le zone umide di acqua dolce che vanno a mischiarsi con le antiche vestigia di insediamenti etruschi e romani, i mosaici bizantini e le suggestioni dell’architettura benedettina ed estense. Il Delta del Po nell’area di Ravenna con le sue aree naturali. Il Parco Regionale del Delta del Po dell’Emilia Romagna, istituito nel 1988, comprende nel ravennate aree di notevole pregio naturalistico; aree che spaziano dalle zone umide e vallive come le Valli meridionali di Comacchio, le Vene e la Sacca di Bellocchio, l’Oasi di Punte Alberete, Valle Mandriole, il Bardello, la Pialassa della Baiona (a nord della città) e l’Ortazzo e Ortazzino (a sud) alle storiche pinete di San Vitale e Classe, alle spiagge con dune naturali presso la foce del Reno e la foce del Bevano. Il Reparto Zone Naturali del Servizio Tutela Ambiente e Territorio del Comune di Ravenna organizza la gestione e la manutenzione delle aree di proprietà comunale: Pineta di San Vitale (1.100 Ha) Piallassa della Baiona (1.200 Ha) Punte Alberete (circa ¾ dei 190 Ha complessivi) Bardello (100 Ha) Pineta di Casalborsetti (75 Ha) Pineta Piomboni (70 Ha) Pineta di Classe (900 Ha) La parte ravennate del Parco arriva a lambire a sud le Valli di Comacchio, e da qui si apre, con pinete e piallasse. Ci sono valli silenziose protese verso il mare dove crescono esemplari di vegetazione e risiedono rare specie faunistiche, le Oasi di Boscoforte e Punte Alberete, le pinete secolari di San Vitale e Classe cantate da Dante e Boccaccio e, infine, più giù si arriva alle antiche saline di Cervia, luogo prediletto da stormi di fenicotteri rosa. Nonostante il pesante intervento dell’uomo nel corso dei secoli, partendo dal mare e addentrandosi nell’entroterra, si incontrano tanti habitat differenti. Ci sono le piante delle dune e delle sabbie, le antiche aree boscate (come il Bosco della Mesola), le pinete litoranee e i boschi a sommersione, ma anche frassini, salici, pioppi e specie acquatiche come la ninfea bianca o la comune canna di palude. È soprattutto dal punto di vista faunistico che quest’area sorprende; ben oltre 300 specie di uccelli hanno eletto questo territorio come loro area di sosta e riproduzione. Un ecosistema unico in cui ogni anno tornano a nidificare cormorani, gabbiani corallini e sterne. Accanto agli uccelli, sulle spiagge dorate, tra i canneti, le lagune e le valli si possono avvistare daini, cervi, piccoli mammiferi, a cui si aggiungono anfibi, storioni e anguille. A piedi, in barca, in bicicletta o a cavallo: in base alle diverse stagioni sono tanti i modi per vivere in modalità slow questo particolare ecosistema naturale. Le numerose specie di uccelli hanno trasformato l’area in una zona a forte richiamo per tutti gli appassionati di birdwatching con itinerari specifici, aree attrezzate e siti di osservazione, oltre che un festival internazionale (Fiera del Birdwatching). Visitare il Parco del Delta significa avere la possibilità di confrontarsi e instaurare, lontano dal caos dei centri abitati, un contatto diretto con la cultura, le tradizioni locali e le specialità gastronomiche di una terra da sempre ai “margini”. Eventi come il Primavera Slow - che si ripetono ogni anno da marzo a giugno - aiutano gli amanti della vita all’aria aperta a confrontarsi con il territorio del Delta all’insegna di un turismo lento e sostenibile. Il consiglio ottimale è quello che di rifarsi ai centri visita sparsi sul territorio (Alfonsine, Argenta, Cervia, Comacchio, Massenzatica, Mesola, Ostellato, Sant’Alberto e Savio) per ottenere tutte le informazioni utili per godersi appieno una vacanza da sogno.
La Pialassa della Baiona è situata tra la statale Romea e la via Baiona ed è costituita da bacini d’acqua aperti, canali artificiali e barene. Quest’area di 1100 ettari di zone umide deve il suo nome “Pialassa” all’unione dei termini “piglia” e “lascia”, poiché al suo interno, di fatto, si crea un dinamico sistema di scambio dell’acqua marina. La Pialassa è raggiungibile attraversando la Pineta di San Vitale e può essere percorsa a piedi o in bicicletta, nonché costeggiata con la barca, dalla quale è possibile ammirare scorci paesaggistici unici. All’affascinante visione contribuiscono anche i tradizionali capanni da pesca (detti bilancioni o padelloni), che costellano i margini e i dossi degli specchi d’acqua. La superficie emersa − che durante l’alta marea viene sommersa − è ricoperta da comunità vegetali alofile e prati salmastri. Il più suggestivo è sicuramente il cosiddetto Prato Barenicolo, una prateria popolata da piante e animali tipici delle basse acque salate, che si trova nella parte nord della laguna. Proprio per la qualità dell’habitat, la Pialassa è ideale per l’alimentazione di alcune rare specie nidificanti come marangone minore, mignattaio, mignattino piombato e per la sosta di alcuni uccelli migratori. Importanti sono le colonie di fratino, avocetta e cavaliere d’Italia, oltre a garzette e gabbiani. La ricchezza di flora e fauna la rende un ambiente unico e protetto, che dal 1988 le ha fatto guadagnare un posto all’interno del Parco Regionale del Delta del Po. Tante le visite guidate a cura di biologi e guide ambientali che partono dal Museo NatuRa Museo di Scienze Naturali Alfredo Brandolini di Sant’Alberto.
7 preporuka/e lokalaca
Pialassa Baiona
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La Pialassa della Baiona è situata tra la statale Romea e la via Baiona ed è costituita da bacini d’acqua aperti, canali artificiali e barene. Quest’area di 1100 ettari di zone umide deve il suo nome “Pialassa” all’unione dei termini “piglia” e “lascia”, poiché al suo interno, di fatto, si crea un dinamico sistema di scambio dell’acqua marina. La Pialassa è raggiungibile attraversando la Pineta di San Vitale e può essere percorsa a piedi o in bicicletta, nonché costeggiata con la barca, dalla quale è possibile ammirare scorci paesaggistici unici. All’affascinante visione contribuiscono anche i tradizionali capanni da pesca (detti bilancioni o padelloni), che costellano i margini e i dossi degli specchi d’acqua. La superficie emersa − che durante l’alta marea viene sommersa − è ricoperta da comunità vegetali alofile e prati salmastri. Il più suggestivo è sicuramente il cosiddetto Prato Barenicolo, una prateria popolata da piante e animali tipici delle basse acque salate, che si trova nella parte nord della laguna. Proprio per la qualità dell’habitat, la Pialassa è ideale per l’alimentazione di alcune rare specie nidificanti come marangone minore, mignattaio, mignattino piombato e per la sosta di alcuni uccelli migratori. Importanti sono le colonie di fratino, avocetta e cavaliere d’Italia, oltre a garzette e gabbiani. La ricchezza di flora e fauna la rende un ambiente unico e protetto, che dal 1988 le ha fatto guadagnare un posto all’interno del Parco Regionale del Delta del Po. Tante le visite guidate a cura di biologi e guide ambientali che partono dal Museo NatuRa Museo di Scienze Naturali Alfredo Brandolini di Sant’Alberto.
Sito di Interesse Comunitario e Zona di Protezione Speciale Pialassa dei Piomboni, Pineta di Punta Marina. In maniera assolutamente simmetrica sia pur a scala ridotta, il sito riproduce idealmente, immediatamente a Sud del Candiano, storico porto-canale di Ravenna, il sistema pialassa-pineta-duna-mare che continua a nord nei siti Pialassa della Baiona e dune di Casalborsetti e Porto Corsini. Posto in area litoranea e sublitoranea tra i lidi di Marina di Ravenna e Punta Marina, comprende, infatti, tre tipologie: la zona umida Pialassa dei Piomboni, la pineta litoranea posta tra la Pialassa ed il mare, il tratto di litorale con lembi relitti di dune attive, la spiaggia ed il mare antistante per un tratto di circa 300 metri. Chiuso tra l'area portuale con insediamenti industriali e le due stazioni balneari citate, il sito è interessato da strade e forti pressioni antropiche, che creano perturbazioni significative, nonostante ricada in parte entro la stazione Pineta di San Vitale e Pialasse di Ravenna del Parco Regionale Delta del Po, in parte sia sottoposto a vincolo idrogeologico (197 ha), in parte sia Riserva Naturale dello Stato (48 ha). Delle tre tipologie ambientali prevalenti, la laguna costiera (pialassa) costituisce l'ambito più esteso, con sacche d'acqua salata popolate da comunità algali degli Ulvetalia e relitti barenicoli con vegetazione succulenta alofila o giuncheti salsi. Gli ingombri portuali, gli storici capanni e le dimensioni ridotte della più piccola laguna ravennate, direttamente aperta sul Candiano, rendono gli ambienti frammentati, fragili e costantemente esposti a forme di degrado. La pineta costiera di pino marittimo con tratti di sottobosco arbustivo dei Prunetalia è una delle prime costituite all'inizio del XX sec. in base alla legge Rava e, tra quelle di pino marittimo, una delle più belle della regione. Infine, la spiaggia sabbiosa con relitti di dune vive, rilevate, a vegetazione annuale di Silene colorata e paleo delle spiagge (Vulpia membranacea) e Ammofileti, insieme al tratto di mare antistante, pur interessanti, sono soggetti a intensa frequentazione balneare.
Pialassa dei Piomboni, Pineta di Punta Marina (Rete Natura 2000)
Sito di Interesse Comunitario e Zona di Protezione Speciale Pialassa dei Piomboni, Pineta di Punta Marina. In maniera assolutamente simmetrica sia pur a scala ridotta, il sito riproduce idealmente, immediatamente a Sud del Candiano, storico porto-canale di Ravenna, il sistema pialassa-pineta-duna-mare che continua a nord nei siti Pialassa della Baiona e dune di Casalborsetti e Porto Corsini. Posto in area litoranea e sublitoranea tra i lidi di Marina di Ravenna e Punta Marina, comprende, infatti, tre tipologie: la zona umida Pialassa dei Piomboni, la pineta litoranea posta tra la Pialassa ed il mare, il tratto di litorale con lembi relitti di dune attive, la spiaggia ed il mare antistante per un tratto di circa 300 metri. Chiuso tra l'area portuale con insediamenti industriali e le due stazioni balneari citate, il sito è interessato da strade e forti pressioni antropiche, che creano perturbazioni significative, nonostante ricada in parte entro la stazione Pineta di San Vitale e Pialasse di Ravenna del Parco Regionale Delta del Po, in parte sia sottoposto a vincolo idrogeologico (197 ha), in parte sia Riserva Naturale dello Stato (48 ha). Delle tre tipologie ambientali prevalenti, la laguna costiera (pialassa) costituisce l'ambito più esteso, con sacche d'acqua salata popolate da comunità algali degli Ulvetalia e relitti barenicoli con vegetazione succulenta alofila o giuncheti salsi. Gli ingombri portuali, gli storici capanni e le dimensioni ridotte della più piccola laguna ravennate, direttamente aperta sul Candiano, rendono gli ambienti frammentati, fragili e costantemente esposti a forme di degrado. La pineta costiera di pino marittimo con tratti di sottobosco arbustivo dei Prunetalia è una delle prime costituite all'inizio del XX sec. in base alla legge Rava e, tra quelle di pino marittimo, una delle più belle della regione. Infine, la spiaggia sabbiosa con relitti di dune vive, rilevate, a vegetazione annuale di Silene colorata e paleo delle spiagge (Vulpia membranacea) e Ammofileti, insieme al tratto di mare antistante, pur interessanti, sono soggetti a intensa frequentazione balneare.
Questa pineta con i suoi 24 ettari, costituisce un prezioso polmone verde tra la spiaggia e le località di Pinarella e Tagliata. Il bosco è stato impiantato con pini domestici agli inizi degli anni ’40 dal Corpo Forestale dello Stato allo scopo di proteggere le abitazioni vicine dai forti venti provenienti dal mare. In seguito è stata rimboschita la fascia più vicina al mare utilizzando pini marittimi e olivi di Boemia, in quanto resistenti al vento e alla salsedine. La Pineta di Pinarella è stata riconosciuta come Riserva Naturale Statale nel 1977 per tutelare la vegetazione presente. A pochi passi dal mare, il bosco è perfetto per ripararsi dal calore della stagione estiva e per passeggiate rilassanti in ogni periodo dell’anno. E’ lo spazio ideale per la pratica di attività sportive grazie anche alla presenza di percorsi fitness. Per preservare l'ambiente, in pineta non tutto è consentito. Il piano di rinaturalizzazione Negli ultimi anni, a seguito della caduta di una rilevante quantità di alberi, dovuta alla combinazione di allagamenti e venti estremamente forti, il Comune di Cervia ha provveduto a rinnovare parti del bosco, utilizzando il pino domestico nelle zone dunose e specie di latifoglie adatte nelle zone più basse soggette a ristagni idrici. Situata tra Tagliata e Pinarella, i punti di accesso si trovano lungo Viale Italia.
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Pineta
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Questa pineta con i suoi 24 ettari, costituisce un prezioso polmone verde tra la spiaggia e le località di Pinarella e Tagliata. Il bosco è stato impiantato con pini domestici agli inizi degli anni ’40 dal Corpo Forestale dello Stato allo scopo di proteggere le abitazioni vicine dai forti venti provenienti dal mare. In seguito è stata rimboschita la fascia più vicina al mare utilizzando pini marittimi e olivi di Boemia, in quanto resistenti al vento e alla salsedine. La Pineta di Pinarella è stata riconosciuta come Riserva Naturale Statale nel 1977 per tutelare la vegetazione presente. A pochi passi dal mare, il bosco è perfetto per ripararsi dal calore della stagione estiva e per passeggiate rilassanti in ogni periodo dell’anno. E’ lo spazio ideale per la pratica di attività sportive grazie anche alla presenza di percorsi fitness. Per preservare l'ambiente, in pineta non tutto è consentito. Il piano di rinaturalizzazione Negli ultimi anni, a seguito della caduta di una rilevante quantità di alberi, dovuta alla combinazione di allagamenti e venti estremamente forti, il Comune di Cervia ha provveduto a rinnovare parti del bosco, utilizzando il pino domestico nelle zone dunose e specie di latifoglie adatte nelle zone più basse soggette a ristagni idrici. Situata tra Tagliata e Pinarella, i punti di accesso si trovano lungo Viale Italia.
È Sito di Interesse Comunitario e Zona di Protezione Speciale la Pineta di Casalborsetti, la Pineta Staggioni e la Duna di Porto Corsini. Ricompresa nel complesso di siti delle zone umide e delle pinete ravennati, l'area è la prosecuzione verso Nord, al di là del Candiano, della serie delle pinete litoranee costituite nel XX sec. in base alla legge Rava e presenta la naturale successione di ambienti costieri che dalla riva del mare giungono alle dune grigie consolidate dell'entroterra (complesso di dune fossili risalenti alla linea di costa del XVI sec., ancora apprezzabili a Casalborsetti). Il sito comprende anche la spiaggia, il mare antistante per un tratto di circa 300 metri e la foce del fiume Lamone, rettificata ed alterata, a separare la zona di Casalborsetti a Nord da quella di Marina Romea a Sud. Molti degli ambienti qui presenti rappresentano lembi residuali di habitat ormai non più riscontrabili lungo quasi tutto il litorale adriatico. Dalla battigia si incontrano in sequenza: tratti di dune attive, ora ridotte a piccoli lembi dalla costruzione di scogliere artificiali e stabilimenti balneari, pinete litoranee di pino marittimo (Pinus pinaster) e pino domestico (Pinus pinea) di impianto recente (le cosiddette pinete demaniali) e, a Nord del Lamone, dune relitte consolidate coperte di boscaglia termofila, pratelli aridi di specie colonizzatrici, coltivi e incolti. Dentro e fuori la pineta permangono limitate bassure umide o con acqua stagnante. Quantitativamente prevalenti sono le foreste di conifere (30%), le dune e spiagge sabbiose (20%), le acque costiere marine (24%) e le colture estensive (10%). Non mancano acque interne stagnanti o debolmente correnti, boscaglie e macchie con sclerofille, praterie aride, lembi di bosco a caducifoglie. Il sito ricade interamente nel Parco Regionale Delta del Po, stazione Pineta di San Vitale e Pialasse di Ravenna e, in gran parte (207 ha) in Riserva Naturale dello Stato (Pineta di Ravenna, contrada Staggioni e duna di Porto Corsini). Il vincolo idrogeologico si estende in pineta per circa 322 ha dei 380 complessivi dell'area demaniale. La pressione antropica è, in ogni caso, molto elevata, sia per la frequentazione balneare, sia per la presenza di manufatti e infrastrutture. Ciò nonostante, pur in un contesto schematicamente semplice e non molto dissimile da quello di Punta Marina e di altri siti costieri, l'area racchiude un mosaico di habitat complessi, differenziati, sovrapposti e ricchi di elementi di pregio, ma resi ancor più fragili da un marcato rischio di degrado.
Pineta di Casalborsetti, Pineta Staggioni, Duna di Porto Corsini (Rete Natura 2000)
È Sito di Interesse Comunitario e Zona di Protezione Speciale la Pineta di Casalborsetti, la Pineta Staggioni e la Duna di Porto Corsini. Ricompresa nel complesso di siti delle zone umide e delle pinete ravennati, l'area è la prosecuzione verso Nord, al di là del Candiano, della serie delle pinete litoranee costituite nel XX sec. in base alla legge Rava e presenta la naturale successione di ambienti costieri che dalla riva del mare giungono alle dune grigie consolidate dell'entroterra (complesso di dune fossili risalenti alla linea di costa del XVI sec., ancora apprezzabili a Casalborsetti). Il sito comprende anche la spiaggia, il mare antistante per un tratto di circa 300 metri e la foce del fiume Lamone, rettificata ed alterata, a separare la zona di Casalborsetti a Nord da quella di Marina Romea a Sud. Molti degli ambienti qui presenti rappresentano lembi residuali di habitat ormai non più riscontrabili lungo quasi tutto il litorale adriatico. Dalla battigia si incontrano in sequenza: tratti di dune attive, ora ridotte a piccoli lembi dalla costruzione di scogliere artificiali e stabilimenti balneari, pinete litoranee di pino marittimo (Pinus pinaster) e pino domestico (Pinus pinea) di impianto recente (le cosiddette pinete demaniali) e, a Nord del Lamone, dune relitte consolidate coperte di boscaglia termofila, pratelli aridi di specie colonizzatrici, coltivi e incolti. Dentro e fuori la pineta permangono limitate bassure umide o con acqua stagnante. Quantitativamente prevalenti sono le foreste di conifere (30%), le dune e spiagge sabbiose (20%), le acque costiere marine (24%) e le colture estensive (10%). Non mancano acque interne stagnanti o debolmente correnti, boscaglie e macchie con sclerofille, praterie aride, lembi di bosco a caducifoglie. Il sito ricade interamente nel Parco Regionale Delta del Po, stazione Pineta di San Vitale e Pialasse di Ravenna e, in gran parte (207 ha) in Riserva Naturale dello Stato (Pineta di Ravenna, contrada Staggioni e duna di Porto Corsini). Il vincolo idrogeologico si estende in pineta per circa 322 ha dei 380 complessivi dell'area demaniale. La pressione antropica è, in ogni caso, molto elevata, sia per la frequentazione balneare, sia per la presenza di manufatti e infrastrutture. Ciò nonostante, pur in un contesto schematicamente semplice e non molto dissimile da quello di Punta Marina e di altri siti costieri, l'area racchiude un mosaico di habitat complessi, differenziati, sovrapposti e ricchi di elementi di pregio, ma resi ancor più fragili da un marcato rischio di degrado.
Situata poco a sud di Ravenna, nell’area compresa tra la località di Classe e il comune di Cervia, la pineta con i suoi 900 ha è uno dei più grandi polmoni verdi e aree naturalistiche a libero accesso della Riviera Adriatica, parte integrante del Parco del Delta del Po. Si deve alla comunità monastica dei camaldolesi di stanza presso la Basilica di Sant’Apollinare in Classe la sopravvivenza di quest’antico bosco. Fin dall’anno Mille i monaci si occuparono di curare e preservare l’area, tutelando le redditizie entrate legate all’economia del pinolo. La bellissima Pineta di Classe è oggi di proprietà dell’Amministrazione Comunale di Ravenna ed è considerata un’istituzione storica, tanto che il suo albero (il pino domestico) compare persino nello stemma della città. La Pineta di Classe è un’oasi di tranquillità per visitatori e naturalisti, con aree di sosta e di osservazione sulle zone umide e la relativa avifauna, da poter raggiungere con una pedalata in bicicletta o a piedi. Al suo interno sono presenti piante secolari come il leccio, la roverella e i carpini bianchi, oltre a un ricco sottobosco che spesso offre prodotti utilizzati nella cucina locale come l’asparago, il ligustro, il prugnolo, il sorbo domestico e il nespolo. La vegetazione mediterranea si alterna a prati aridi e bassure allagate con acqua salmastra o dolce, come nel caso delle oasi dell’Ortazzo e dell’Ortazzino in prossimità della Foce del torrente Bevano. Una delle sue caratteristiche più affascinanti rimane senz’altro l’aspetto ancora “selvatico”. La tutela in atto, legata al Parco del Delta, permette di salvaguardare l’habitat affascinante e suggestivo, in cui vivono una variegata popolazione di uccelli come l’usignolo, il pettirosso, il picchio muratore e l’allocco, oltre ad una discreta presenza di anfibi e rettili. Il modo migliore per visitare la Pineta di Classe è sicuramente a piedi o in bicicletta, soprattutto in MTB visto i percorsi sterrati. Non mancano però itinerari equestri che, alla stregua degli altri, possono essere praticati durante tutto l’anno consentendo la visita alle aree naturali più preziose All’interno della pineta, dal Parco I° Maggio di Fosso Ghiaia, si sviluppano una serie di sentieri opportunamente indicati, che tagliano l’area in lungo e largo. Lungo uno di questi si trova la settecentesca Casa delle Aie, un tempo dormitorio dei “pignaroli” e oggi amato luogo di ritrovo. Dal Centro Visite Cubo Magico Bevanella , invece, stazione di accesso del Parco del Delta, partono numerose escursioni guidate (a piedi, in bicicletta, in barca e in canoa) non solo all’interno della pineta, ma anche alla scoperta della Foce del Bevano e delle Oasi dell’Ortazzo e Ortazzino.
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Pineta di Classe
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Situata poco a sud di Ravenna, nell’area compresa tra la località di Classe e il comune di Cervia, la pineta con i suoi 900 ha è uno dei più grandi polmoni verdi e aree naturalistiche a libero accesso della Riviera Adriatica, parte integrante del Parco del Delta del Po. Si deve alla comunità monastica dei camaldolesi di stanza presso la Basilica di Sant’Apollinare in Classe la sopravvivenza di quest’antico bosco. Fin dall’anno Mille i monaci si occuparono di curare e preservare l’area, tutelando le redditizie entrate legate all’economia del pinolo. La bellissima Pineta di Classe è oggi di proprietà dell’Amministrazione Comunale di Ravenna ed è considerata un’istituzione storica, tanto che il suo albero (il pino domestico) compare persino nello stemma della città. La Pineta di Classe è un’oasi di tranquillità per visitatori e naturalisti, con aree di sosta e di osservazione sulle zone umide e la relativa avifauna, da poter raggiungere con una pedalata in bicicletta o a piedi. Al suo interno sono presenti piante secolari come il leccio, la roverella e i carpini bianchi, oltre a un ricco sottobosco che spesso offre prodotti utilizzati nella cucina locale come l’asparago, il ligustro, il prugnolo, il sorbo domestico e il nespolo. La vegetazione mediterranea si alterna a prati aridi e bassure allagate con acqua salmastra o dolce, come nel caso delle oasi dell’Ortazzo e dell’Ortazzino in prossimità della Foce del torrente Bevano. Una delle sue caratteristiche più affascinanti rimane senz’altro l’aspetto ancora “selvatico”. La tutela in atto, legata al Parco del Delta, permette di salvaguardare l’habitat affascinante e suggestivo, in cui vivono una variegata popolazione di uccelli come l’usignolo, il pettirosso, il picchio muratore e l’allocco, oltre ad una discreta presenza di anfibi e rettili. Il modo migliore per visitare la Pineta di Classe è sicuramente a piedi o in bicicletta, soprattutto in MTB visto i percorsi sterrati. Non mancano però itinerari equestri che, alla stregua degli altri, possono essere praticati durante tutto l’anno consentendo la visita alle aree naturali più preziose All’interno della pineta, dal Parco I° Maggio di Fosso Ghiaia, si sviluppano una serie di sentieri opportunamente indicati, che tagliano l’area in lungo e largo. Lungo uno di questi si trova la settecentesca Casa delle Aie, un tempo dormitorio dei “pignaroli” e oggi amato luogo di ritrovo. Dal Centro Visite Cubo Magico Bevanella , invece, stazione di accesso del Parco del Delta, partono numerose escursioni guidate (a piedi, in bicicletta, in barca e in canoa) non solo all’interno della pineta, ma anche alla scoperta della Foce del Bevano e delle Oasi dell’Ortazzo e Ortazzino.
La pineta di Cervia è un grande bosco planiziale non costiero che si estende nel territorio del Comune di Cervia. È classificata come sito di interesse comunitario e zona di protezione speciale ed è ricompresa quasi interamente nel Parco Regionale del Delta del Po dell'Emilia-Romagna. La riserva ospita nove habitat di interesse comunitario, dei quali tre prioritari, che coprono quasi il 90% della superficie. La pineta si trova a settentrione della Cervia attuale, presso Milano Marittima. Si estende tra l'abitato e la linea ferroviaria Ravenna-Rimini. Il sito comprende anche il Parco delle Terme, gestito a verde urbano e per metà sottoposto a vincolo idrogeologico. Durante la seconda guerra mondiale gli Alleati costruirono all'interno della pineta un aeroporto militare per sostenere l'avanzata dell'Ottava Armata Britannica verso il nord d'Italia. Gran parte della storia di questo aeroporto è venuta alla luce grazie alle ricerche di Thomas Venturi, il quale ha creato una mappa dell'aeroporto, scoperto gli squadroni che vi operavano e raccolto una grande quantità di reperti.
Pineta di Cervia
La pineta di Cervia è un grande bosco planiziale non costiero che si estende nel territorio del Comune di Cervia. È classificata come sito di interesse comunitario e zona di protezione speciale ed è ricompresa quasi interamente nel Parco Regionale del Delta del Po dell'Emilia-Romagna. La riserva ospita nove habitat di interesse comunitario, dei quali tre prioritari, che coprono quasi il 90% della superficie. La pineta si trova a settentrione della Cervia attuale, presso Milano Marittima. Si estende tra l'abitato e la linea ferroviaria Ravenna-Rimini. Il sito comprende anche il Parco delle Terme, gestito a verde urbano e per metà sottoposto a vincolo idrogeologico. Durante la seconda guerra mondiale gli Alleati costruirono all'interno della pineta un aeroporto militare per sostenere l'avanzata dell'Ottava Armata Britannica verso il nord d'Italia. Gran parte della storia di questo aeroporto è venuta alla luce grazie alle ricerche di Thomas Venturi, il quale ha creato una mappa dell'aeroporto, scoperto gli squadroni che vi operavano e raccolto una grande quantità di reperti.
Anticamente la Pineta di Cervia - Milano Marittima costituiva la propaggine meridionale del vasto e caratteristico complesso forestale che, quasi senza interruzioni, si estendeva da sud del fiume Reno fino alla città di Cervia. Questo bosco, classificato come sito di interesse comunitario e compreso nel Parco Regionale del Delta del Po, è a tutti gli effetti il polmone verde di Cervia, grazie alla sua estensione di 210 ettari. Gran parte della Pineta venne perduta nella prima metà del ‘900, a causa di politiche agricole aggressive e in conseguenza dei due conflitti mondiali. Fortunatamente la presa di coscienza per la tutela del verde da parte dell’Amministrazione comunale, avvenuta nel secondo dopoguerra, permise la realizzazione di varie opere di rimboschimento e l’istituzione del Parco Naturale. A tutt’oggi la Pineta di Cervia rappresenta un patrimonio di notevole interesse naturalistico grazie al suo ecosistema fortemente variegato ed è divenuta una meta di eccellenza nel settore del turismo ambientale. La fitta rete di sentieri consente passeggiate rilassanti e attività diversificate in un ambiente incontaminato. Gli amanti della natura troveranno al suo interno un percorso naturalistico, provvisto di bacheche illustrative e un’aula didattica all’aria aperta. Gli appassionati di sport all’aria aperta potranno divertirsi utilizzando i due percorsi running e le palestre provviste di attrezzature per l’esercizio fisico. Situata tra Cervia e Milano Marittima, la Pineta ha i seguenti punti d’accesso principali: • via Stazzone, dal cimitero • via Jelenia Gora, vicino alla scuola elementare • viale Ravenna, vicino allo stadio • viale Nullo Baldini, vicino all’idrovora • viale Forlanini, vicino alle terme
Pineta di Milano Marittima
Anticamente la Pineta di Cervia - Milano Marittima costituiva la propaggine meridionale del vasto e caratteristico complesso forestale che, quasi senza interruzioni, si estendeva da sud del fiume Reno fino alla città di Cervia. Questo bosco, classificato come sito di interesse comunitario e compreso nel Parco Regionale del Delta del Po, è a tutti gli effetti il polmone verde di Cervia, grazie alla sua estensione di 210 ettari. Gran parte della Pineta venne perduta nella prima metà del ‘900, a causa di politiche agricole aggressive e in conseguenza dei due conflitti mondiali. Fortunatamente la presa di coscienza per la tutela del verde da parte dell’Amministrazione comunale, avvenuta nel secondo dopoguerra, permise la realizzazione di varie opere di rimboschimento e l’istituzione del Parco Naturale. A tutt’oggi la Pineta di Cervia rappresenta un patrimonio di notevole interesse naturalistico grazie al suo ecosistema fortemente variegato ed è divenuta una meta di eccellenza nel settore del turismo ambientale. La fitta rete di sentieri consente passeggiate rilassanti e attività diversificate in un ambiente incontaminato. Gli amanti della natura troveranno al suo interno un percorso naturalistico, provvisto di bacheche illustrative e un’aula didattica all’aria aperta. Gli appassionati di sport all’aria aperta potranno divertirsi utilizzando i due percorsi running e le palestre provviste di attrezzature per l’esercizio fisico. Situata tra Cervia e Milano Marittima, la Pineta ha i seguenti punti d’accesso principali: • via Stazzone, dal cimitero • via Jelenia Gora, vicino alla scuola elementare • viale Ravenna, vicino allo stadio • viale Nullo Baldini, vicino all’idrovora • viale Forlanini, vicino alle terme
Punte Alberete è una grande foresta allagata di grande suggestione, uno degli ultimi esempi ancora esistenti nel sud Europa. Sviluppata a pochi chilometri a nord di Ravenna di fronte alla grande Pineta di San Vitale, si sviluppa lungo il tratto finale del fiume Lamone, sulla sponda meridionale. L’oasi è un suggestivo alternarsi di bosco igrofilo, praterie sommerse e spazi aperti. I bacini d’acqua sono circondati da fitti canneti ed è facile incontrare una grande quantità di flora tipica degli ambienti palustri, come ninfee e gigli di palude. Sono presenti moltissime specie di uccelli stanziali e migratori come aironi rossi, ibis e tarabusini, che rendono questo luogo un vero e proprio paradiso del birdwatching. Lungo il percorso pedonale sono collocate alcune postazioni di osservazione e cartelli esplicativi, che permettono di riconoscere anche ai meno esperti le diverse specie vegetali e animali. L’ambiente è abitato da numerosi rettili, tra cui la rara testuggine palustre e molti insetti, come ad esempio la bellissima polissena, le cui ali sembrano un merletto bianco e nero con macchie rosse e azzurre. Piccola curiosità: la fortuna di avere pressoché intatto questo habitat si deve a un cacciatore, il ravennate Eros Stinchi, il quale a fine anni ’60 riuscì a fermare a colpi di lettere ed esposti l’intervento di bonifica già programmato.
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Punte Alberete
Via Romea Nord
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Punte Alberete è una grande foresta allagata di grande suggestione, uno degli ultimi esempi ancora esistenti nel sud Europa. Sviluppata a pochi chilometri a nord di Ravenna di fronte alla grande Pineta di San Vitale, si sviluppa lungo il tratto finale del fiume Lamone, sulla sponda meridionale. L’oasi è un suggestivo alternarsi di bosco igrofilo, praterie sommerse e spazi aperti. I bacini d’acqua sono circondati da fitti canneti ed è facile incontrare una grande quantità di flora tipica degli ambienti palustri, come ninfee e gigli di palude. Sono presenti moltissime specie di uccelli stanziali e migratori come aironi rossi, ibis e tarabusini, che rendono questo luogo un vero e proprio paradiso del birdwatching. Lungo il percorso pedonale sono collocate alcune postazioni di osservazione e cartelli esplicativi, che permettono di riconoscere anche ai meno esperti le diverse specie vegetali e animali. L’ambiente è abitato da numerosi rettili, tra cui la rara testuggine palustre e molti insetti, come ad esempio la bellissima polissena, le cui ali sembrano un merletto bianco e nero con macchie rosse e azzurre. Piccola curiosità: la fortuna di avere pressoché intatto questo habitat si deve a un cacciatore, il ravennate Eros Stinchi, il quale a fine anni ’60 riuscì a fermare a colpi di lettere ed esposti l’intervento di bonifica già programmato.
Ravenna La riserva naturale Duna costiera ravennate e foce torrente Bevano è un'area naturale protetta situata in provincia di Ravenna. La zona tutelata è la fascia litoranea di dune costiere naturali comprese tra Lido di Dante a nord e Lido di Classe a sud. Fa parte della zona umida dell'Ortazzo e dell'Ortazzino.
Riserva Statale Duna Costiera Ravennate e Foce Torrente Bevano
Ravenna La riserva naturale Duna costiera ravennate e foce torrente Bevano è un'area naturale protetta situata in provincia di Ravenna. La zona tutelata è la fascia litoranea di dune costiere naturali comprese tra Lido di Dante a nord e Lido di Classe a sud. Fa parte della zona umida dell'Ortazzo e dell'Ortazzino.
Gemmano frazione di Rimini La riserva naturale orientata di Onferno è un'area naturale protetta situata nel comune di Gemmano, in provincia di Rimini ed è stata istituita nel 1991. La riserva è nota ai più per le grotte carsiche e per le numerose colonie di pipistrelli in esse ospitati. La riserva coincide con il sito di interesse comunitario denominato Onferno.
Onferno oriented nature reserve
Gemmano frazione di Rimini La riserva naturale orientata di Onferno è un'area naturale protetta situata nel comune di Gemmano, in provincia di Rimini ed è stata istituita nel 1991. La riserva è nota ai più per le grotte carsiche e per le numerose colonie di pipistrelli in esse ospitati. La riserva coincide con il sito di interesse comunitario denominato Onferno.
La riserva naturale Pineta di Ravenna è un'area naturale protetta situata nella provincia di Ravenna e occupa un'area di 709 ettari, all'interno della Pineta di Ravenna.
Riserva naturale Pineta di Ravenna
Via Romea Nord
La riserva naturale Pineta di Ravenna è un'area naturale protetta situata nella provincia di Ravenna e occupa un'area di 709 ettari, all'interno della Pineta di Ravenna.
Riserva Naturale Speciale di Alfonsine
Alfonsine
Ravenna La riserva naturale Foce Fiume Reno è un'area naturale protetta situata in provincia di Ravenna. La riserva occupa una superficie di 45,00 ettari ed è stata istituita nel 1981.
Riserva Statale Foce Fiume Reno
Ravenna La riserva naturale Foce Fiume Reno è un'area naturale protetta situata in provincia di Ravenna. La riserva occupa una superficie di 45,00 ettari ed è stata istituita nel 1981.
La riserva naturale Salina di Cervia è un'area naturale protetta situata nel comune di Cervia, in provincia di Ravenna. Istituita a Riserva naturale di popolamento animale con un Decreto ministeriale del 1979, l'importanza storica di Cervia è legata al suo "oro bianco" ed è documentata da varie testimonianze. Nei pressi della salina sorgono le Terme di Cervia, che ne utilizzano tuttora l'acqua salata per la cura di malattie articolari e respiratorie.
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Parco della Salina di Cervia
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La riserva naturale Salina di Cervia è un'area naturale protetta situata nel comune di Cervia, in provincia di Ravenna. Istituita a Riserva naturale di popolamento animale con un Decreto ministeriale del 1979, l'importanza storica di Cervia è legata al suo "oro bianco" ed è documentata da varie testimonianze. Nei pressi della salina sorgono le Terme di Cervia, che ne utilizzano tuttora l'acqua salata per la cura di malattie articolari e respiratorie.
La visita guidata all’interno del Parco delle Saline di Cervia è la chiave d’accesso a una storia antica, quella della produzione del sale dolce di Cervia, custodito all’interno di un ecosistema unico che offre riparo a specie di uccelli quali i fenicotteri, i cavalieri d'Italia e gli aironi bianchi maggiori. Un’esperienza che permette di coniugare il racconto di una tradizione e l’osservazione della natura. Dal punto di vista paesaggistico, la Salina di Cervia rappresenta infatti un unicum nell’area dell’Alto Adriatico per estensione (827 ettari), profondità delle acque al suo interno (pochi centimetri) e anche per l’alta concentrazione di sale nell’acqua, pari al 150%. È stata per questo annoverata fra le Zone Umide di Importanza Internazionale della Convenzione di Ramsar. Ultimo avamposto sud del Parco del Delta del Po, la Salina di Cervia si compone di più di 50 bacini circondati da un canale di oltre 16 km di lunghezza, che consente all’acqua del mare Adriatico di entrare e uscire dall’area. È proprio grazie all’ingresso dell’acqua salmastra nei canali della salina che, una volta evaporata, si ottiene il sale. La raccolta del sale ha luogo nel cuore della salina e avviene in maniera ancora artigianale, con l’aiuto di un nastro trasportatore e di un carrello. Soltanto nella Salina Camillone il sale è raccolto ancora a mano con la tecnica detta a raccolta multipla, che si ripete ogni anno da fine agosto a inizio settembre. Si tratta di una sorta di museo del sale a cielo aperto che produce circa 1000 q. di sale all’anno. Il risultato del ciclo produttivo è un sale definito dolce, in quanto contenente solo cloruro di sodio purissimo, con una bassissima percentuale di altri cloruri più amari. Il Parco delle Saline di Cervia può essere esplorato in vari modi: a piedi, in bici o in barca, ma sempre accompagnati da una guida esperta. Il ritrovo è il Centro Visite Saline di Cervia, collocato proprio a ridosso del parco, che organizza visite nel periodo migliore per ammirare le bellezze del parco, da marzo a novembre. Nel punto vendita del parco è possibile poi acquistare una confezione di sale dolce di Cervia e altri prodotti tipici. Splendide escursioni nel suggestivo paesaggio della salina e lungo il canale emissario di Milano Marittima, in mare o alla foce del Bevano. Possibilità di noleggio canoe e kajak. Escursioni da soli o con guide. Per ulteriori informazioni guardare il sito.
22 preporuka/e lokalaca
Posjetiteljski centar Muzeja soli u Cerviji
61 Via Bova
22 preporuka/e lokalaca
La visita guidata all’interno del Parco delle Saline di Cervia è la chiave d’accesso a una storia antica, quella della produzione del sale dolce di Cervia, custodito all’interno di un ecosistema unico che offre riparo a specie di uccelli quali i fenicotteri, i cavalieri d'Italia e gli aironi bianchi maggiori. Un’esperienza che permette di coniugare il racconto di una tradizione e l’osservazione della natura. Dal punto di vista paesaggistico, la Salina di Cervia rappresenta infatti un unicum nell’area dell’Alto Adriatico per estensione (827 ettari), profondità delle acque al suo interno (pochi centimetri) e anche per l’alta concentrazione di sale nell’acqua, pari al 150%. È stata per questo annoverata fra le Zone Umide di Importanza Internazionale della Convenzione di Ramsar. Ultimo avamposto sud del Parco del Delta del Po, la Salina di Cervia si compone di più di 50 bacini circondati da un canale di oltre 16 km di lunghezza, che consente all’acqua del mare Adriatico di entrare e uscire dall’area. È proprio grazie all’ingresso dell’acqua salmastra nei canali della salina che, una volta evaporata, si ottiene il sale. La raccolta del sale ha luogo nel cuore della salina e avviene in maniera ancora artigianale, con l’aiuto di un nastro trasportatore e di un carrello. Soltanto nella Salina Camillone il sale è raccolto ancora a mano con la tecnica detta a raccolta multipla, che si ripete ogni anno da fine agosto a inizio settembre. Si tratta di una sorta di museo del sale a cielo aperto che produce circa 1000 q. di sale all’anno. Il risultato del ciclo produttivo è un sale definito dolce, in quanto contenente solo cloruro di sodio purissimo, con una bassissima percentuale di altri cloruri più amari. Il Parco delle Saline di Cervia può essere esplorato in vari modi: a piedi, in bici o in barca, ma sempre accompagnati da una guida esperta. Il ritrovo è il Centro Visite Saline di Cervia, collocato proprio a ridosso del parco, che organizza visite nel periodo migliore per ammirare le bellezze del parco, da marzo a novembre. Nel punto vendita del parco è possibile poi acquistare una confezione di sale dolce di Cervia e altri prodotti tipici. Splendide escursioni nel suggestivo paesaggio della salina e lungo il canale emissario di Milano Marittima, in mare o alla foce del Bevano. Possibilità di noleggio canoe e kajak. Escursioni da soli o con guide. Per ulteriori informazioni guardare il sito.
I MEANDRI DEL FIUME RONCO L’oasi naturale di Magliano, istituita nel 1984, si sviluppa intorno al tratto pedecollinare dei meandri del fiume Ronco. L’area che occupa una superficie di 232 ettari, è compresa a est e a ovest fra le frazioni rispettivamente di Carpena (Comune di Forlì) e di Selbagnone (Comune di Forlimpopoli) ed è delimitata a monte dalla frazione di Para (Comune di Meldola) e a valle dalla confluenza del canale Ausa nel Ronco. L’area corrisponde alla zona inselvatichita caratterizzata dalla presenza di vecchie cave per l’estrazione di ghiaia e di sabbia, verosimilmente già impiantate alla fine del XIX sec. e dai bacini lacustri formatisi con il venir meno dell’attività estrattiva. Il SIC ( Sito di Importanza Comunitaria) "Meandri del fiume Ronco" si trova tra il tratto termi­nale della vallata del Bidente e la pianura forlivese a circa 20 km dal mare Adriatico e come gli altri fiumi romagnoli concorre alla formazione di un sistema idrografico a pettine che, dalle zone appenniniche, scorre lungo le valli fino al mare. Proceden­do da Meldola verso la pianura, il Ronco corre su uno strato di argille plioceniche il cui spessore a Selba­gnone è di circa 50 metri mentre all'altezza della via Emilia è di 100 metri. I fiumi, ambienti ad elevata biodiversità, non sono statici, ma si evolvono in base alle variazioni delle precipitazioni, reagendo in maniera diversa agli interventi antropici. Il fiume è il corridoio ecologico di congiunzione tra i monti e il mare ed ospita molte specie di animali e piante. Esso trasporta inoltre minu­scole particelle di terreno che ver­ranno depositate a valle formando le future spiagge: tutta la Pianura Padana si è formata per il lento lavoro di sedimentazione dei fiumi. Il Bidente-Ronco è l'elemento di congiunzione fra le più importanti realtà ambientali naturali della Ro­magna: il Parco Nazionale delle Fo­reste Casentinesi e il Delta del Po, che possono dialogare fra loro tra­mite le acque e la vegetazione. L'aspetto del corso d'acqua e la forma dei suoi argini ci raccontano la sua evoluzione: il fiume Ronco scorreva una volta in modo lineare, ma, con lento processo di scavo e riporto di materiale limoso e sab­bioso, ha originato quei meandri che oggi lo rendono particolarmente interessante. Altra caratteristica della zona è la presenza di bacini, originati dalla attività antropica. Dal dopoguerra, nella zona di Selbagnone - Magliano, si sono insediate diverse attività estrattive, che, con il loro lavoro, hanno dato origine ad una serie di laghi di diversa profondità, che si sono riempiti con le acque di falda. Essi dimostrano come la natura ten­de a colonizzare i nuovi spazi a vantaggio delle specie vegetali pio­niere, nitrofile, ruderali. Vicino al SIC" Meandri del fiume Ronco", si trova la Riserva Naturale Orien­tata "Bosco di Scardavilla", che sorge nel comune di Meldola. Sulla strada che congiunge Meldola a Forlimpopoli sorge la settecentesca villa Paulucci Merlini.
Magliano station
I MEANDRI DEL FIUME RONCO L’oasi naturale di Magliano, istituita nel 1984, si sviluppa intorno al tratto pedecollinare dei meandri del fiume Ronco. L’area che occupa una superficie di 232 ettari, è compresa a est e a ovest fra le frazioni rispettivamente di Carpena (Comune di Forlì) e di Selbagnone (Comune di Forlimpopoli) ed è delimitata a monte dalla frazione di Para (Comune di Meldola) e a valle dalla confluenza del canale Ausa nel Ronco. L’area corrisponde alla zona inselvatichita caratterizzata dalla presenza di vecchie cave per l’estrazione di ghiaia e di sabbia, verosimilmente già impiantate alla fine del XIX sec. e dai bacini lacustri formatisi con il venir meno dell’attività estrattiva. Il SIC ( Sito di Importanza Comunitaria) "Meandri del fiume Ronco" si trova tra il tratto termi­nale della vallata del Bidente e la pianura forlivese a circa 20 km dal mare Adriatico e come gli altri fiumi romagnoli concorre alla formazione di un sistema idrografico a pettine che, dalle zone appenniniche, scorre lungo le valli fino al mare. Proceden­do da Meldola verso la pianura, il Ronco corre su uno strato di argille plioceniche il cui spessore a Selba­gnone è di circa 50 metri mentre all'altezza della via Emilia è di 100 metri. I fiumi, ambienti ad elevata biodiversità, non sono statici, ma si evolvono in base alle variazioni delle precipitazioni, reagendo in maniera diversa agli interventi antropici. Il fiume è il corridoio ecologico di congiunzione tra i monti e il mare ed ospita molte specie di animali e piante. Esso trasporta inoltre minu­scole particelle di terreno che ver­ranno depositate a valle formando le future spiagge: tutta la Pianura Padana si è formata per il lento lavoro di sedimentazione dei fiumi. Il Bidente-Ronco è l'elemento di congiunzione fra le più importanti realtà ambientali naturali della Ro­magna: il Parco Nazionale delle Fo­reste Casentinesi e il Delta del Po, che possono dialogare fra loro tra­mite le acque e la vegetazione. L'aspetto del corso d'acqua e la forma dei suoi argini ci raccontano la sua evoluzione: il fiume Ronco scorreva una volta in modo lineare, ma, con lento processo di scavo e riporto di materiale limoso e sab­bioso, ha originato quei meandri che oggi lo rendono particolarmente interessante. Altra caratteristica della zona è la presenza di bacini, originati dalla attività antropica. Dal dopoguerra, nella zona di Selbagnone - Magliano, si sono insediate diverse attività estrattive, che, con il loro lavoro, hanno dato origine ad una serie di laghi di diversa profondità, che si sono riempiti con le acque di falda. Essi dimostrano come la natura ten­de a colonizzare i nuovi spazi a vantaggio delle specie vegetali pio­niere, nitrofile, ruderali. Vicino al SIC" Meandri del fiume Ronco", si trova la Riserva Naturale Orien­tata "Bosco di Scardavilla", che sorge nel comune di Meldola. Sulla strada che congiunge Meldola a Forlimpopoli sorge la settecentesca villa Paulucci Merlini.

Appennino, parchi e diga

L’Appennino Tosco Romagnolo è una parte dell’Appennino settentrionale che tocca la Romagna, la Toscana, la Repubblica di San Marino e i territori più a nord di Marche e Umbria. Il picco più alto è segnato dal Monte Falco (1.658 m s.l.m., al confine tra le province di Forlì-Cesena, Arezzo e Firenze); il punto più a est è il promontorio di Fiorenzuola di Focara, l’estremo sud è segnato da Bocca Serriola (valico nel territorio umbro-marchigiano) mentre il punto più a ovest è il Passo della Futa (provincia di Firenze). Nel versante romagnolo sono comprese la Valconca e la Valmarecchia, la Valle del Savio e la Valle del Ronco, il Montefeltro e gli Appennini riminese, cesenate, folivese, imolese, faentino. Tra le principali cime ci sono il Monte Fumaiolo (1.408 m), con la sorgente del Tevere, il Sasso di Simone (1.204 m) e Simoncello (1.221 m) e il Monte Carpegna (1.415 m). Fanno parte dell’Appennino Tosco Romagnolo il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, il Parco naturale regionale del Sasso Simone e Simoncello e il parco regionale della Vena del Gesso Romagnola.
Appennino tosco-romagnolo
L’Appennino Tosco Romagnolo è una parte dell’Appennino settentrionale che tocca la Romagna, la Toscana, la Repubblica di San Marino e i territori più a nord di Marche e Umbria. Il picco più alto è segnato dal Monte Falco (1.658 m s.l.m., al confine tra le province di Forlì-Cesena, Arezzo e Firenze); il punto più a est è il promontorio di Fiorenzuola di Focara, l’estremo sud è segnato da Bocca Serriola (valico nel territorio umbro-marchigiano) mentre il punto più a ovest è il Passo della Futa (provincia di Firenze). Nel versante romagnolo sono comprese la Valconca e la Valmarecchia, la Valle del Savio e la Valle del Ronco, il Montefeltro e gli Appennini riminese, cesenate, folivese, imolese, faentino. Tra le principali cime ci sono il Monte Fumaiolo (1.408 m), con la sorgente del Tevere, il Sasso di Simone (1.204 m) e Simoncello (1.221 m) e il Monte Carpegna (1.415 m). Fanno parte dell’Appennino Tosco Romagnolo il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, il Parco naturale regionale del Sasso Simone e Simoncello e il parco regionale della Vena del Gesso Romagnola.
Riserva naturale Campigna frazione di Santa Sofia La riserva naturale biogenetica Campigna è un'area naturale protetta statale in Emilia-Romagna istituita nel 1977, che fa parte del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, occupando una superficie di 1 375 ha nella provincia di Forlì-Cesena. La sua foresta è una delle 149 riserve naturali e foreste demaniali del Raggruppamento Carabinieri per la Biodiversità, inserita nel complesso delle Riserve Naturali Biogenetiche Casentinesi gestite dal Reparto Carabinieri Biodiversità di Pratovecchio (AR), nonché una Zona di Protezione Speciale riguardante la protezione degli uccelli e un Sito di interesse comunitario.
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Campigna
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Riserva naturale Campigna frazione di Santa Sofia La riserva naturale biogenetica Campigna è un'area naturale protetta statale in Emilia-Romagna istituita nel 1977, che fa parte del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, occupando una superficie di 1 375 ha nella provincia di Forlì-Cesena. La sua foresta è una delle 149 riserve naturali e foreste demaniali del Raggruppamento Carabinieri per la Biodiversità, inserita nel complesso delle Riserve Naturali Biogenetiche Casentinesi gestite dal Reparto Carabinieri Biodiversità di Pratovecchio (AR), nonché una Zona di Protezione Speciale riguardante la protezione degli uccelli e un Sito di interesse comunitario.
Nel cuore del Montefeltro, nella zona più settentrionale dell’Appennino umbro-marchigiano, vi è un’area protetta di quasi 5.000 ettari, che per un terzo ricade nel comune di Pennabilli, il centro abitato più a sud dell’Emilia Romagna. In un paesaggio di verdi e morbide colline, due colossi di roccia dalle cime piatte emergono come fossero giganti. Uno di fronte all’altro, da milioni di anni i grandi massi calcarei del Sasso Simone e del Simoncello, insieme al Monte Carpegna con i suoi 1415 m., si fronteggiano definendo l’orizzonte di tutta l’area. Il loro profilo è inconfondibile: visibili dall’Adriatico, da sempre sono un punto di riferimento fondamentale per chi attraversa questo territorio, imponendosi alla vista ed esercitando una grande forza evocativa. Attorno a loro si estendono boschi, prati e ambienti rurali punteggiati da castelli, rocche e borghi che raccontano storie affascinanti, come nel caso della città-fortezza del Sasso, edificata da Cosimo I de' Medici intorno alla metà del XVI sec.. Il parco ha una vegetazione molto diversificata. L’area attorno ai Sassi è caratterizzata da un grande bosco a dominanza di cerro, considerato uno dei più estesi d’Europa. Altre zone, invece, sono occupate da foreste miste di noccioli e aceri che nella stagione autunnale regalano un incredibile spettacolo di luci e ombre. Al centro, infine, si erge il profilo del Monte Carpegna rivestito in gran parte da prati sommitali che, nella tarda primavera, si colorano con un tappeto di orchidee, crochi e ranuncoli. La varietà di ambienti favorisce una fauna selvatica molto ricca. Accanto ai mammiferi tipici di collina e di media montagna, tra cui anche il lupo, vi è una significativa presenza di rapaci diurni e notturni come lo sparviero, l’astore, l’aquila reale e il falco pellegrino. Per chi vuole visitare e scoprire le bellezze del parco sono possibili diversi itinerari, a seconda degli interessi. In estate e in inverno si possono esercitare le più disparate attività sportive per vivere i suoi ambienti naturali, conoscere le particolarità geologiche e le rarità botaniche o anche incontrare la fauna selvatica o scoprire le testimonianze artistiche e monumentali presenti nel territorio.A piedi, a cavallo o in mountain bike, tutta l’area è servita da una ricca viabilità interna che permette di raggiungere la quasi totalità delle principali mete escursionistiche, tra cui si segnalano le ultime due tappe dell’Alta Via dei Parchi che dal Monte Fumaiolo conducono all’Eremo della Madonna del Faggio. Infine, tutto il comprensorio è dotato di aree attrezzate per i suoi ospiti e anche di un Museo Naturalistico (Pennabilli) e di un Parco Faunistico (Pian dei Prati), con animali domestici e selvatici e centri di educazione ambientale.
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Regional Natural Park of Sasso Simone and Simoncello
Via Rio Maggio
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Nel cuore del Montefeltro, nella zona più settentrionale dell’Appennino umbro-marchigiano, vi è un’area protetta di quasi 5.000 ettari, che per un terzo ricade nel comune di Pennabilli, il centro abitato più a sud dell’Emilia Romagna. In un paesaggio di verdi e morbide colline, due colossi di roccia dalle cime piatte emergono come fossero giganti. Uno di fronte all’altro, da milioni di anni i grandi massi calcarei del Sasso Simone e del Simoncello, insieme al Monte Carpegna con i suoi 1415 m., si fronteggiano definendo l’orizzonte di tutta l’area. Il loro profilo è inconfondibile: visibili dall’Adriatico, da sempre sono un punto di riferimento fondamentale per chi attraversa questo territorio, imponendosi alla vista ed esercitando una grande forza evocativa. Attorno a loro si estendono boschi, prati e ambienti rurali punteggiati da castelli, rocche e borghi che raccontano storie affascinanti, come nel caso della città-fortezza del Sasso, edificata da Cosimo I de' Medici intorno alla metà del XVI sec.. Il parco ha una vegetazione molto diversificata. L’area attorno ai Sassi è caratterizzata da un grande bosco a dominanza di cerro, considerato uno dei più estesi d’Europa. Altre zone, invece, sono occupate da foreste miste di noccioli e aceri che nella stagione autunnale regalano un incredibile spettacolo di luci e ombre. Al centro, infine, si erge il profilo del Monte Carpegna rivestito in gran parte da prati sommitali che, nella tarda primavera, si colorano con un tappeto di orchidee, crochi e ranuncoli. La varietà di ambienti favorisce una fauna selvatica molto ricca. Accanto ai mammiferi tipici di collina e di media montagna, tra cui anche il lupo, vi è una significativa presenza di rapaci diurni e notturni come lo sparviero, l’astore, l’aquila reale e il falco pellegrino. Per chi vuole visitare e scoprire le bellezze del parco sono possibili diversi itinerari, a seconda degli interessi. In estate e in inverno si possono esercitare le più disparate attività sportive per vivere i suoi ambienti naturali, conoscere le particolarità geologiche e le rarità botaniche o anche incontrare la fauna selvatica o scoprire le testimonianze artistiche e monumentali presenti nel territorio.A piedi, a cavallo o in mountain bike, tutta l’area è servita da una ricca viabilità interna che permette di raggiungere la quasi totalità delle principali mete escursionistiche, tra cui si segnalano le ultime due tappe dell’Alta Via dei Parchi che dal Monte Fumaiolo conducono all’Eremo della Madonna del Faggio. Infine, tutto il comprensorio è dotato di aree attrezzate per i suoi ospiti e anche di un Museo Naturalistico (Pennabilli) e di un Parco Faunistico (Pian dei Prati), con animali domestici e selvatici e centri di educazione ambientale.
A meno di 50 km da Forlì, a cavallo del crinale appenninico, si estende uno dei patrimoni forestali più importanti d’Italia, considerato un vero e proprio paradiso per gli amanti della montagna e della natura.Si tratta di un’area molto particolare non solo perché propone a chi la visita un’estrema varietà di paesaggi, ma anche perché è in grado di offrire un ventaglio di opportunità, itinerari ed esperienze a dir poco incredibili. Passeggiando tra abeti, freschi ruscelli e suggestive cascate, si respira la mistica atmosfera di luoghi come gli eremi di Camaldoli e La Verna che nei secoli hanno accolto importanti personaggi di fede e di pensiero (Dante Alighieri, Ludovico Ariosto, San Romualdo e San Francesco d’Assisi). A differenza della parte toscana dove il paesaggio appare più dolce con boschi, pascoli, castagneti e campi coltivati, il lato romagnolo mostra ripidi versanti ricoperti da un folto manto boscoso, alternati da stratificazioni di roccia nuda, e coltivi abbandonati, ai cui margini spuntano piccole chiese, mulini in pietra e antichi borghi disabitati. Risalendo le valli selvagge fino a incontrare le pendici dei monti Falco e Falterona, ci sono alcuni dei siti più belli di tutto l’Appennino Emiliano Romagnolo. Tra questi impossibile non ricordare le cascate dell’Acquacheta, nei pressi dell’abitato di San Benedetto in Alpe; la foresta di Campigna con il maestoso Palazzo Granducale, residenza di caccia dei Lorena; il borgo di Ridracoli con la sua diga artificiale e infine la Riserva Integrale di Sasso Fratino, con la sua faggeta secolare, Patrimonio dell’Umanità. Non bisogna poi tralasciare la fauna locale, con ogni probabilità la più ricca e diversificata di tutto l’Appennino: cinghiali, cervi, caprioli, daini, tantissimi uccelli e la suggestiva presenza del lupo. Il parco offre infinite possibilità escursionistiche in tutte le stagioni: oltre 600 km di sentieri da percorrere a piedi o in mountain bike, percorsi natura e ad alta accessibilità. Il periodo migliore è la primavera quando le foreste primordiali si risvegliano con tutta la loro energia. In estate ci si può lasciare andare a lunghe escursioni mentre l’autunno regala un caleidoscopio di immagini, colori e sapori, con il foliage delle sue foreste e le gustose sagre gastronomiche nei paesi del circondario. In inverno, invece, ci si può perdere nei suoi infiniti orizzonti innevati. Ci sono le piste di sci e di bob, i percorsi di fondo, le discese per lo snowboard, i campi scuola e gli immancabili itinerari tra i boschi con le ciaspole ai piedi. A tutto ciò si aggiunge la bellezza dei piccoli centri abitati posti all’interno dell’area del parco, come Bagno di Romagna, Premilcuore, Santa Sofia, Tredozio e San Benedetto in Alpe, scrigni di tradizioni storiche e culturali assolutamente da conoscere e visitare.
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Nacionalni park šuma Casentinesi, Monte Falterona i Campigna
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A meno di 50 km da Forlì, a cavallo del crinale appenninico, si estende uno dei patrimoni forestali più importanti d’Italia, considerato un vero e proprio paradiso per gli amanti della montagna e della natura.Si tratta di un’area molto particolare non solo perché propone a chi la visita un’estrema varietà di paesaggi, ma anche perché è in grado di offrire un ventaglio di opportunità, itinerari ed esperienze a dir poco incredibili. Passeggiando tra abeti, freschi ruscelli e suggestive cascate, si respira la mistica atmosfera di luoghi come gli eremi di Camaldoli e La Verna che nei secoli hanno accolto importanti personaggi di fede e di pensiero (Dante Alighieri, Ludovico Ariosto, San Romualdo e San Francesco d’Assisi). A differenza della parte toscana dove il paesaggio appare più dolce con boschi, pascoli, castagneti e campi coltivati, il lato romagnolo mostra ripidi versanti ricoperti da un folto manto boscoso, alternati da stratificazioni di roccia nuda, e coltivi abbandonati, ai cui margini spuntano piccole chiese, mulini in pietra e antichi borghi disabitati. Risalendo le valli selvagge fino a incontrare le pendici dei monti Falco e Falterona, ci sono alcuni dei siti più belli di tutto l’Appennino Emiliano Romagnolo. Tra questi impossibile non ricordare le cascate dell’Acquacheta, nei pressi dell’abitato di San Benedetto in Alpe; la foresta di Campigna con il maestoso Palazzo Granducale, residenza di caccia dei Lorena; il borgo di Ridracoli con la sua diga artificiale e infine la Riserva Integrale di Sasso Fratino, con la sua faggeta secolare, Patrimonio dell’Umanità. Non bisogna poi tralasciare la fauna locale, con ogni probabilità la più ricca e diversificata di tutto l’Appennino: cinghiali, cervi, caprioli, daini, tantissimi uccelli e la suggestiva presenza del lupo. Il parco offre infinite possibilità escursionistiche in tutte le stagioni: oltre 600 km di sentieri da percorrere a piedi o in mountain bike, percorsi natura e ad alta accessibilità. Il periodo migliore è la primavera quando le foreste primordiali si risvegliano con tutta la loro energia. In estate ci si può lasciare andare a lunghe escursioni mentre l’autunno regala un caleidoscopio di immagini, colori e sapori, con il foliage delle sue foreste e le gustose sagre gastronomiche nei paesi del circondario. In inverno, invece, ci si può perdere nei suoi infiniti orizzonti innevati. Ci sono le piste di sci e di bob, i percorsi di fondo, le discese per lo snowboard, i campi scuola e gli immancabili itinerari tra i boschi con le ciaspole ai piedi. A tutto ciò si aggiunge la bellezza dei piccoli centri abitati posti all’interno dell’area del parco, come Bagno di Romagna, Premilcuore, Santa Sofia, Tredozio e San Benedetto in Alpe, scrigni di tradizioni storiche e culturali assolutamente da conoscere e visitare.
Sono 25 i km di paesaggi carsici, fatti di doline, grotte e valli cieche, che caratterizzano la grande dorsale argentea di gesso che si sviluppa sulle prime colline tra Imola e Faenza, tagliando trasversalmente le vallate dei fiumi Santerno, Senio, Sintria e Lamone. Gli impervi fronti rocciosi del Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola danno così vita a una sequenza di cime panoramiche che culminano nel Monte Mauro e spiccano sulle dolci colline circostanti e sui fondovalle, dove sorgono gli storici borghi di Brisighella e Riolo Terme, entrambi noti centri termali. Come nel vicino Parco Regionale dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell'Abbadessa, l'area presenta una morfologia molto particolare fatta di doline, valli cieche, profondi abissi e grotte di grande valore speleologico e archeologico. Nel mosaico di prati, arbusteti e boschi (roverella, cerro, orniello e acero) che segna l’intero comprensorio spiccano presenze vegetali influenzate dalle correnti calde dell'Adriatico come il leccio. Dal punto di vista botanico l'emblema del Parco è una piccola e rarissima felce (Cheilanthes persica) che cresce lungo le coste dell'Anatolia, in Caucaso e in poche altri luoghi, tra cui proprio le pendici del Monte Mauro, nei pressi dell’abitato di Brisighella. Il paesaggio è perlustrato dall’alto da rapaci in volo e popolato a terra da una fauna tipica delle aree collinari. Molto suggestivo è anche il mondo sotterraneo con invertebrati e pipistrelli. Il Parco sa offrire in ogni stagione dell’anno grandi emozioni. Una rete di sentieri ben segnalati, gestita direttamente dal Club Alpino Italiano (CAI) e in parte percorribili in mountain bike e a cavallo, consente di esplorare i vari settori in modo autonomo o grazie all’aiuto di guide esperte. Tra le escursioni più note, sono molto suggestive la salita che va da Tossignano a Monte del Casino e quella che conduce da Borgo Rivolta a Monte Mauro. Gli appassionati delle due ruote possono, invece, percorrere le due ciclovie e le quattro tappe dell’Alta Via dei Parchi che attraversano l’intero comprensorio. Nei pressi dei Centri Visita (Rifugio Ca’ Carné e “I Gessi e il Fiume” di Tossignano) ci sono aree attrezzate per trascorrere piacevoli picnic all’aria aperta, da soli o in famiglia, mentre nel corso dell’anno, fatta eccezione per l’inverno, vengono organizzate visite guidate alla scoperta della grotta del Re Tiberio e della Tanaccia. Non manca, poi, la buona cucina con i prodotti agroalimentari del territorio e, infine, un paio di km prima dell’abitato di Casola Valsenio, si segnala il Giardino delle Erbe Dimenticate con le sue oltre 400 piante officinali e aromatiche, punto di riferimento per la ricerca, la sperimentazione e la didattica.
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Regionalni park Vena del Gesso Romagnola
23 preporuka/e lokalaca
Sono 25 i km di paesaggi carsici, fatti di doline, grotte e valli cieche, che caratterizzano la grande dorsale argentea di gesso che si sviluppa sulle prime colline tra Imola e Faenza, tagliando trasversalmente le vallate dei fiumi Santerno, Senio, Sintria e Lamone. Gli impervi fronti rocciosi del Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola danno così vita a una sequenza di cime panoramiche che culminano nel Monte Mauro e spiccano sulle dolci colline circostanti e sui fondovalle, dove sorgono gli storici borghi di Brisighella e Riolo Terme, entrambi noti centri termali. Come nel vicino Parco Regionale dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell'Abbadessa, l'area presenta una morfologia molto particolare fatta di doline, valli cieche, profondi abissi e grotte di grande valore speleologico e archeologico. Nel mosaico di prati, arbusteti e boschi (roverella, cerro, orniello e acero) che segna l’intero comprensorio spiccano presenze vegetali influenzate dalle correnti calde dell'Adriatico come il leccio. Dal punto di vista botanico l'emblema del Parco è una piccola e rarissima felce (Cheilanthes persica) che cresce lungo le coste dell'Anatolia, in Caucaso e in poche altri luoghi, tra cui proprio le pendici del Monte Mauro, nei pressi dell’abitato di Brisighella. Il paesaggio è perlustrato dall’alto da rapaci in volo e popolato a terra da una fauna tipica delle aree collinari. Molto suggestivo è anche il mondo sotterraneo con invertebrati e pipistrelli. Il Parco sa offrire in ogni stagione dell’anno grandi emozioni. Una rete di sentieri ben segnalati, gestita direttamente dal Club Alpino Italiano (CAI) e in parte percorribili in mountain bike e a cavallo, consente di esplorare i vari settori in modo autonomo o grazie all’aiuto di guide esperte. Tra le escursioni più note, sono molto suggestive la salita che va da Tossignano a Monte del Casino e quella che conduce da Borgo Rivolta a Monte Mauro. Gli appassionati delle due ruote possono, invece, percorrere le due ciclovie e le quattro tappe dell’Alta Via dei Parchi che attraversano l’intero comprensorio. Nei pressi dei Centri Visita (Rifugio Ca’ Carné e “I Gessi e il Fiume” di Tossignano) ci sono aree attrezzate per trascorrere piacevoli picnic all’aria aperta, da soli o in famiglia, mentre nel corso dell’anno, fatta eccezione per l’inverno, vengono organizzate visite guidate alla scoperta della grotta del Re Tiberio e della Tanaccia. Non manca, poi, la buona cucina con i prodotti agroalimentari del territorio e, infine, un paio di km prima dell’abitato di Casola Valsenio, si segnala il Giardino delle Erbe Dimenticate con le sue oltre 400 piante officinali e aromatiche, punto di riferimento per la ricerca, la sperimentazione e la didattica.
Esistono lembi importanti di territorio italiano, oggi quasi tutti protetti, dove gli alberi nascono, crescono e invecchiano per secoli seguendo le leggi della Natura. Sasso Fratino, la prima Riserva Integrale italiana istituita, è uno di questi luoghi dal valore inestimabile. Dal 1977 compreso nelle Riserve naturali Casentinesi, protetto e gestito da decenni in modo esemplare dal Corpo Forestale dello Stato e facente parte del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Dopo un biennio di ricerche oggi sappiamo che a Sasso Fratino i faggi possono superare i quattro, cinque secoli d’età. Questi faggi sono quindi coevi di Cristoforo Colombo e Leonardo da Vinci. Per generazioni di studiosi Sasso Fratino ha costituito un laboratorio naturale dove apprendere il funzionamento degli ecosistemi e quindi sviluppare strategie per la conservazione della biodiversità. Il rinvenimento di alberi così vetusti qualifica quest’area anche per studi sulla biologia e l’ecologia dell’invecchiamento nel mondo vegetale. Si tratta di studi complessi non solo per l’arco temporale da indagare, ma anche per le condizioni ambientali difficili in cui vivono gli alberi vetusti. La ricerca in tali ambienti estremi è una vera e propria sfida che si vince con la collaborazione e la sinergia di diversi attori. Del resto la storia del rinvenimento di tali alberi vetusti è un esempio di collaborazione tra diverse professionalità. Così il Servizio Promozione, Conservazione, Ricerca e Divulgazione della Natura dell'Ente Parco ha attivato la ricerca sugli alberi vetusti del Parco, in collaborazione con l'Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Pratovecchio e il Dipartimento Dafne dell’Università della Tuscia, i cui ricercatori, del Laboratorio di Dendrologia, hanno prelevato quelle carotine legnose che ora stanno svelando i segreti della longevità dei faggi di Sasso Fratino.
Riserva naturale Sasso Fratino
Esistono lembi importanti di territorio italiano, oggi quasi tutti protetti, dove gli alberi nascono, crescono e invecchiano per secoli seguendo le leggi della Natura. Sasso Fratino, la prima Riserva Integrale italiana istituita, è uno di questi luoghi dal valore inestimabile. Dal 1977 compreso nelle Riserve naturali Casentinesi, protetto e gestito da decenni in modo esemplare dal Corpo Forestale dello Stato e facente parte del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Dopo un biennio di ricerche oggi sappiamo che a Sasso Fratino i faggi possono superare i quattro, cinque secoli d’età. Questi faggi sono quindi coevi di Cristoforo Colombo e Leonardo da Vinci. Per generazioni di studiosi Sasso Fratino ha costituito un laboratorio naturale dove apprendere il funzionamento degli ecosistemi e quindi sviluppare strategie per la conservazione della biodiversità. Il rinvenimento di alberi così vetusti qualifica quest’area anche per studi sulla biologia e l’ecologia dell’invecchiamento nel mondo vegetale. Si tratta di studi complessi non solo per l’arco temporale da indagare, ma anche per le condizioni ambientali difficili in cui vivono gli alberi vetusti. La ricerca in tali ambienti estremi è una vera e propria sfida che si vince con la collaborazione e la sinergia di diversi attori. Del resto la storia del rinvenimento di tali alberi vetusti è un esempio di collaborazione tra diverse professionalità. Così il Servizio Promozione, Conservazione, Ricerca e Divulgazione della Natura dell'Ente Parco ha attivato la ricerca sugli alberi vetusti del Parco, in collaborazione con l'Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Pratovecchio e il Dipartimento Dafne dell’Università della Tuscia, i cui ricercatori, del Laboratorio di Dendrologia, hanno prelevato quelle carotine legnose che ora stanno svelando i segreti della longevità dei faggi di Sasso Fratino.
Imola La riserva naturale orientata Bosco della Frattona è un'area naturale protetta situata nel comune di Imola e istituita nel 1984. La riserva è contenuta nel più ampio sito di interesse comunitario Bosco della Frattona che copre quasi 400 ettari
Riserva Naturale Orientata Bosco della Frattona
Via Suore
Imola La riserva naturale orientata Bosco della Frattona è un'area naturale protetta situata nel comune di Imola e istituita nel 1984. La riserva è contenuta nel più ampio sito di interesse comunitario Bosco della Frattona che copre quasi 400 ettari
La riserva naturale orientata di Onferno è un'area naturale protetta situata nel comune di Gemmano, in provincia di Rimini ed è stata istituita nel 1991. La riserva è nota ai più per le grotte carsiche e per le numerose colonie di pipistrelli in esse ospitati. La sede è nella antica Pieve di Santa Colomba, oggi restaurata e adibita a museo naturalistico che è un vero e proprio paradiso per i bimbi. Lo spazio espositivo è impostato con la logica del gioco e dell’interattività che stimolano la curiosità e l’attenzione dei bambini. Un museo, quindi, multimediale provvisto di una tecnologia di prim’ordine ma discreta, dolce e tanto lontana dai video giochi. Uno spazio ideale per la famiglia. Per i più coraggiosi, il Parco offre anche escursioni estive notturne, quando gli inquilini delle grotte, i pipistrelli, sono in grande fermento e volano da una parte all’altra.
Onferno oriented nature reserve
La riserva naturale orientata di Onferno è un'area naturale protetta situata nel comune di Gemmano, in provincia di Rimini ed è stata istituita nel 1991. La riserva è nota ai più per le grotte carsiche e per le numerose colonie di pipistrelli in esse ospitati. La sede è nella antica Pieve di Santa Colomba, oggi restaurata e adibita a museo naturalistico che è un vero e proprio paradiso per i bimbi. Lo spazio espositivo è impostato con la logica del gioco e dell’interattività che stimolano la curiosità e l’attenzione dei bambini. Un museo, quindi, multimediale provvisto di una tecnologia di prim’ordine ma discreta, dolce e tanto lontana dai video giochi. Uno spazio ideale per la famiglia. Per i più coraggiosi, il Parco offre anche escursioni estive notturne, quando gli inquilini delle grotte, i pipistrelli, sono in grande fermento e volano da una parte all’altra.
La riserva naturale biogenetica Badia Prataglia è un'area naturale protetta statale sui territori della Regione Toscana e della Regione Emilia Romagna istituita con Decreto Ministeriale del 13/7/1977. Occupa una superficie di 2526 ettari all'interno del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna. La porzione romagnola della Foresta è conosciuta come "Foresta della Lama", mentre quella toscana come "Foresta di Fiume d'Isola". La riserva è una delle 149 riserve naturali e foreste demaniali del Raggruppamento Carabinieri per la Biodiversità ed è inserita nel complesso delle Riserve Naturali Biogenetiche Casentinesi gestite dal Reparto Carabinieri Biodiversità di Pratovecchio (AR)
Riserva Statale Badia Prataglia
La riserva naturale biogenetica Badia Prataglia è un'area naturale protetta statale sui territori della Regione Toscana e della Regione Emilia Romagna istituita con Decreto Ministeriale del 13/7/1977. Occupa una superficie di 2526 ettari all'interno del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna. La porzione romagnola della Foresta è conosciuta come "Foresta della Lama", mentre quella toscana come "Foresta di Fiume d'Isola". La riserva è una delle 149 riserve naturali e foreste demaniali del Raggruppamento Carabinieri per la Biodiversità ed è inserita nel complesso delle Riserve Naturali Biogenetiche Casentinesi gestite dal Reparto Carabinieri Biodiversità di Pratovecchio (AR)
Riserva naturale orientata Bosco di Scardavilla a Meldola
Scardavilla
9 Str Gennarina
Riserva naturale orientata Bosco di Scardavilla a Meldola

Fiumi, torrenti e sorgenti

Fiumi storici, di interesse naturalistico o semplicemente voglia di fare il bagno
Valle del Sellustra, affluente del Sillaro Piccola valle che si risale dalla via Emilia partendo a nord di Imola, nei pressi di Toscanella. Il torrente Sellustra nasce da Monte la Pieve m. 506 e termina il suo corso di 26 km immetendosi nel torrente Sillaro, di cui è il principale affluente, in territorio Imolese. A monte della Via Emilia troviamo su un colle l'abitato di Dozza, unico comune della valle ed anche unico centro di una certa importanza. Superata Dozza si prosegue sulla SP34 (del gesso) che percorre il fondovalle del torrente. Proseguendo sulla strada di fondovalle, su percorso caratterizzato da ampi coltivi, zone incolte e calanchi si giunge all'immissione con la provinciale dei gessi che sale da Fontanelice. L'ultimo tratto, prima del bivio, rappresenta uno dei paesaggi più selvaggi dell'intera zona, con formazioni calanchive di notevole impatto. Alla nostra sinistra i monti dell'Acqua Salata m. 487, punto di inizio della Vena del Gesso Romagnola ed il monte la Pieve m. 508. Al bivio termina di fatto la valle del torrente Sellustra, proseguendo sulla Provinciale dei Gessi si raggiunge velocemente l'abitato di Sassoleone.
Sellustra
Valle del Sellustra, affluente del Sillaro Piccola valle che si risale dalla via Emilia partendo a nord di Imola, nei pressi di Toscanella. Il torrente Sellustra nasce da Monte la Pieve m. 506 e termina il suo corso di 26 km immetendosi nel torrente Sillaro, di cui è il principale affluente, in territorio Imolese. A monte della Via Emilia troviamo su un colle l'abitato di Dozza, unico comune della valle ed anche unico centro di una certa importanza. Superata Dozza si prosegue sulla SP34 (del gesso) che percorre il fondovalle del torrente. Proseguendo sulla strada di fondovalle, su percorso caratterizzato da ampi coltivi, zone incolte e calanchi si giunge all'immissione con la provinciale dei gessi che sale da Fontanelice. L'ultimo tratto, prima del bivio, rappresenta uno dei paesaggi più selvaggi dell'intera zona, con formazioni calanchive di notevole impatto. Alla nostra sinistra i monti dell'Acqua Salata m. 487, punto di inizio della Vena del Gesso Romagnola ed il monte la Pieve m. 508. Al bivio termina di fatto la valle del torrente Sellustra, proseguendo sulla Provinciale dei Gessi si raggiunge velocemente l'abitato di Sassoleone.
Valle del Sillaro Il Torrente Sillaro nasce dalla cima Tre Poggioli m. 966 e dopo un corso di circa 73 Km raggiunta la Pianura Padana a Castel San Pietro Terme, prosegue il suo corso parzialmente incanalato fino al Reno, che raggiunge da destra nei pressi di Lavezzola. Il suo corso è accompagnato dalla strada di fondovalle SP 21 BO. A carattere torrentizio, la valle specialmente nella parte mediana è molto aperta e le pendenze che si incontrano non sono eccessive. Il corso superiore montano (da Sassoleone alla sorgente) è particolarmente tortuoso ed attraversa territori costituiti pricipalmente da argille scagliose cretacee. Lungo il suo corso non troviamo località sede Comunale, ma solo frazioni e fino a Sassoleone sono poche anche le case sparse. La vallata si risale partendo da Castel San Pietro Terme, seguire le indicazioni per Valle del Sillaro e Sassoleone. Il primo abitato che incontriamo è San Martino in Pedriolo in pochi chilometri la strada, con carreggiata stretta e tortuosa, inizia a risalire la valle, caratterizzata in questa parte inferiore da numerosi ed ampi specchi d'acqua, principalmente a carattere artificiale, che creano zone umide di un certo interesse. Notiamo fin da subito che la vegetazione su entrambe le sponde della vallata è caratterizzata da bassi cespugli e quasi totalmente priva di alberi ad alto fusto, caratteristiche questa che ci accompagnerà fino al culmine della valle. Dopo circa 15 Km troviamo il moderno Villaggio della Salute, centro specializzato in bagni termali, di sole e centro dell'agriturismo Wellness, in zona ecologicamente incontaminata e con più di 60 chilometri di percorsi in ambiente pedecollinare caratteristico. Si segue il tortuoso corso del torrente, in ambiente aspro e selvaggio, fino a giungere ai piedi di Sassoleone. Qui la strada lascia il fondovalle per inerpicarsi repentinamente e prima di raggiungere il paese troviamo un bivio, 24 Km da Castel San Pietro, a sinistra per Gesso - Valle del Sellustra - Fontanelice. Proseguendo a destra poche centinaia di metri e incontriamo Sassoleone, antico fortilizio medioevale, del castello è rimasta solo la torre, oggi utilizzata come campanile della Pieve. Due chilometri dopo l'abitato e incontriamo la deviazione per Castel del Rio (a sinistra) da ignorare. Si prosegue brevemente su una selletta dalla quale si può ammirare ampio panorama sulla sottostante valle del Sillaro e dalla parte opposta sulla valle del Santerno. Altri 2 km e troviamo l'abitato di Belvedere (m. 463) con interessante parrocchiale. Poco prima di entrare in paese una stele ricorda il sacrificio di 55 partigiani nel settembre del 1944 a Ca' di Guzzo. La strada prosegue tortuosa e in 3 Km si giunge al centro di Giugnola (m. 511) grossa frazione montana che si attraversa passando fra antichi edifici che stringono il passaggio quasi fossero posti a guardia dell'angusto passaggio. Lasciamo la Romagna ed entriamo in Toscana, Giugnola è infatti frazione del Comune di Firenzuola. Proseguiamo verso monte e in altri 3 km giungiamo all'ultimo centro abitato della valle, Piancaldoli m. 553 m, patria di Evangelista Torricelli, inventore del barometro. Ameno centro montano con caratteristiche costruzioni di stile chiaramente fiorentino. Si prosegue in lieve salita, la valle diviene sempre più ampia, e dopo circa 4 km si giunge ad un bivio, a sinistra per la Strada Provinciale Montanara, valle del Santerno e Firenzuola, noi proseguiamo diritto per Passo Raticosa. Ampi prati montani e vista che nelle giornate più chiare può spaziare quasi all'infinito. Circa 2 km ci separano da una delle formazioni più interessanti del nostro Appennino, di fronte si staglia, quasi fosse magicamente spuntato dai dolci declivi circostanti, il caratteristico Sasso di San Zenobi m. 900, erosione ofiolitica di materiale roccioso originatosi nel lontano Mar Ligure.
Sillaro
Valle del Sillaro Il Torrente Sillaro nasce dalla cima Tre Poggioli m. 966 e dopo un corso di circa 73 Km raggiunta la Pianura Padana a Castel San Pietro Terme, prosegue il suo corso parzialmente incanalato fino al Reno, che raggiunge da destra nei pressi di Lavezzola. Il suo corso è accompagnato dalla strada di fondovalle SP 21 BO. A carattere torrentizio, la valle specialmente nella parte mediana è molto aperta e le pendenze che si incontrano non sono eccessive. Il corso superiore montano (da Sassoleone alla sorgente) è particolarmente tortuoso ed attraversa territori costituiti pricipalmente da argille scagliose cretacee. Lungo il suo corso non troviamo località sede Comunale, ma solo frazioni e fino a Sassoleone sono poche anche le case sparse. La vallata si risale partendo da Castel San Pietro Terme, seguire le indicazioni per Valle del Sillaro e Sassoleone. Il primo abitato che incontriamo è San Martino in Pedriolo in pochi chilometri la strada, con carreggiata stretta e tortuosa, inizia a risalire la valle, caratterizzata in questa parte inferiore da numerosi ed ampi specchi d'acqua, principalmente a carattere artificiale, che creano zone umide di un certo interesse. Notiamo fin da subito che la vegetazione su entrambe le sponde della vallata è caratterizzata da bassi cespugli e quasi totalmente priva di alberi ad alto fusto, caratteristiche questa che ci accompagnerà fino al culmine della valle. Dopo circa 15 Km troviamo il moderno Villaggio della Salute, centro specializzato in bagni termali, di sole e centro dell'agriturismo Wellness, in zona ecologicamente incontaminata e con più di 60 chilometri di percorsi in ambiente pedecollinare caratteristico. Si segue il tortuoso corso del torrente, in ambiente aspro e selvaggio, fino a giungere ai piedi di Sassoleone. Qui la strada lascia il fondovalle per inerpicarsi repentinamente e prima di raggiungere il paese troviamo un bivio, 24 Km da Castel San Pietro, a sinistra per Gesso - Valle del Sellustra - Fontanelice. Proseguendo a destra poche centinaia di metri e incontriamo Sassoleone, antico fortilizio medioevale, del castello è rimasta solo la torre, oggi utilizzata come campanile della Pieve. Due chilometri dopo l'abitato e incontriamo la deviazione per Castel del Rio (a sinistra) da ignorare. Si prosegue brevemente su una selletta dalla quale si può ammirare ampio panorama sulla sottostante valle del Sillaro e dalla parte opposta sulla valle del Santerno. Altri 2 km e troviamo l'abitato di Belvedere (m. 463) con interessante parrocchiale. Poco prima di entrare in paese una stele ricorda il sacrificio di 55 partigiani nel settembre del 1944 a Ca' di Guzzo. La strada prosegue tortuosa e in 3 Km si giunge al centro di Giugnola (m. 511) grossa frazione montana che si attraversa passando fra antichi edifici che stringono il passaggio quasi fossero posti a guardia dell'angusto passaggio. Lasciamo la Romagna ed entriamo in Toscana, Giugnola è infatti frazione del Comune di Firenzuola. Proseguiamo verso monte e in altri 3 km giungiamo all'ultimo centro abitato della valle, Piancaldoli m. 553 m, patria di Evangelista Torricelli, inventore del barometro. Ameno centro montano con caratteristiche costruzioni di stile chiaramente fiorentino. Si prosegue in lieve salita, la valle diviene sempre più ampia, e dopo circa 4 km si giunge ad un bivio, a sinistra per la Strada Provinciale Montanara, valle del Santerno e Firenzuola, noi proseguiamo diritto per Passo Raticosa. Ampi prati montani e vista che nelle giornate più chiare può spaziare quasi all'infinito. Circa 2 km ci separano da una delle formazioni più interessanti del nostro Appennino, di fronte si staglia, quasi fosse magicamente spuntato dai dolci declivi circostanti, il caratteristico Sasso di San Zenobi m. 900, erosione ofiolitica di materiale roccioso originatosi nel lontano Mar Ligure.
Valle del Santerno Nell'antichità il fiume era chiamato Vatreno. Il Fiume Santerno nasce nei pressi del passo della Futa e confluisce dopo un percorso di 99 Km nel fiume Reno a sud della Statale 16 (Ravenna - Ferrara). La confluenza è stata creata artificialmente, in epoca Romana il fiume giunto in pianura si gettava nelle paludi che caratterizzavano un tempo la bassa Padana. Il suo corso a sud della Via Emilia è accompagnato dalla strada di fondovalle SP 610 (Montanara). I principali centri che si incontrano risalendo la vallata sono: Casalfiumanese Borgo Tossignano Fontanelice Castel del Rio Firenzuola La vallata si risale partendo da Imola, seguire le indicazioni per Firenze, percorrendo la provinciale Montanara. In 10,5 Km quasi pianeggianti si raggiunge Casalfiumanese, centro comunale. Il paese è diviso in due, la parte nuova costruita lungo la via Montanara ed il nucleo storico posto su una collinetta di 125 m., che si raggiunge con una deviazione sulla destra di circa 1 Km. Da Casalfiumanese è interessante percorrere la valletta laterale del Rio Casale, caratterizzata da spettacolari calanchi. Ritornati sulla Montanara incontriamo poco dopo gli abitati di Casalfiumanese e Riviera, piccolo nucleo di case a sinistra della strada, e interessante pieve del XIV sec.. Percorrendo altri 2 Km circa siamo a Borgo Tossignano, secondo centro comunale della vallata. Anche qui è opportuna una deviazione, al semaforo svoltare a sinistra, per raggiungere l'antico centro di Tossignano posto a 270 s.l.m. e fino al 1965 sede comunale. Lasciato Borgo Tossignano la valle inizia a restringersi ed il corso del Santerno si fa più incassato e molto più in basso rispetto al piano stradale. In circa 3 Km giungiamo a Fontanelice, 165 m. s.l.m. il nucleo storico si trova a destra della via Montanara e vi si accede passando sotto ad un voltone sormontato da torre campanaria. Da Fontanelice primi importanti assi di collegamento con le vallate parallele: - sulla destra deviazione per Sassoleone che ci consente di raggiungere le valli del Sillaro e dell'Idice, - sulla sinistra deviazione per Casola Valsenio, strada della lavanda, che, attraverso il passo del Prugno m. 532, ci consente di raggiungere la valle del Senio. Proseguendo sulla Montanara in circa 8 Km raggiungiamo l'ultimo Comune romagnolo della valle, Castel del Rio m. 230 s.l.m., già feudo della famiglia degli Alidosi. All’inizio dell'abitato ci accoglie imponente rocca e sul corso del Santerno troviamo il famoso ponte Alidosi, monumento nazionale dal 1817. Superato Castel del Rio in poco più di 6 Km siamo alla frazione di Moraduccio, da qui si entra nella regione Toscana, provincia di Firenze. Sulla destra, su di un poggetto al di là del fiume, troviamo il borgo abbandonato di Castiglioncello, antico castello posto a guardia dei confini. Altri 4 Km in valle sempre più stretta e caratterizzati da affioramenti di stratificazioni sedimentarie, ci portano a Coniale, piccolo nucleo di case a sinistra della via Montanara. QDa qui parte sulla sinistra la strada della Faggiola, che superato il valico del Paretaio a 880 m., conduce a Palazzuolo sul Senio. Superato Coniale ed il successivo abitato di San Pellegrino, la valle si amplia e la pendenza si attenua, iniziamo a notare sulle montagne circostanti diverse cave di arenaria, principale fonte di lavoro della zona. Giungiamo in breve alla periferia di Firenzuola, caratterizzata da diversi stabilimenti per la lavorazione della pietra. La cittadina, al cui centro storico si accede dalle antiche porte "Fiorentina" o "Bolognese", fu edificata intorno alla metà del XIV sec. dai fiorentini, quale caposaldo difensivo per contrastare gli Ubaldini (signori delle Apels). Proseguendo sulla SS 503 si giunge al Passo della Raticosa, con successiva deviazione a sinistra che transitando per Cornacchiaia e Castro San Martino si giunge al Passo della Futa m. 903, totali 11 Km questa strada segue il corso del fiume Santerno. Proseguendo verso sinistra si raggiunge passando per Rifredo il passo Giogo di Scarperia a 882 m., anche per questa strada totali 11 Km.
Santerno
Valle del Santerno Nell'antichità il fiume era chiamato Vatreno. Il Fiume Santerno nasce nei pressi del passo della Futa e confluisce dopo un percorso di 99 Km nel fiume Reno a sud della Statale 16 (Ravenna - Ferrara). La confluenza è stata creata artificialmente, in epoca Romana il fiume giunto in pianura si gettava nelle paludi che caratterizzavano un tempo la bassa Padana. Il suo corso a sud della Via Emilia è accompagnato dalla strada di fondovalle SP 610 (Montanara). I principali centri che si incontrano risalendo la vallata sono: Casalfiumanese Borgo Tossignano Fontanelice Castel del Rio Firenzuola La vallata si risale partendo da Imola, seguire le indicazioni per Firenze, percorrendo la provinciale Montanara. In 10,5 Km quasi pianeggianti si raggiunge Casalfiumanese, centro comunale. Il paese è diviso in due, la parte nuova costruita lungo la via Montanara ed il nucleo storico posto su una collinetta di 125 m., che si raggiunge con una deviazione sulla destra di circa 1 Km. Da Casalfiumanese è interessante percorrere la valletta laterale del Rio Casale, caratterizzata da spettacolari calanchi. Ritornati sulla Montanara incontriamo poco dopo gli abitati di Casalfiumanese e Riviera, piccolo nucleo di case a sinistra della strada, e interessante pieve del XIV sec.. Percorrendo altri 2 Km circa siamo a Borgo Tossignano, secondo centro comunale della vallata. Anche qui è opportuna una deviazione, al semaforo svoltare a sinistra, per raggiungere l'antico centro di Tossignano posto a 270 s.l.m. e fino al 1965 sede comunale. Lasciato Borgo Tossignano la valle inizia a restringersi ed il corso del Santerno si fa più incassato e molto più in basso rispetto al piano stradale. In circa 3 Km giungiamo a Fontanelice, 165 m. s.l.m. il nucleo storico si trova a destra della via Montanara e vi si accede passando sotto ad un voltone sormontato da torre campanaria. Da Fontanelice primi importanti assi di collegamento con le vallate parallele: - sulla destra deviazione per Sassoleone che ci consente di raggiungere le valli del Sillaro e dell'Idice, - sulla sinistra deviazione per Casola Valsenio, strada della lavanda, che, attraverso il passo del Prugno m. 532, ci consente di raggiungere la valle del Senio. Proseguendo sulla Montanara in circa 8 Km raggiungiamo l'ultimo Comune romagnolo della valle, Castel del Rio m. 230 s.l.m., già feudo della famiglia degli Alidosi. All’inizio dell'abitato ci accoglie imponente rocca e sul corso del Santerno troviamo il famoso ponte Alidosi, monumento nazionale dal 1817. Superato Castel del Rio in poco più di 6 Km siamo alla frazione di Moraduccio, da qui si entra nella regione Toscana, provincia di Firenze. Sulla destra, su di un poggetto al di là del fiume, troviamo il borgo abbandonato di Castiglioncello, antico castello posto a guardia dei confini. Altri 4 Km in valle sempre più stretta e caratterizzati da affioramenti di stratificazioni sedimentarie, ci portano a Coniale, piccolo nucleo di case a sinistra della via Montanara. QDa qui parte sulla sinistra la strada della Faggiola, che superato il valico del Paretaio a 880 m., conduce a Palazzuolo sul Senio. Superato Coniale ed il successivo abitato di San Pellegrino, la valle si amplia e la pendenza si attenua, iniziamo a notare sulle montagne circostanti diverse cave di arenaria, principale fonte di lavoro della zona. Giungiamo in breve alla periferia di Firenzuola, caratterizzata da diversi stabilimenti per la lavorazione della pietra. La cittadina, al cui centro storico si accede dalle antiche porte "Fiorentina" o "Bolognese", fu edificata intorno alla metà del XIV sec. dai fiorentini, quale caposaldo difensivo per contrastare gli Ubaldini (signori delle Apels). Proseguendo sulla SS 503 si giunge al Passo della Raticosa, con successiva deviazione a sinistra che transitando per Cornacchiaia e Castro San Martino si giunge al Passo della Futa m. 903, totali 11 Km questa strada segue il corso del fiume Santerno. Proseguendo verso sinistra si raggiunge passando per Rifredo il passo Giogo di Scarperia a 882 m., anche per questa strada totali 11 Km.
Sintria affluente del fiume Senio.
Sintria
Sintria affluente del fiume Senio.
Valle del Senio, affluente del Reno Il Fiume Senio nasce nei pressi del passo della Sambuca e sbocca nel fiume Reno dopo un percorso di 92 Km, tra Madonna del Bosco e Sant'Alberto (provincia di Ravenna). Anticamente il suo corso terminava nella laguna di Ravenna, nel VI sec. sfociava direttamente in mare, nel 1537 fu convogliato nell'alveo del Po di Primaro, oggi canale di bonifica in destra Reno. Nei pressi di Riolo Terme riceve in affluente il torrente Sintria. Il suo corso a sud della Via Emilia è accompagnato dalla strada di fondovalle SS 306 Casolana-Riolese. I principali centri che si incontrano scendendo la vallata sono: Palazzuolo Casola Valsenio Riolo Terme. La vallata si risale partendo da Castel Bolognese, a nord della cittadina, proseguendo sulla Via Emilia, deviazione a sinistra (seguire le indicazioni per Riolo Terme). In 8,5 Km di strada quasi pianeggiante si raggiunge Riolo Terme, antico e rinomato centro termale, nel centro interessante castello ben conservato e recentemente ristrutturato. Proseguendo sulla statale che ora diviene più stretta e tortuosa, ci troviamo ben presto nella zona "dei gessi" - sulla sinistra si può notare la grande cava di Monte Tondo. In 12 Km circa si raggiunge Casola Valsenio, centro turistico e "patria" delle erbe officinali. Da qui partono due importanti deviazioni (strade della lavanda): - deviando sulla destra valico del monte Prugno che conduce a Fontanelice (interessante ulteriore deviazione sul passo per Monte Battaglia), - deviando a sinistra per Zattaglia collegamento con Brisighella, percorrendo una delle strade più interessanti della zona con ampi panorami su formazioni calanchive e sulla vena del gesso. Proseguendo verso monte sulla statale poco dopo la frazione di Mercatale si entra in Toscana, (consigliata breve deviazione sulla sinistra per Badia di Susinana) e successivamente si giunge a Palazzuolo sul Senio (18 Km da Casola), antico mercatale fiorentino che conserva ancora la struttura medioevale ed un interessante e ben conservato centro storico. Da Palazzuolo deviazione a sinistra per Marradi transitanto per il passo Carnevale e sulla destra per Firenzuola attraverso il passo del Paretaio. Proseguendo verso monte in 8,7 Km raggiungiamo il passo di Sambuca 1061 m. e parte terminale della valle. Ampi panorami su versanti appenninici romagnolo e toscano. Dal Passo, in ulteriori 5,5 Km si raggiunge Colla Casaglia (valle del Lamone) immettendosi nella SS302 Faenza - Borgo San Lorenzo.
Senio
Valle del Senio, affluente del Reno Il Fiume Senio nasce nei pressi del passo della Sambuca e sbocca nel fiume Reno dopo un percorso di 92 Km, tra Madonna del Bosco e Sant'Alberto (provincia di Ravenna). Anticamente il suo corso terminava nella laguna di Ravenna, nel VI sec. sfociava direttamente in mare, nel 1537 fu convogliato nell'alveo del Po di Primaro, oggi canale di bonifica in destra Reno. Nei pressi di Riolo Terme riceve in affluente il torrente Sintria. Il suo corso a sud della Via Emilia è accompagnato dalla strada di fondovalle SS 306 Casolana-Riolese. I principali centri che si incontrano scendendo la vallata sono: Palazzuolo Casola Valsenio Riolo Terme. La vallata si risale partendo da Castel Bolognese, a nord della cittadina, proseguendo sulla Via Emilia, deviazione a sinistra (seguire le indicazioni per Riolo Terme). In 8,5 Km di strada quasi pianeggiante si raggiunge Riolo Terme, antico e rinomato centro termale, nel centro interessante castello ben conservato e recentemente ristrutturato. Proseguendo sulla statale che ora diviene più stretta e tortuosa, ci troviamo ben presto nella zona "dei gessi" - sulla sinistra si può notare la grande cava di Monte Tondo. In 12 Km circa si raggiunge Casola Valsenio, centro turistico e "patria" delle erbe officinali. Da qui partono due importanti deviazioni (strade della lavanda): - deviando sulla destra valico del monte Prugno che conduce a Fontanelice (interessante ulteriore deviazione sul passo per Monte Battaglia), - deviando a sinistra per Zattaglia collegamento con Brisighella, percorrendo una delle strade più interessanti della zona con ampi panorami su formazioni calanchive e sulla vena del gesso. Proseguendo verso monte sulla statale poco dopo la frazione di Mercatale si entra in Toscana, (consigliata breve deviazione sulla sinistra per Badia di Susinana) e successivamente si giunge a Palazzuolo sul Senio (18 Km da Casola), antico mercatale fiorentino che conserva ancora la struttura medioevale ed un interessante e ben conservato centro storico. Da Palazzuolo deviazione a sinistra per Marradi transitanto per il passo Carnevale e sulla destra per Firenzuola attraverso il passo del Paretaio. Proseguendo verso monte in 8,7 Km raggiungiamo il passo di Sambuca 1061 m. e parte terminale della valle. Ampi panorami su versanti appenninici romagnolo e toscano. Dal Passo, in ulteriori 5,5 Km si raggiunge Colla Casaglia (valle del Lamone) immettendosi nella SS302 Faenza - Borgo San Lorenzo.
Valle del Tramazzo - Marzeno Il Tramazzo nasce dall'Alpe di San Benedetto, nei pressi del Colle Tramazzo e unendosi con i torrenti Acerreta e Ibola all'altezza dell'abitato di Modigliana forma il fiume Marzeno, che nei pressi di Faenza confluisce nel Fiume Lamone. I principali centri che si incontrano scendendo la vallata sono: Tredozio Modigliana. La vallata si risale partendo da Faenza (seguire le indicazioni per Modigliana). Nel primo tratto è abbastanza ampia, le prime colline sono coltivate e in gran parte impiantate a frutteto (principalmente kiwi). Dopo circa 20 Km incontriamo il primo e maggiore abitato , Modigliana, centro industriale e agricolo posto a 187 m. s.l.m.. Proseguendo sulla provinciale che si mantiene larga e scorrevole, in 10 Km si raggiunge il secondo centro della vallata Tredozio, centro turistico a m. 334 s.l.m.. Al termine dell'abitato, svoltando a destra e passando un ponte sul fiume Tramazzo, si prosegue verso monte per strada che continuando a seguire il corso del torrente, diviene più stretta ed inizia a risalire la parte terminale della vallata che da questo punto diventa più stretta ed impervia. Dopo pochi chilometri la strada diviene sterrata (fondo comunque buono), abbandona il fondovalle e con alcuni tornanti si porta in circa 14 Km ai 978 m. del passo Tramazzo, parte terminale della vallata.
Valico Colle del Tramazzo
Valle del Tramazzo - Marzeno Il Tramazzo nasce dall'Alpe di San Benedetto, nei pressi del Colle Tramazzo e unendosi con i torrenti Acerreta e Ibola all'altezza dell'abitato di Modigliana forma il fiume Marzeno, che nei pressi di Faenza confluisce nel Fiume Lamone. I principali centri che si incontrano scendendo la vallata sono: Tredozio Modigliana. La vallata si risale partendo da Faenza (seguire le indicazioni per Modigliana). Nel primo tratto è abbastanza ampia, le prime colline sono coltivate e in gran parte impiantate a frutteto (principalmente kiwi). Dopo circa 20 Km incontriamo il primo e maggiore abitato , Modigliana, centro industriale e agricolo posto a 187 m. s.l.m.. Proseguendo sulla provinciale che si mantiene larga e scorrevole, in 10 Km si raggiunge il secondo centro della vallata Tredozio, centro turistico a m. 334 s.l.m.. Al termine dell'abitato, svoltando a destra e passando un ponte sul fiume Tramazzo, si prosegue verso monte per strada che continuando a seguire il corso del torrente, diviene più stretta ed inizia a risalire la parte terminale della vallata che da questo punto diventa più stretta ed impervia. Dopo pochi chilometri la strada diviene sterrata (fondo comunque buono), abbandona il fondovalle e con alcuni tornanti si porta in circa 14 Km ai 978 m. del passo Tramazzo, parte terminale della vallata.
Torrente Acerreta L’Acerreta unendosi con i torrenti Tramazzo e Ibola all'altezza dell'abitato di Modigliana forma il fiume Marzeno, che nei pressi di Faenza confluisce nel Fiume Lamone. Nasce dal monte del Becco m. 1005 e a Modigliana si unisce al torrente Tramazzo e al torrente lbòla formando il torrente Marzeno. Costeggiato dalla strada Modigliana-Ponte della Valle.
Via di Valle Acerreta
Via di Valle Acerreta
Torrente Acerreta L’Acerreta unendosi con i torrenti Tramazzo e Ibola all'altezza dell'abitato di Modigliana forma il fiume Marzeno, che nei pressi di Faenza confluisce nel Fiume Lamone. Nasce dal monte del Becco m. 1005 e a Modigliana si unisce al torrente Tramazzo e al torrente lbòla formando il torrente Marzeno. Costeggiato dalla strada Modigliana-Ponte della Valle.
Valle del Lamone Il Fiume Lamone nasce dall'Alpe di San Benedetto nei pressi del valico di Colla Casaglia a m. 913 s.l.m. e sfocia, dopo un percorso di circa 90 Km., in Adriatico tra Comacchio e Ravenna. Il suo corso è accompagnato dalla strada di fondovalle SS302 Brisighellese/Ravennate, detta anche La Faentina. I principali centri che si incontrano scendendo la vallata sono: Marradi Brisighella. La vallata si risale partendo da Faenza, seguire le indicazioni per Brisighella. In 12 Km quasi pianeggianti si raggiunge il primo centro della valle Brisighella (centro termale) posto a 115 m. s.l.m.. A guardia del paese svettano le tre colline selenitiche sormontate dalla Torre dell'Orologio, dal Castello dei Veneziani e dalla Chiesa di Monticino. Borgo caratteristico che ha mantenuto nel tempo il suo aspetto tipicamente rinascimentale. Proseguendo sulla Statale si incontrano diverse frazioni, fra cui ricordiamo il grosso centro di Fognano, fino a giungere al Km 28 dove troviamo il confine amministrativo fra la Romagna e la Toscana. La strada continua a salire, in fregio al fiume Lamone ed alla linea ferroviaria, in valle sempre più stretta, fino a raggungere il secondo comune della vallata Marradi posto a 36 Km da Faenza. Circondato da rilievi appenninici piuttosto elevati Poggio Cavalmagra m. 911, Monte di Gamogna m. 1013, l'abitato è posto in uno dei punti più stretti dell'intera valle. Si prosegue lungo la statale, con pendenze più apprezzabili, sempre in fregio al torrente Lamone, mentre la ferrovia sempre più spesso scompare nel cuore delle montagne, fino a raggiungere l'ultimo centro abitato della valle Casaglia. Poche curve e il panorama si apre, la strada inizia l'ultimo tratto prima di arrivare al passo, circondata da ampi prati sui quali si affacciano sulla nostra destra i primi suggestivi contrafforti del Monte la Faggeta. Un'ultimo strappo e siamo sul passo di Colla Casaglia m. 913. Sul passo possibile deviazione sulla destra per Passo Sambuca e Palazzuolo sul Senio.
Fiume Lamone
Valle del Lamone Il Fiume Lamone nasce dall'Alpe di San Benedetto nei pressi del valico di Colla Casaglia a m. 913 s.l.m. e sfocia, dopo un percorso di circa 90 Km., in Adriatico tra Comacchio e Ravenna. Il suo corso è accompagnato dalla strada di fondovalle SS302 Brisighellese/Ravennate, detta anche La Faentina. I principali centri che si incontrano scendendo la vallata sono: Marradi Brisighella. La vallata si risale partendo da Faenza, seguire le indicazioni per Brisighella. In 12 Km quasi pianeggianti si raggiunge il primo centro della valle Brisighella (centro termale) posto a 115 m. s.l.m.. A guardia del paese svettano le tre colline selenitiche sormontate dalla Torre dell'Orologio, dal Castello dei Veneziani e dalla Chiesa di Monticino. Borgo caratteristico che ha mantenuto nel tempo il suo aspetto tipicamente rinascimentale. Proseguendo sulla Statale si incontrano diverse frazioni, fra cui ricordiamo il grosso centro di Fognano, fino a giungere al Km 28 dove troviamo il confine amministrativo fra la Romagna e la Toscana. La strada continua a salire, in fregio al fiume Lamone ed alla linea ferroviaria, in valle sempre più stretta, fino a raggungere il secondo comune della vallata Marradi posto a 36 Km da Faenza. Circondato da rilievi appenninici piuttosto elevati Poggio Cavalmagra m. 911, Monte di Gamogna m. 1013, l'abitato è posto in uno dei punti più stretti dell'intera valle. Si prosegue lungo la statale, con pendenze più apprezzabili, sempre in fregio al torrente Lamone, mentre la ferrovia sempre più spesso scompare nel cuore delle montagne, fino a raggiungere l'ultimo centro abitato della valle Casaglia. Poche curve e il panorama si apre, la strada inizia l'ultimo tratto prima di arrivare al passo, circondata da ampi prati sui quali si affacciano sulla nostra destra i primi suggestivi contrafforti del Monte la Faggeta. Un'ultimo strappo e siamo sul passo di Colla Casaglia m. 913. Sul passo possibile deviazione sulla destra per Passo Sambuca e Palazzuolo sul Senio.
Torrente Fiumicello, affluente del Fiume Rabbi Il torrente Fiumicello è il principale affluente del torrente Rabbi. È un torrente incontaminato che fa parte del parco delle Foreste Casentinesi, lungo la sua strada è possibile incontrare un meraviglioso mulino ancora attivo e visitabile. Acque pure e cristalline, in primavera sono ancora fredde e con pochi insetti, ma appena la temperatura sale questo torrente vive del suo splendore, gamberi di fiume, nostrani ovviamente, a dimostrazione della purezza delle sue acque e trote sono poche, piccole e ahimè abbastanza perseguitate, infatti abbiamo trovato tracce di pescatori prima di noi. Il Mulino Mengozzi abbandonato nel 1963 dopo secoli di attività, è stato pazientemente restaurato dai proprietari, i fratelli Mengozzi, che ne hanno aggiustato e ricostruito tutte le strutture. Così, dal 1993, dopo anni di silenzio, il mulino ha ripreso a funzionare. L’edificio è strutturato su tre piani. In quello più basso, quasi interamente interrato, vi è collocata la turbina, ossia una ruota idraulica con pale a semicucchiae in rovere, movimentata dal flusso d’acqua convogliato dalla condotta che collega il bottaccio, la vasca d’acqua esterna, al mulino. Il moto della ruota viene trasmesso al piano superiore attraverso un albero che la collega alle due macine disposte orizzontalemente, costituite da dischi di pietra, di notevole diametro e peso. Ogni macina è formata da un disco inferiore, fisso e da uno superiore, mobile, con la centro una bocca per il passaggio del grano e delle castagne da macinare. Esiste un dispositivo di regolazione della distanza fra le macine. La farina prodotta viene raccolta in un contenitore di pietra, detto matriccio, prospiciente le macine. L’ultimo piano del Mulino è l’abitazione della famiglia Mengozzi. L’acqua destinata ad alimentare il mulino viene prelevata dal torrente attraverso una presa costituita da una briglia in legno di castagno. Mediante questa chiusura artificiale l’acqua si alza di livello scorrendo in un canale laterale in direzione del mulino. Lungo questo canale esistono delle bocche di sfioro che provvedono a controllare il flusso dell’acqua. Al termine si trova una vasca (il bottaccio) da cui l’acqua cade direttamente, attraverso la tromba, sulla ruota idraulica di alimentazione delle macine. La forma conica del bottaccio e il dislivello di circa 8 m. consentono una notevole pressione dell’acqua sulle pale della turbina. Il Fiumicello è un torrente piccolo e insidioso per via della scarsità d'acqua e dei molti alberi caduti, ma offre scenari incredibili e meravigliosi. Nei weekend è visitatissimo dai turisti che fanno trekking per via del bellissimo percorso che lo attraversa più volte. Un bellissimo posto con poca acqua in estate e trote piccole di dimensioni e di numero, ma credetemi ne vale davvero la pena.
Torrente Fiumicello
Torrente Fiumicello, affluente del Fiume Rabbi Il torrente Fiumicello è il principale affluente del torrente Rabbi. È un torrente incontaminato che fa parte del parco delle Foreste Casentinesi, lungo la sua strada è possibile incontrare un meraviglioso mulino ancora attivo e visitabile. Acque pure e cristalline, in primavera sono ancora fredde e con pochi insetti, ma appena la temperatura sale questo torrente vive del suo splendore, gamberi di fiume, nostrani ovviamente, a dimostrazione della purezza delle sue acque e trote sono poche, piccole e ahimè abbastanza perseguitate, infatti abbiamo trovato tracce di pescatori prima di noi. Il Mulino Mengozzi abbandonato nel 1963 dopo secoli di attività, è stato pazientemente restaurato dai proprietari, i fratelli Mengozzi, che ne hanno aggiustato e ricostruito tutte le strutture. Così, dal 1993, dopo anni di silenzio, il mulino ha ripreso a funzionare. L’edificio è strutturato su tre piani. In quello più basso, quasi interamente interrato, vi è collocata la turbina, ossia una ruota idraulica con pale a semicucchiae in rovere, movimentata dal flusso d’acqua convogliato dalla condotta che collega il bottaccio, la vasca d’acqua esterna, al mulino. Il moto della ruota viene trasmesso al piano superiore attraverso un albero che la collega alle due macine disposte orizzontalemente, costituite da dischi di pietra, di notevole diametro e peso. Ogni macina è formata da un disco inferiore, fisso e da uno superiore, mobile, con la centro una bocca per il passaggio del grano e delle castagne da macinare. Esiste un dispositivo di regolazione della distanza fra le macine. La farina prodotta viene raccolta in un contenitore di pietra, detto matriccio, prospiciente le macine. L’ultimo piano del Mulino è l’abitazione della famiglia Mengozzi. L’acqua destinata ad alimentare il mulino viene prelevata dal torrente attraverso una presa costituita da una briglia in legno di castagno. Mediante questa chiusura artificiale l’acqua si alza di livello scorrendo in un canale laterale in direzione del mulino. Lungo questo canale esistono delle bocche di sfioro che provvedono a controllare il flusso dell’acqua. Al termine si trova una vasca (il bottaccio) da cui l’acqua cade direttamente, attraverso la tromba, sulla ruota idraulica di alimentazione delle macine. La forma conica del bottaccio e il dislivello di circa 8 m. consentono una notevole pressione dell’acqua sulle pale della turbina. Il Fiumicello è un torrente piccolo e insidioso per via della scarsità d'acqua e dei molti alberi caduti, ma offre scenari incredibili e meravigliosi. Nei weekend è visitatissimo dai turisti che fanno trekking per via del bellissimo percorso che lo attraversa più volte. Un bellissimo posto con poca acqua in estate e trote piccole di dimensioni e di numero, ma credetemi ne vale davvero la pena.
Valle del Rabbi, affluente del Montone Il Fiume Rabbi nasce dal Monte Falco, poco prima di giungere a Premilcuore riceve il suo affluente più importante, il torrente "Fiumicello". Confluisce dopo un percorso di circa 63 Km nel Fiume Montone nei pressi di Forlì. Il suo corso è accompagnato dalla strada di fondovalle SS 9/ter. I principali centri che si incontrano scendendo la vallata sono: Predappio Premilcuore. La vallata si risale partendo da Forlì - Viale dell'Appennino (seguire le indicazioni per Predappio) SS 9/ter. Dopo circa 20 Km incontriamo il primo e maggiore abitato , Predappio, centro industriale e agricolo posto a 133 m. s.l.m.. Vallata relativamente larga, strada tortuosa senza forti pendenze, fino a Strada San Zeno m. 281 s.l.m., da qui partono due importanti collegamenti con le vallate parallele del Montone e del Bidente (Rocca San Casciano in 10,7 Km tramite il passo delle Centoforche m. 551 e Galeata in 7 Km per il passo delle Forche m. 444). Proseguendo sulla statale, che si mantiene tortuosa, in 10 Km si raggiunge il secondo centro della vallata Premilcuore, centro turistico a m. 459 s.l.m.. Superato Premilcuore, in località Giumella, il fiume passa sotto l'arco di un interessante ponte in sasso (il ponte nuovo). Percorsi circa 5 Km si giunge al bivio per Fiumicello, da qui in 10,7 Km di strada in gran parte a fondo naturale, si può raggiungere la vallata del Bidente a Corniolo tramite il passo della Braccina m. 960. Proseguendo per la SS 9ter poco dopo il bivio incontriamo il caratteristico ponte del Gorgolaio (poco visibile dalla strada), nei pressi del ponte area attrezzata con tavoli e bracieri. Si continua a risalire la valle sempre più stretta e in circa 10 Km si raggiunge la Colla Tre Faggi m. 990 punto terminale della vallata. Sulla nostra destra il Poggio degli Orticati m. 1032, sulla sinistra Poggio Usciaioli m. 1093. Superata la Colla dopo circa 3 Km la SS 9ter si congiunge con la SS 67 della Valle del Montone.
Via Fiume Rabbi
Via Fiume Rabbi
Valle del Rabbi, affluente del Montone Il Fiume Rabbi nasce dal Monte Falco, poco prima di giungere a Premilcuore riceve il suo affluente più importante, il torrente "Fiumicello". Confluisce dopo un percorso di circa 63 Km nel Fiume Montone nei pressi di Forlì. Il suo corso è accompagnato dalla strada di fondovalle SS 9/ter. I principali centri che si incontrano scendendo la vallata sono: Predappio Premilcuore. La vallata si risale partendo da Forlì - Viale dell'Appennino (seguire le indicazioni per Predappio) SS 9/ter. Dopo circa 20 Km incontriamo il primo e maggiore abitato , Predappio, centro industriale e agricolo posto a 133 m. s.l.m.. Vallata relativamente larga, strada tortuosa senza forti pendenze, fino a Strada San Zeno m. 281 s.l.m., da qui partono due importanti collegamenti con le vallate parallele del Montone e del Bidente (Rocca San Casciano in 10,7 Km tramite il passo delle Centoforche m. 551 e Galeata in 7 Km per il passo delle Forche m. 444). Proseguendo sulla statale, che si mantiene tortuosa, in 10 Km si raggiunge il secondo centro della vallata Premilcuore, centro turistico a m. 459 s.l.m.. Superato Premilcuore, in località Giumella, il fiume passa sotto l'arco di un interessante ponte in sasso (il ponte nuovo). Percorsi circa 5 Km si giunge al bivio per Fiumicello, da qui in 10,7 Km di strada in gran parte a fondo naturale, si può raggiungere la vallata del Bidente a Corniolo tramite il passo della Braccina m. 960. Proseguendo per la SS 9ter poco dopo il bivio incontriamo il caratteristico ponte del Gorgolaio (poco visibile dalla strada), nei pressi del ponte area attrezzata con tavoli e bracieri. Si continua a risalire la valle sempre più stretta e in circa 10 Km si raggiunge la Colla Tre Faggi m. 990 punto terminale della vallata. Sulla nostra destra il Poggio degli Orticati m. 1032, sulla sinistra Poggio Usciaioli m. 1093. Superata la Colla dopo circa 3 Km la SS 9ter si congiunge con la SS 67 della Valle del Montone.
Valle del Montone, si unisce al fiume Ronco formando i Fiumi Uniti Il Fiume Montone nasce dall'Alpe di San Benedetto presso il Passo del Muraglione e confluisce nei pressi di Ravenna, dopo un percorso di circa 76 Km, nel Fiume Ronco formando i Fiumi Uniti. Il suo corso è accompagnato dalla strada di fondovalle SS 67 Tosco Romagnola. I principali centri che si incontrano scendendo la vallata sono: Portico - San Benedetto Rocca San Casciano Dovadola Castrocaro. La vallata si risale partendo da Forlì - Via Firenze (seguire le indicazioni per Castrocaro - Firenze) percorrendo la SS 67. In 12 Km pianeggianti, si raggiungono i primi centri abitati: Terra del Sole (antica cittadina medicea) e Castrocaro, centro termale posto a 68 m. s.l.m., ma già circondato dai primi rilievi. La vallata principale, come le piccole valli laterali, sono coltivate principalmente a granaglie. Proseguendo sulla Statale si raggiunge velocemente in circa 8 Km l'abitato di Dovadola (m. 140 s.l.m.), l'antica Rocca dei Guidi posta all'inizio del paese sembra quasi controllare l'accesso ai due "guadi" sul corso del Montone. Già dall'accesso al paese con ponte a "doppia curva" la strada diviene più tortuosa, e la valle inizia a restringersi. Proseguendo lungo la valle, in 7 Km si raggiunge Rocca San Casciano (m. 210 s.l.m.) importante centro industriale/agricolo della valle, dal quale partono importanti collegamenti diretti per le vallate del Rabbi e del Tramazzo (Tredozio, Modigliana, Predappio e Strada San Zeno). La statale prosegue seguendo il corso del fiume Montone, a volte vicino ed altre volte incassato in strette gole e in 6,5 Km raggiunge Portico di Romagna (m. 309 s.l.m.) paese che ha mantenuto intatto il suo centro storico, degradante verso il fiume.
Montone
Valle del Montone, si unisce al fiume Ronco formando i Fiumi Uniti Il Fiume Montone nasce dall'Alpe di San Benedetto presso il Passo del Muraglione e confluisce nei pressi di Ravenna, dopo un percorso di circa 76 Km, nel Fiume Ronco formando i Fiumi Uniti. Il suo corso è accompagnato dalla strada di fondovalle SS 67 Tosco Romagnola. I principali centri che si incontrano scendendo la vallata sono: Portico - San Benedetto Rocca San Casciano Dovadola Castrocaro. La vallata si risale partendo da Forlì - Via Firenze (seguire le indicazioni per Castrocaro - Firenze) percorrendo la SS 67. In 12 Km pianeggianti, si raggiungono i primi centri abitati: Terra del Sole (antica cittadina medicea) e Castrocaro, centro termale posto a 68 m. s.l.m., ma già circondato dai primi rilievi. La vallata principale, come le piccole valli laterali, sono coltivate principalmente a granaglie. Proseguendo sulla Statale si raggiunge velocemente in circa 8 Km l'abitato di Dovadola (m. 140 s.l.m.), l'antica Rocca dei Guidi posta all'inizio del paese sembra quasi controllare l'accesso ai due "guadi" sul corso del Montone. Già dall'accesso al paese con ponte a "doppia curva" la strada diviene più tortuosa, e la valle inizia a restringersi. Proseguendo lungo la valle, in 7 Km si raggiunge Rocca San Casciano (m. 210 s.l.m.) importante centro industriale/agricolo della valle, dal quale partono importanti collegamenti diretti per le vallate del Rabbi e del Tramazzo (Tredozio, Modigliana, Predappio e Strada San Zeno). La statale prosegue seguendo il corso del fiume Montone, a volte vicino ed altre volte incassato in strette gole e in 6,5 Km raggiunge Portico di Romagna (m. 309 s.l.m.) paese che ha mantenuto intatto il suo centro storico, degradante verso il fiume.
Valle del Bidente, cambia nome in fiume Ronco Anticamente chiamato Aqueductus (fiume Acquedotto). Il nome deriva probabilmente dalla particolarità che le acque del Bidente, oggi come nell'antichità, sono sempre state utilizzate per dissetare la pianura, tanto che Teodorico 497 d.C., soggiornò nei pressi di Galeata per far restaurare l'acquedotto che portava l'acqua a Ravenna. Già confine politico fra i Galli Boj e gli Umbri Sarsinati, nel Medioevo il ramo di Strabatenza sembra che dividesse l’Esarcato di Ravenna dalla Pentapoli. Tre rami principali danno origine a questo fiume e più precisamente: - Bidente di Corniolo, che ha origine dalla confluenza di due rami che nascono da poggio Scali e da Passo Calla, - Bidente di Ridracoli, che ha origine dalla confluenza di diversi rami secondari che formano l'invaso artificiale di Ridracoli e si unisce all'altezza di Isola con il Bidente di Corniolo, - Bidente di Pietrapazza che nasce dal Passo dei Mandrioli e si unisce agli altri due rami pochi chilomtri a monte di Santa Sofia. Il fiume poi scorre lungo l'omonima valle e poco dopo aver ricevuto l'affluente di destra Voltre, raggiunge Meldola e da qui assume il nome di Ronco. Si unisce infine nei pressi di Ravenna con il fiume Montone, dando origine ai Fiumi Uniti, per sfociare in Adriatico a Lido di Dante. Il suo corso è accompagnato dalla strada di fondovalle SS 310 Bidentina. I principali centri che si incontrano scendendo la vallata sono: Santa Sofia Galeata Civitella Meldola Bertinoro Risaliamo la vallata partendo da Forlimpopoli, sulla via Emilia a sud del paese, verso Cesena, prendere la deviazione segnalata per Bertinoro antico borgo posto su di un colle a 257 m. s.l.m., paese dell'ospitalità, patria del Sangiovese, balcone della Romagna. Da Bertinoro proseguire fino alla chiesetta di Polenta già ricordata da Dante nella Divina Commedia e successivamente scendere a Fratta Terme. In pochi chilometri raggiungiamo Meldola ed il fondovalle, attraversando il Bidente sull'antico ponte dei Veneziani di Meldola. Da questo paese seguiamo la SS310 del Bidente che segue costantemente il corso del fiume. Dopo 11 Km su strada ben percorribile e vallata ampia incontriamo il castello di Cusercoli, antico maniero che disposto traversalmente rispetto al nostro senso di marcia sembra quasi chiuderci la via. Da qui importante deviazione per le vallate del Voltre e del Borello, che con percorso altamente panoramico e caratterizzato da forti pendenze ci consente di visitare queste due valli interne caratterizzate da piccole frazioni ricche di storia e ruderi di antichi castelli. Proseguendo sulla statale, si prosegue per valle che pur rimanendo abbastanza ampia, inizia a restringersi, così come il corso del Bidente che scorre sempre più basso rispetto al piano stradale. In 7,3 im giungiamo al prossimo Comune della vallata Civitella di Romagna, interessanti l'antico borgo, deviazione sulla destra all'inizio del paese e l'imponente santuario di Santa Suasia, alla nostra sinistra a monte dell'abitato. Da Civitella di Romagna, poco dopo il centro del paese interessante deviazione, poco visibile, per Cigno - Civorio e vallata del Borello, ardito valico con pendenze dolomitiche e panorami stupendi con vista che può spaziare dall'Appennino all'Adriatico. La Statale prosegue seguendo il corso del Bidente, in questo tratto non visibile ed in appena 3 km raggiunge Galeata, sede comunale e centro ricco di storia. Da Galeata deviazione per la valle del Rabbi, valico del Monte delle Forche. Qui troviamo su un colle l'antica ed un tempo potentissima abbazia di Sant’Ellero, a monte del paese, in frazione Pianetto, possiamo visitare i pochi resti dell'antica e perduta città di Mevaniola, potente centro commerciale e politico fondato dagli Umbri e i ruderi dell'antico castello che controllava nell'antichità l'accesso alla valle. Circa 6 km di strada tortuosa ed in alcuni punti impegnativa ci portano all'ultimo comune della valle Santa Sofia. Da qui si diparte un passo conosciuto fin dall'antichità, il colle del Carnaio, che unisce la valle del Bidente con quella del Savio, direttrice principale fin dai tempi delle prime colonizzazioni e la via più breve per giungere a Roma. Deviazione per Bidente di Pietrapazza: seguendo questa direttrice, dopo circa 3 Km, su un tornante troviamo una deviazione per Poggio alla Lastra che ci consente di risalire il corso del ramo di Pietrapazza. Percorso inizialmente asfaltato, poi interamene su strada sterrata, che ci conduce in valle stretta ed immersa fra le magnifiche foreste del parco Nazionale fino alla chiesetta di Pietrapazza. Da qui la pista forestale (sbarrata) prosegue fino al passo dei Mandrioli. Proseguendo sulla SS 310 verso passo Calla raggiungiamo in 3 Km la frazione Capaccio, a sinistra gli impianti di potabilizzazione dell'acqua proveniente dalla diga di Ridracoli e la centrale elettrica. Deviazione per Bidente di Ridracoli: poco dopo Capaccio una deviazione ben segnalata sulla sinistra ci conduce in 9 Km di strada asfaltata e ben percorribile alla frazione di Ridracoli. Ulteriori 3 Km, accesso controllato e a pagamento, ci portano all'imponente sbarramento che forma il lago di Ridracoli, l'acquedotto della Romagna. Ramo di Corniolo: la SS 310 prosegue verso monte con percorso sempre più tortuoso e pendenze che iniziano a divenire importanti. In 10 Km raggiungiamo il centro di Corniolo, piccolo centro turistico tipico dell'alto Appennino, deviazione sulla destra per Premilcuore, su strada quasi interamente sterrata. Da qui la strada si inerpica con curve e controcurve, seguite da tornanti, fino a Campigna m. 1068 ultimo centro abitato, per giungere poi con un ultimo impegnativo tratto di 3 Km al passo Calla m. 1296 ardito passo fra Romagna e Toscana che lambisce le più alte cime di tutto il crinale appenninico Monte Falco e Falterona.
Bidente di Campigna
31 SS310
Valle del Bidente, cambia nome in fiume Ronco Anticamente chiamato Aqueductus (fiume Acquedotto). Il nome deriva probabilmente dalla particolarità che le acque del Bidente, oggi come nell'antichità, sono sempre state utilizzate per dissetare la pianura, tanto che Teodorico 497 d.C., soggiornò nei pressi di Galeata per far restaurare l'acquedotto che portava l'acqua a Ravenna. Già confine politico fra i Galli Boj e gli Umbri Sarsinati, nel Medioevo il ramo di Strabatenza sembra che dividesse l’Esarcato di Ravenna dalla Pentapoli. Tre rami principali danno origine a questo fiume e più precisamente: - Bidente di Corniolo, che ha origine dalla confluenza di due rami che nascono da poggio Scali e da Passo Calla, - Bidente di Ridracoli, che ha origine dalla confluenza di diversi rami secondari che formano l'invaso artificiale di Ridracoli e si unisce all'altezza di Isola con il Bidente di Corniolo, - Bidente di Pietrapazza che nasce dal Passo dei Mandrioli e si unisce agli altri due rami pochi chilomtri a monte di Santa Sofia. Il fiume poi scorre lungo l'omonima valle e poco dopo aver ricevuto l'affluente di destra Voltre, raggiunge Meldola e da qui assume il nome di Ronco. Si unisce infine nei pressi di Ravenna con il fiume Montone, dando origine ai Fiumi Uniti, per sfociare in Adriatico a Lido di Dante. Il suo corso è accompagnato dalla strada di fondovalle SS 310 Bidentina. I principali centri che si incontrano scendendo la vallata sono: Santa Sofia Galeata Civitella Meldola Bertinoro Risaliamo la vallata partendo da Forlimpopoli, sulla via Emilia a sud del paese, verso Cesena, prendere la deviazione segnalata per Bertinoro antico borgo posto su di un colle a 257 m. s.l.m., paese dell'ospitalità, patria del Sangiovese, balcone della Romagna. Da Bertinoro proseguire fino alla chiesetta di Polenta già ricordata da Dante nella Divina Commedia e successivamente scendere a Fratta Terme. In pochi chilometri raggiungiamo Meldola ed il fondovalle, attraversando il Bidente sull'antico ponte dei Veneziani di Meldola. Da questo paese seguiamo la SS310 del Bidente che segue costantemente il corso del fiume. Dopo 11 Km su strada ben percorribile e vallata ampia incontriamo il castello di Cusercoli, antico maniero che disposto traversalmente rispetto al nostro senso di marcia sembra quasi chiuderci la via. Da qui importante deviazione per le vallate del Voltre e del Borello, che con percorso altamente panoramico e caratterizzato da forti pendenze ci consente di visitare queste due valli interne caratterizzate da piccole frazioni ricche di storia e ruderi di antichi castelli. Proseguendo sulla statale, si prosegue per valle che pur rimanendo abbastanza ampia, inizia a restringersi, così come il corso del Bidente che scorre sempre più basso rispetto al piano stradale. In 7,3 im giungiamo al prossimo Comune della vallata Civitella di Romagna, interessanti l'antico borgo, deviazione sulla destra all'inizio del paese e l'imponente santuario di Santa Suasia, alla nostra sinistra a monte dell'abitato. Da Civitella di Romagna, poco dopo il centro del paese interessante deviazione, poco visibile, per Cigno - Civorio e vallata del Borello, ardito valico con pendenze dolomitiche e panorami stupendi con vista che può spaziare dall'Appennino all'Adriatico. La Statale prosegue seguendo il corso del Bidente, in questo tratto non visibile ed in appena 3 km raggiunge Galeata, sede comunale e centro ricco di storia. Da Galeata deviazione per la valle del Rabbi, valico del Monte delle Forche. Qui troviamo su un colle l'antica ed un tempo potentissima abbazia di Sant’Ellero, a monte del paese, in frazione Pianetto, possiamo visitare i pochi resti dell'antica e perduta città di Mevaniola, potente centro commerciale e politico fondato dagli Umbri e i ruderi dell'antico castello che controllava nell'antichità l'accesso alla valle. Circa 6 km di strada tortuosa ed in alcuni punti impegnativa ci portano all'ultimo comune della valle Santa Sofia. Da qui si diparte un passo conosciuto fin dall'antichità, il colle del Carnaio, che unisce la valle del Bidente con quella del Savio, direttrice principale fin dai tempi delle prime colonizzazioni e la via più breve per giungere a Roma. Deviazione per Bidente di Pietrapazza: seguendo questa direttrice, dopo circa 3 Km, su un tornante troviamo una deviazione per Poggio alla Lastra che ci consente di risalire il corso del ramo di Pietrapazza. Percorso inizialmente asfaltato, poi interamene su strada sterrata, che ci conduce in valle stretta ed immersa fra le magnifiche foreste del parco Nazionale fino alla chiesetta di Pietrapazza. Da qui la pista forestale (sbarrata) prosegue fino al passo dei Mandrioli. Proseguendo sulla SS 310 verso passo Calla raggiungiamo in 3 Km la frazione Capaccio, a sinistra gli impianti di potabilizzazione dell'acqua proveniente dalla diga di Ridracoli e la centrale elettrica. Deviazione per Bidente di Ridracoli: poco dopo Capaccio una deviazione ben segnalata sulla sinistra ci conduce in 9 Km di strada asfaltata e ben percorribile alla frazione di Ridracoli. Ulteriori 3 Km, accesso controllato e a pagamento, ci portano all'imponente sbarramento che forma il lago di Ridracoli, l'acquedotto della Romagna. Ramo di Corniolo: la SS 310 prosegue verso monte con percorso sempre più tortuoso e pendenze che iniziano a divenire importanti. In 10 Km raggiungiamo il centro di Corniolo, piccolo centro turistico tipico dell'alto Appennino, deviazione sulla destra per Premilcuore, su strada quasi interamente sterrata. Da qui la strada si inerpica con curve e controcurve, seguite da tornanti, fino a Campigna m. 1068 ultimo centro abitato, per giungere poi con un ultimo impegnativo tratto di 3 Km al passo Calla m. 1296 ardito passo fra Romagna e Toscana che lambisce le più alte cime di tutto il crinale appenninico Monte Falco e Falterona.
Fiume Ronco, si unisce al fiume Montone e formano i Fiumi Uniti Il Bidente-Ronco è un fiume che sviluppa il suo bacino idrografico nelle province di Forlì-Cesena e Ravenna, nell'Appennino tosco-romagnolo, da tre diversi rami del Bidente. Lungo il suo corso, appena giunto in pianura, il Bidente bagna il paese di Meldola; da questo punto, e più precisamente all'altezza del ponte dei Veneziani, assume la denominazione di Ronco, dal tardo latino runcus, sterpeto, terreno bonificato con la roncola. Prima di arrivare alla città di Forlì, tra le località di Selbagnone e di Magliano, attorno al suo corso si trova un'area naturale, annoverata fra i Siti di Importanza Comunitaria: i «Meandri del Fiume Ronco», estesa per 232 ettari. Arriva poi a est di Forlì ed attraversa una frazione, ormai divenuta a tutti gli effetti un quartiere, che prende il nome dal fiume stesso, Ronco. Poi lambisce tutto il lato sud di Forlì, prima di dirigersi verso Ravenna. Uscito da Forlì, il fiume prosegue la sua corsa completamente canalizzato e costeggiato dalla Statale Ravegnana. Giunge così a sud della città bizantina, dove si unisce con il fiume Montone andando a formare i Fiumi Uniti, per sfociare infine in Adriatico a Lido di Dante.
Bidente-Ronco
Fiume Ronco, si unisce al fiume Montone e formano i Fiumi Uniti Il Bidente-Ronco è un fiume che sviluppa il suo bacino idrografico nelle province di Forlì-Cesena e Ravenna, nell'Appennino tosco-romagnolo, da tre diversi rami del Bidente. Lungo il suo corso, appena giunto in pianura, il Bidente bagna il paese di Meldola; da questo punto, e più precisamente all'altezza del ponte dei Veneziani, assume la denominazione di Ronco, dal tardo latino runcus, sterpeto, terreno bonificato con la roncola. Prima di arrivare alla città di Forlì, tra le località di Selbagnone e di Magliano, attorno al suo corso si trova un'area naturale, annoverata fra i Siti di Importanza Comunitaria: i «Meandri del Fiume Ronco», estesa per 232 ettari. Arriva poi a est di Forlì ed attraversa una frazione, ormai divenuta a tutti gli effetti un quartiere, che prende il nome dal fiume stesso, Ronco. Poi lambisce tutto il lato sud di Forlì, prima di dirigersi verso Ravenna. Uscito da Forlì, il fiume prosegue la sua corsa completamente canalizzato e costeggiato dalla Statale Ravegnana. Giunge così a sud della città bizantina, dove si unisce con il fiume Montone andando a formare i Fiumi Uniti, per sfociare infine in Adriatico a Lido di Dante.
Il fiume Ronco, uscito da Forlì, prosegue la sua corsa completamente canalizzato e costeggiato dalla Statale Ravegnana. Il fiume Montone, dopo un percorso di circa 76 Km, si unisce, a sud della città bizantina di Ravenna, con il fiume Ronco formando i Fiumi Uniti e sfociare nel Mare Adriatico a Lido di Dante.
Uniti
Il fiume Ronco, uscito da Forlì, prosegue la sua corsa completamente canalizzato e costeggiato dalla Statale Ravegnana. Il fiume Montone, dopo un percorso di circa 76 Km, si unisce, a sud della città bizantina di Ravenna, con il fiume Ronco formando i Fiumi Uniti e sfociare nel Mare Adriatico a Lido di Dante.
Fossato naturale Bevanella, affluente del torrente Bevano Il Bevanella è un fossato della Romagna centrale che raccoglie le acque di scolo delle zone agricole di Casemurate e San Zaccaria in provincia di Ravenna e poi funge da canale di bonifica della ex Valle Standiana. Sfocia nel Bevano presso la Pineta di Classe, vicino a un lago di pesca sportiva dal nome omonimo.
Centro Visite Cubo Magico Bevanella
80 Via Canale Pergami
Fossato naturale Bevanella, affluente del torrente Bevano Il Bevanella è un fossato della Romagna centrale che raccoglie le acque di scolo delle zone agricole di Casemurate e San Zaccaria in provincia di Ravenna e poi funge da canale di bonifica della ex Valle Standiana. Sfocia nel Bevano presso la Pineta di Classe, vicino a un lago di pesca sportiva dal nome omonimo.
Fosso Ghiaia canale della Romagna, affluente del torrente Bevano Il Fosso Ghiaia è un canale della Romagna centrale che deriva dall'unione, in un unico corso, del Fossato Grande e del Fosso Ghiaia vero e proprio. Il Fossato Grande ha origine nel forlivese dalla confluenza degli scoli Tratturo, Re, Maggio e Carpena e riceve anche le acque del Canale Emiliano Romagnolo con funzioni irrigue. Il suo affluente principale è il Fiumicello. Un tempo il Fossato Grande disperdeva le sue acque nella Valle Standiana. La bonifica di inizio secolo ha permesso alle acque della valle di defluire al mare tramite il Fosso Ghiaia vero e proprio, così chiamato per l'abbondanza di ghiaia ricavata dalla sua escavazione. Attualmente tutto il corso ha nome Fosso Ghiaia ed è sorta anche una località omonima in prossimità della Pineta di Classe, ove il canale riceve, tramite due idrovore, le acque degli scoli Saviola e Acquara Bassa. Poi il Fosso Ghiaia attraversa la pineta fino alla valle dell'Ortazzo, dove sfocia nel Bevano in prossimità della foce dello stesso.
Fosso Ghiaia
558 Via Romea Sud
Fosso Ghiaia canale della Romagna, affluente del torrente Bevano Il Fosso Ghiaia è un canale della Romagna centrale che deriva dall'unione, in un unico corso, del Fossato Grande e del Fosso Ghiaia vero e proprio. Il Fossato Grande ha origine nel forlivese dalla confluenza degli scoli Tratturo, Re, Maggio e Carpena e riceve anche le acque del Canale Emiliano Romagnolo con funzioni irrigue. Il suo affluente principale è il Fiumicello. Un tempo il Fossato Grande disperdeva le sue acque nella Valle Standiana. La bonifica di inizio secolo ha permesso alle acque della valle di defluire al mare tramite il Fosso Ghiaia vero e proprio, così chiamato per l'abbondanza di ghiaia ricavata dalla sua escavazione. Attualmente tutto il corso ha nome Fosso Ghiaia ed è sorta anche una località omonima in prossimità della Pineta di Classe, ove il canale riceve, tramite due idrovore, le acque degli scoli Saviola e Acquara Bassa. Poi il Fosso Ghiaia attraversa la pineta fino alla valle dell'Ortazzo, dove sfocia nel Bevano in prossimità della foce dello stesso.
Torrente Bevano Il Bevàno è un torrente della Romagna il cui bacino è compreso tra quello dei Fiumi Uniti a nord e quello del Savio a sud. Le sue sorgenti si trovano alle pendici di Monte Maggio 329 m. nei pressi di Bertinoro in provincia di Forlì-Cesena. In pianura il torrente raccoglie le acque di molti fossati, scoli agricoli e canali di bonifica. Il Bevano prosegue il suo corso toccando le località Casemurate e San Zaccaria frazioni del Comune di Ravenna, in una zona dove un tempo vi era un'ampia palude, la Valle Standiana, ora bonificata. Nel suo basso corso viene affiancato da due scoli naturali, l'Acquara e la Bevanella, che confluiscono nel suo alveo presso la Pineta di Classe. Qui, vicino alla costa, tra il Bevano e il suo maggior affluente il Fosso Ghiaia, si trova la Valle dell'Ortazzo, noto sito naturalistico di interesse ornitologico: vi si possono osservare fenicotteri, aironi e cavalieri d'Italia. Dopo la confluenza del Fosso Ghiaia, si avvia alla foce, in una zona costiera ancora incontaminata, caratterizzata dalla presenza di pinete, dune sabbiose, anse abbandonate del torrente, stagni salmastri e zone umide, come l'Ortazzino. Qui sfocia nel mare Adriatico, in un estuario raggiungibile a nord da Lido di Dante, a sud da Lido di Classe e a ovest da una strada sterrata, via della Sacca, che costeggia la Pineta di Classe e si diparte dalla Statale Adriatica in località Fosso Ghiaia. La foce del Bevano La foce del Bevano presenta un elevato interesse naturalistico poiché è l'ultimo estuario meandriforme dell'alto Adriatico libero di evolvere naturalmente. L'area presenta numerosi vincoli paesaggistici e naturalistici. Il sito è classificato e tutelato come: - Zona Ramsar; - sito di importanza comunitaria, classificato IT4070009 con decreto ministeriale n. 65/2000 e denominato “Ortazzo, Ortazzino, Foce del Torrente Bevano”; - Riserva naturale Duna costiera ravennate e foce torrente Bevano” (D.M. 5 giugno 1979); - Stazione del Parco regionale del Delta del Po (Emilia-Romagna) denominata “Pineta di Classe e Saline di Cervia”; - Zona di vincolo idrogeologico. Ciascuna di queste cinque aree ha una superficie diversa: - La Zona Ramsar riguarda una piccola area comprendente l'ampia ansa descritta dal torrente prima di gettarsi in mare; - Il sito IT40700009 ha una superficie di 1256 ettari; - La riserva naturale, comprendente solamente la fascia litoranea, ha un'estensione di 64 ettari; - La stazione del Parco del Delta del Po comprende anch'essa la fascia litoranea, ma si prolunga a sud ed ha una superficie di qualche centinaio di ettari; - Anche la zona di vincolo idrogeologico ha un'estensione di qualche centinaio di ettari, comprendendo però un'area diversa dalla precedente.
Torrente Bevano
Torrente Bevano Il Bevàno è un torrente della Romagna il cui bacino è compreso tra quello dei Fiumi Uniti a nord e quello del Savio a sud. Le sue sorgenti si trovano alle pendici di Monte Maggio 329 m. nei pressi di Bertinoro in provincia di Forlì-Cesena. In pianura il torrente raccoglie le acque di molti fossati, scoli agricoli e canali di bonifica. Il Bevano prosegue il suo corso toccando le località Casemurate e San Zaccaria frazioni del Comune di Ravenna, in una zona dove un tempo vi era un'ampia palude, la Valle Standiana, ora bonificata. Nel suo basso corso viene affiancato da due scoli naturali, l'Acquara e la Bevanella, che confluiscono nel suo alveo presso la Pineta di Classe. Qui, vicino alla costa, tra il Bevano e il suo maggior affluente il Fosso Ghiaia, si trova la Valle dell'Ortazzo, noto sito naturalistico di interesse ornitologico: vi si possono osservare fenicotteri, aironi e cavalieri d'Italia. Dopo la confluenza del Fosso Ghiaia, si avvia alla foce, in una zona costiera ancora incontaminata, caratterizzata dalla presenza di pinete, dune sabbiose, anse abbandonate del torrente, stagni salmastri e zone umide, come l'Ortazzino. Qui sfocia nel mare Adriatico, in un estuario raggiungibile a nord da Lido di Dante, a sud da Lido di Classe e a ovest da una strada sterrata, via della Sacca, che costeggia la Pineta di Classe e si diparte dalla Statale Adriatica in località Fosso Ghiaia. La foce del Bevano La foce del Bevano presenta un elevato interesse naturalistico poiché è l'ultimo estuario meandriforme dell'alto Adriatico libero di evolvere naturalmente. L'area presenta numerosi vincoli paesaggistici e naturalistici. Il sito è classificato e tutelato come: - Zona Ramsar; - sito di importanza comunitaria, classificato IT4070009 con decreto ministeriale n. 65/2000 e denominato “Ortazzo, Ortazzino, Foce del Torrente Bevano”; - Riserva naturale Duna costiera ravennate e foce torrente Bevano” (D.M. 5 giugno 1979); - Stazione del Parco regionale del Delta del Po (Emilia-Romagna) denominata “Pineta di Classe e Saline di Cervia”; - Zona di vincolo idrogeologico. Ciascuna di queste cinque aree ha una superficie diversa: - La Zona Ramsar riguarda una piccola area comprendente l'ampia ansa descritta dal torrente prima di gettarsi in mare; - Il sito IT40700009 ha una superficie di 1256 ettari; - La riserva naturale, comprendente solamente la fascia litoranea, ha un'estensione di 64 ettari; - La stazione del Parco del Delta del Po comprende anch'essa la fascia litoranea, ma si prolunga a sud ed ha una superficie di qualche centinaio di ettari; - Anche la zona di vincolo idrogeologico ha un'estensione di qualche centinaio di ettari, comprendendo però un'area diversa dalla precedente.
Valle del Borello, affluente del Savio Il Torrente Borello nasce dal Monte Aiola m. 942 e dopo un corso di circa 30 Km si getta nel fiume Savio, nei pressi della frazione Borello. Il suo corso è accompagnato dalla strada di fondovalle provinciale del Borello. A carattere torrentizio, la valle è molto aperta e le pendenze che si incontrano non sono eccessive. Lungo il suo corso non troviamo Comuni, ma solo frazioni, le più popolate sono ai vertici della vallata Spinello (Comune di S. Sofia) e Borello (Comune di Cesena) e nella parte mediana Ranchio (Comune di Sarsina), poche anche le case sparse. La vallata si risale partendo da Borello (frazione di Cesena) seguire le indicazioni per Spinello. Superiamo velocemente le frazioni di Osteria di Piavola e San Romano (Comune di Mercato Saraceno) e in 9 Km quasi pianeggianti si raggiunge Linaro (Comune di Mercato Saraceno) antico borgo che risale al sec. XI, già feudo degli Aguselli, di qualche interesse la chiesa di Valleripa del sec. XVI. Da Linaro (m. 205) parte un'importante deviazione che, transitando per il passo Ciola m. 531 conduce a Mercato Saraceno. Interessante lungo il percorso la visita alla Pieve Romanica di Montesorbo. Proseguendo sulla Provinciale in 4,7 Km si giunge all'abitato di Ranchio m. 333 frazione di Sarsina, antico castello in epoca medioevale, con un interessante piccolo e antico borgo. Poco prima di entrare a Ranchio possibile deviazione sulla sinistra che in 12,8 Km per carrozzabile ben percorribile e molto panoramica ci porta a Sarsina. La strada prosegue con curve e controcurve, con andamento comunque sempre ben percorribile, fino a raggiungere in 7 Km il piccolo abitato di Civorio (frazione di Civitella di Romagna). Da notare sulla destra la parrocchiale, dalla quale parte la deviazione che conduce a Civitella di Romagna passando per Monte della Faggia e Passo Sulparo. Gli ultimi 8 Km, con valle che si mantiene comunque sempre larga, pendenze più marcate ma mai proibitive, ci portano a Spinello m. 825, Comune di Santa Sofia, ultimo paese della valle. In questo ultimo tratto ampi panorami sul monte Aiola m. 942 alla nostra destra, sul monte Mescolini m. 969 alla nostra sinistra e più in là, all'orizzonte, sull'intera giogaia dell'Appennino.
Borello
Valle del Borello, affluente del Savio Il Torrente Borello nasce dal Monte Aiola m. 942 e dopo un corso di circa 30 Km si getta nel fiume Savio, nei pressi della frazione Borello. Il suo corso è accompagnato dalla strada di fondovalle provinciale del Borello. A carattere torrentizio, la valle è molto aperta e le pendenze che si incontrano non sono eccessive. Lungo il suo corso non troviamo Comuni, ma solo frazioni, le più popolate sono ai vertici della vallata Spinello (Comune di S. Sofia) e Borello (Comune di Cesena) e nella parte mediana Ranchio (Comune di Sarsina), poche anche le case sparse. La vallata si risale partendo da Borello (frazione di Cesena) seguire le indicazioni per Spinello. Superiamo velocemente le frazioni di Osteria di Piavola e San Romano (Comune di Mercato Saraceno) e in 9 Km quasi pianeggianti si raggiunge Linaro (Comune di Mercato Saraceno) antico borgo che risale al sec. XI, già feudo degli Aguselli, di qualche interesse la chiesa di Valleripa del sec. XVI. Da Linaro (m. 205) parte un'importante deviazione che, transitando per il passo Ciola m. 531 conduce a Mercato Saraceno. Interessante lungo il percorso la visita alla Pieve Romanica di Montesorbo. Proseguendo sulla Provinciale in 4,7 Km si giunge all'abitato di Ranchio m. 333 frazione di Sarsina, antico castello in epoca medioevale, con un interessante piccolo e antico borgo. Poco prima di entrare a Ranchio possibile deviazione sulla sinistra che in 12,8 Km per carrozzabile ben percorribile e molto panoramica ci porta a Sarsina. La strada prosegue con curve e controcurve, con andamento comunque sempre ben percorribile, fino a raggiungere in 7 Km il piccolo abitato di Civorio (frazione di Civitella di Romagna). Da notare sulla destra la parrocchiale, dalla quale parte la deviazione che conduce a Civitella di Romagna passando per Monte della Faggia e Passo Sulparo. Gli ultimi 8 Km, con valle che si mantiene comunque sempre larga, pendenze più marcate ma mai proibitive, ci portano a Spinello m. 825, Comune di Santa Sofia, ultimo paese della valle. In questo ultimo tratto ampi panorami sul monte Aiola m. 942 alla nostra destra, sul monte Mescolini m. 969 alla nostra sinistra e più in là, all'orizzonte, sull'intera giogaia dell'Appennino.
SORGENTE DEL SAVIO Da queste fonti, sul Monte Castelvecchio a 1126 m. s.l.m., prende origine il fiume Savio che ha dato identità alla vallata. Nasce col nome di "Fosso Grosso" dal monte Castelvecchio, propaggine del massiccio del monte Fumaiolo, nei pressi di Montecoronaro. Prende poi il nome di Savio sotto il poggio di Verghereto dalla confluenza di alcuni torrenti nel Fosso Grosso. Nel 1974 sul luogo ove nasce è stato eretto un monumento in ferro su cui spiccano l'immagine del lupo, simbolo di Montecoronaro e gli anelli della caveja simbolo della Romagna.
Sorgente del Savio
SORGENTE DEL SAVIO Da queste fonti, sul Monte Castelvecchio a 1126 m. s.l.m., prende origine il fiume Savio che ha dato identità alla vallata. Nasce col nome di "Fosso Grosso" dal monte Castelvecchio, propaggine del massiccio del monte Fumaiolo, nei pressi di Montecoronaro. Prende poi il nome di Savio sotto il poggio di Verghereto dalla confluenza di alcuni torrenti nel Fosso Grosso. Nel 1974 sul luogo ove nasce è stato eretto un monumento in ferro su cui spiccano l'immagine del lupo, simbolo di Montecoronaro e gli anelli della caveja simbolo della Romagna.
Torrente Para, affluente del fiume Savio Il fiume Savio nel tratto compreso fra Bagno di Romagna e Sarsina riceve l'affluente di destra Para, assieme al quale va a formare il lago di Quarto.
Para (oasi)
Località Corneto
Torrente Para, affluente del fiume Savio Il fiume Savio nel tratto compreso fra Bagno di Romagna e Sarsina riceve l'affluente di destra Para, assieme al quale va a formare il lago di Quarto.
Valle del Savio Il Fiume Savio nasce sul Monte Castelvecchio m. 1126, Massiccio del Fumaiolo e sfocia, dopo un percorso di circa 126 Km., per andare infine a sfociare nel mar Adriatico fra Lido di Classe e Lido di Savio nei pressi di Cervia (Ra). Il suo corso è accompagnato dalla SS 3bis fino a Bagno di Romagna e successivamente dalla SS 71. Il corso del Savio interseca inoltre la superstrada E45, i cui piloni sono frequentemente "ospitati" dall'alveo del fiume. Nel tratto compreso fra Bagno di Romagna e Sarsina riceve l'affluente di destra Para, assieme al quale va a formare il lago di Quarto. Altro importante affluente è il Borello , questa volta di sinistra, che si congiunge al Savio poco prima di Cesena, all'altezza della frazione omonima. I principali centri che si incontrano scendendo la vallata sono: Verghereto Bagno di Romagna Sarsina Mercato Saraceno La vallata si risale partendo da Cesena - seguire le indicazioni per Bagno di Romagna, oppure per Roma. Per la verità il Savio si può risalire in almeno due modi: seguendo la Statale 71 oppure percorrendo la superstrada E45. Noi chiaramente seguiremo la statale. In 10 Km pianeggianti si raggiunge velocemente la frazione Borello di Cesena, e qui è di fatto il nostro punto di partenza. A Borello si incontra il primo importante bivio del nostro percorso. Una deviazione sulla destra (indicazioni Spinello – Civorio) ci permette di risalire la bella vallata del torrente Borello, che culmina nei pressi di Spinello (comune Santa Sofia), il percorso si immette poi nella provinciale del Passo del Carnaio, valico che unisce le vallate del Bidente e del Savio. Proseguendo lungo il percorso principale (attenzione, qui occorre seguire le indicazioni per Sorrivoli altrimenti ci ritroviamo sulla E45) poco dopo l'abitato troviamo un'altra interessante deviazione, questa volta alla nostra sinistra, con indicazioni Sorrivoli - Montecodruzzo. Questa bella strada, dopo aver valicato la Cima Dante mt 324 ci permette di raggiungere l'antico borgo di Montecodruzzo oppure il castello di Sorrivoli (entrambi comune di Roncofreddo) Superata questa possibile deviazione e proseguendo verso monte sulla statale, la strada inizia a “ricordarsi che stiamo andando verso la montagna”. Il tracciato diventa “nervoso” e con una serie di curve e controcurve supera un poggetto per poi ridiscendere lentamente fino a bivio Montegelli, piccola frazione del comune di Sogliano nella quale, come esplicitato bene da nome, ci troviamo ad un altro importante bivio. A sinistra indicazioni Montegelli e Sogliano è possibile raggiungere la vallata del Rubicone, attraverso un passo che si inerpica in un paesaggio quasi lunare (scarsissima la vegetazione ad alto fusto) fino a quota 444 per poi scendere a Sogliano (valle del Rubicone) Proseguiamo comunque senza ulteriori indugi sulla direttrice principale e raggiungiamo Mercato Saraceno (13 Km da Borello) Antico castrum edificato su tre terrazzi alluvionali denominati "piazza di sopra", "Borgo di mezzo " e piazza di sotto. Da Mercato partono due possibili deviazioni: Sulla destra all'inizio dell'abitato (all'altezza della strada che scende al centro storico) il passo Ciola (mt 531) ben conosciuto dai ciclisti locali, che in 14 .Km di buona strada, transitando per l'antico nucleo omonimo, conduce alla frazione Linaro (comune di Mercato) posta nella valle del Borello. A sinistra, oltrepassato il centro storico, il passo del Barbotto, anche questa mitica salita della gara ciclistica di gran fondo “Nove colli”. Al culmine della salita bivio per Perticara ( a destra) oppure Sogliano (sinistra). Lasciato Mercato Saraceno la vallata alterna tratti con alveo fluviale ampio, a tratti più stretti, in questi ultimi il fiume scorre incassato fra alte e friabili pareti marnoso-arenacee. Superiamo velocemente la frazone di Montecastello, ed in prossimità di un ponte in località Montepetra bassa incontriamo una ulteriore possibile deviazione. A sinistra, indicazioni Montepetra, inizia una strada che in pochi chilometri di ripida salita ci conduce a Montepetra alta. Caratteristico piccolo borgo appollaiato su un cucuzzolo dal quale si dominano le valli del Savio e dell'Uso; all'orizzonte ben riconoscibile la rupe di Perticara Proseguendo lungo la nostra direttrice originaria , superiamo velocemente la frazione di Sorbano e giungiamo (7,5 Km da Mercato) all'antica città di Sarsina. Sarsina, interamente edificata in sponda sinistra, in un punto in cui il Savio scorre in basso, incassato fra due alte pareti magnificamente lavorate dagli agenti atmosferici, è certamente la località più antica della valle. Patria del poeta latino Plauto, e meta di pellegrini che si recano alla basilica di San Vicinio, vescovo taumaturgo ed esorcista del XII secolo. Sede inoltre di un importante museo archeologico Nazionale. Possibili deviazioni da Sarsina: - Sant'Agata Feltria - Novafeltria e valle del Marecchia (prima di entrare nell'abitato) - Ranchio, antico borgo fortificato posto sul torrente Borello ( a destra dal centro di Sarsina, per Calbane e Passo Finocchio), - Tavolicci e Balze ( a sinistra, 1 Km oltre Sarsina) per asfaltata stretta ma ben tenuta, con mirabili paesaggi sul dolce ma tormentato profilo altimetrico di questa zona appenninica. Altri 10 chilometri abbastanza impegnativi, su strada che in alcuni tratti corre alta e letteralmente intagliata sulle pendici delle montagne e siamo alla frazione di Quarto. Una deviazione sulla sinistra, a fianco della chiesa, ci porta in poco alla diga di sbarramento sul corso dei fiumi Para e Savio che qui si congiungono. Lago originato da una enorme frana nel 1812 successivamente dotato di sbarramento al servizio di una centrale idroelettrica, soggetto negli anni ad un progressivo interramento, oggi gran parte del bacino è ricoperto da un folto canneto. Proseguendo sulla strada che oltrepassa la diga, si risale il corso del torrente Para, importante affluente di destra del Savio, e si raggiunge la stazione climatica di Alfero. Ritornati sulla statale. ci restano 10 chilometri che superiamo velocemente per raggiungere San Piero in Bagno, antico mercatale frazione di Bagno di Romagna, che dal 1865 ospita anche la sede del comune. Importante bivio fin dall'antichità, qui si incontravano le antiche direttrici di collegamento: La Sarsinate, proveniente da Cesena, e la Romipeta, proveniente da Forlì_Meldola, per poi ridividersi, la Sarsinate proseguiva verso l'Umbria passando dal monte Comero e dal passo Montecoronaro, mentre la Romipeta scavalcava l'Alpe presso al Passo Serra e conduceva a Roma. Tornando ai giorni nostri, a San Piero troviamo le seguenti deviazioni (procedendo verso monte): La provinciale del Valico del Carnaio, a destra all'inizio del paese, per Santa Sofia (valle del Bidente); La provinciale del Passo Incisa, deviazione a sinistra, per Alfero - monte Comero – monte Fumaiolo. Proseguendo sulla statale e quindi seguendo il corso del Savio, a 3 Km troviamo Bagno di Romagna, conosciuta fin dall'antichità per le virtù terapeutiche delle sue “acque calde”, oggi ameno centro montano che gravita attorno ai suoi famosi stabilimenti termali. Superato Bagno di Romagna si presentano due valide alternative per “superare” gli Appennini: A destra in 11 Km di ardito tracciato si raggiunge il Passo Mandrioli (mt. 1173) aperto nel 1882, valico che conduce a Badia Prataglia (Valle dell'Arno). A sinistra, seguendo il corso del Savio, si raggiunge in circa 6 Km Verghereto, antico castello posto alla sommità della valle, e ultimo comune del nostro percorso. Proseguiamo oltre il piccolo nucleo di Verghereto, la strada accenna a discendere e si immerge in un paesaggio unico nel suo genere (le marne di Verghereto), impennandosi poi per compiere l'ultimo balzo verso il Passo di Montecoronaro (mt 880) termine della vallata. Curiosità: Anticamente chiamato Sapis, da questo fiume prese il nome una delle tribù romane, la Sapinia, inserita nella sesta regione.
Savio
Valle del Savio Il Fiume Savio nasce sul Monte Castelvecchio m. 1126, Massiccio del Fumaiolo e sfocia, dopo un percorso di circa 126 Km., per andare infine a sfociare nel mar Adriatico fra Lido di Classe e Lido di Savio nei pressi di Cervia (Ra). Il suo corso è accompagnato dalla SS 3bis fino a Bagno di Romagna e successivamente dalla SS 71. Il corso del Savio interseca inoltre la superstrada E45, i cui piloni sono frequentemente "ospitati" dall'alveo del fiume. Nel tratto compreso fra Bagno di Romagna e Sarsina riceve l'affluente di destra Para, assieme al quale va a formare il lago di Quarto. Altro importante affluente è il Borello , questa volta di sinistra, che si congiunge al Savio poco prima di Cesena, all'altezza della frazione omonima. I principali centri che si incontrano scendendo la vallata sono: Verghereto Bagno di Romagna Sarsina Mercato Saraceno La vallata si risale partendo da Cesena - seguire le indicazioni per Bagno di Romagna, oppure per Roma. Per la verità il Savio si può risalire in almeno due modi: seguendo la Statale 71 oppure percorrendo la superstrada E45. Noi chiaramente seguiremo la statale. In 10 Km pianeggianti si raggiunge velocemente la frazione Borello di Cesena, e qui è di fatto il nostro punto di partenza. A Borello si incontra il primo importante bivio del nostro percorso. Una deviazione sulla destra (indicazioni Spinello – Civorio) ci permette di risalire la bella vallata del torrente Borello, che culmina nei pressi di Spinello (comune Santa Sofia), il percorso si immette poi nella provinciale del Passo del Carnaio, valico che unisce le vallate del Bidente e del Savio. Proseguendo lungo il percorso principale (attenzione, qui occorre seguire le indicazioni per Sorrivoli altrimenti ci ritroviamo sulla E45) poco dopo l'abitato troviamo un'altra interessante deviazione, questa volta alla nostra sinistra, con indicazioni Sorrivoli - Montecodruzzo. Questa bella strada, dopo aver valicato la Cima Dante mt 324 ci permette di raggiungere l'antico borgo di Montecodruzzo oppure il castello di Sorrivoli (entrambi comune di Roncofreddo) Superata questa possibile deviazione e proseguendo verso monte sulla statale, la strada inizia a “ricordarsi che stiamo andando verso la montagna”. Il tracciato diventa “nervoso” e con una serie di curve e controcurve supera un poggetto per poi ridiscendere lentamente fino a bivio Montegelli, piccola frazione del comune di Sogliano nella quale, come esplicitato bene da nome, ci troviamo ad un altro importante bivio. A sinistra indicazioni Montegelli e Sogliano è possibile raggiungere la vallata del Rubicone, attraverso un passo che si inerpica in un paesaggio quasi lunare (scarsissima la vegetazione ad alto fusto) fino a quota 444 per poi scendere a Sogliano (valle del Rubicone) Proseguiamo comunque senza ulteriori indugi sulla direttrice principale e raggiungiamo Mercato Saraceno (13 Km da Borello) Antico castrum edificato su tre terrazzi alluvionali denominati "piazza di sopra", "Borgo di mezzo " e piazza di sotto. Da Mercato partono due possibili deviazioni: Sulla destra all'inizio dell'abitato (all'altezza della strada che scende al centro storico) il passo Ciola (mt 531) ben conosciuto dai ciclisti locali, che in 14 .Km di buona strada, transitando per l'antico nucleo omonimo, conduce alla frazione Linaro (comune di Mercato) posta nella valle del Borello. A sinistra, oltrepassato il centro storico, il passo del Barbotto, anche questa mitica salita della gara ciclistica di gran fondo “Nove colli”. Al culmine della salita bivio per Perticara ( a destra) oppure Sogliano (sinistra). Lasciato Mercato Saraceno la vallata alterna tratti con alveo fluviale ampio, a tratti più stretti, in questi ultimi il fiume scorre incassato fra alte e friabili pareti marnoso-arenacee. Superiamo velocemente la frazone di Montecastello, ed in prossimità di un ponte in località Montepetra bassa incontriamo una ulteriore possibile deviazione. A sinistra, indicazioni Montepetra, inizia una strada che in pochi chilometri di ripida salita ci conduce a Montepetra alta. Caratteristico piccolo borgo appollaiato su un cucuzzolo dal quale si dominano le valli del Savio e dell'Uso; all'orizzonte ben riconoscibile la rupe di Perticara Proseguendo lungo la nostra direttrice originaria , superiamo velocemente la frazione di Sorbano e giungiamo (7,5 Km da Mercato) all'antica città di Sarsina. Sarsina, interamente edificata in sponda sinistra, in un punto in cui il Savio scorre in basso, incassato fra due alte pareti magnificamente lavorate dagli agenti atmosferici, è certamente la località più antica della valle. Patria del poeta latino Plauto, e meta di pellegrini che si recano alla basilica di San Vicinio, vescovo taumaturgo ed esorcista del XII secolo. Sede inoltre di un importante museo archeologico Nazionale. Possibili deviazioni da Sarsina: - Sant'Agata Feltria - Novafeltria e valle del Marecchia (prima di entrare nell'abitato) - Ranchio, antico borgo fortificato posto sul torrente Borello ( a destra dal centro di Sarsina, per Calbane e Passo Finocchio), - Tavolicci e Balze ( a sinistra, 1 Km oltre Sarsina) per asfaltata stretta ma ben tenuta, con mirabili paesaggi sul dolce ma tormentato profilo altimetrico di questa zona appenninica. Altri 10 chilometri abbastanza impegnativi, su strada che in alcuni tratti corre alta e letteralmente intagliata sulle pendici delle montagne e siamo alla frazione di Quarto. Una deviazione sulla sinistra, a fianco della chiesa, ci porta in poco alla diga di sbarramento sul corso dei fiumi Para e Savio che qui si congiungono. Lago originato da una enorme frana nel 1812 successivamente dotato di sbarramento al servizio di una centrale idroelettrica, soggetto negli anni ad un progressivo interramento, oggi gran parte del bacino è ricoperto da un folto canneto. Proseguendo sulla strada che oltrepassa la diga, si risale il corso del torrente Para, importante affluente di destra del Savio, e si raggiunge la stazione climatica di Alfero. Ritornati sulla statale. ci restano 10 chilometri che superiamo velocemente per raggiungere San Piero in Bagno, antico mercatale frazione di Bagno di Romagna, che dal 1865 ospita anche la sede del comune. Importante bivio fin dall'antichità, qui si incontravano le antiche direttrici di collegamento: La Sarsinate, proveniente da Cesena, e la Romipeta, proveniente da Forlì_Meldola, per poi ridividersi, la Sarsinate proseguiva verso l'Umbria passando dal monte Comero e dal passo Montecoronaro, mentre la Romipeta scavalcava l'Alpe presso al Passo Serra e conduceva a Roma. Tornando ai giorni nostri, a San Piero troviamo le seguenti deviazioni (procedendo verso monte): La provinciale del Valico del Carnaio, a destra all'inizio del paese, per Santa Sofia (valle del Bidente); La provinciale del Passo Incisa, deviazione a sinistra, per Alfero - monte Comero – monte Fumaiolo. Proseguendo sulla statale e quindi seguendo il corso del Savio, a 3 Km troviamo Bagno di Romagna, conosciuta fin dall'antichità per le virtù terapeutiche delle sue “acque calde”, oggi ameno centro montano che gravita attorno ai suoi famosi stabilimenti termali. Superato Bagno di Romagna si presentano due valide alternative per “superare” gli Appennini: A destra in 11 Km di ardito tracciato si raggiunge il Passo Mandrioli (mt. 1173) aperto nel 1882, valico che conduce a Badia Prataglia (Valle dell'Arno). A sinistra, seguendo il corso del Savio, si raggiunge in circa 6 Km Verghereto, antico castello posto alla sommità della valle, e ultimo comune del nostro percorso. Proseguiamo oltre il piccolo nucleo di Verghereto, la strada accenna a discendere e si immerge in un paesaggio unico nel suo genere (le marne di Verghereto), impennandosi poi per compiere l'ultimo balzo verso il Passo di Montecoronaro (mt 880) termine della vallata. Curiosità: Anticamente chiamato Sapis, da questo fiume prese il nome una delle tribù romane, la Sapinia, inserita nella sesta regione.
Sorgente del fiume Tevere Il 15/8/1934 fu inaugurata la stele che indica la sorgente del Tevere 1.205 m. s.l.m.. E' in travertino locale, alta 5 m. poggiante su un plinto e sormontata da un'aquila imperiale in bronzo; teste di lupa con anelli adornano lateralmente il monumento su cui è l'iscrizione: "Qui nasce il fiume sacro ai destini di Roma - O. N. D - XV agosto MCMXXXIV. A. XII. E. F.". Sorge su una vasca alimentata da una fontanella che sgorga dalla montagna: l'acqua, dopo aver lambito la stele, inizia il suo cammino verso Roma. Il luogo era conosciuto anche come "Le vene del Tevere", poichè il fiume nasceva dalla confluenza di due o tre ruscelli. Vi si accede con due bei percorsi completamenti immersi in una suggestiva faggeta: o dall'alto, scendendo dal Valico di Monte Fumaiolo SP43 o salendo dal "piazzale" sottostante, a lato della la SP43 che giunge da Balze.
Izvor Tiberije
26 SP43
Sorgente del fiume Tevere Il 15/8/1934 fu inaugurata la stele che indica la sorgente del Tevere 1.205 m. s.l.m.. E' in travertino locale, alta 5 m. poggiante su un plinto e sormontata da un'aquila imperiale in bronzo; teste di lupa con anelli adornano lateralmente il monumento su cui è l'iscrizione: "Qui nasce il fiume sacro ai destini di Roma - O. N. D - XV agosto MCMXXXIV. A. XII. E. F.". Sorge su una vasca alimentata da una fontanella che sgorga dalla montagna: l'acqua, dopo aver lambito la stele, inizia il suo cammino verso Roma. Il luogo era conosciuto anche come "Le vene del Tevere", poichè il fiume nasceva dalla confluenza di due o tre ruscelli. Vi si accede con due bei percorsi completamenti immersi in una suggestiva faggeta: o dall'alto, scendendo dal Valico di Monte Fumaiolo SP43 o salendo dal "piazzale" sottostante, a lato della la SP43 che giunge da Balze.
Sorgente del Rubicone A pochi chilometri da Sogliano al Rubicone, in località Strigara, trova la sua ambientazione, fra gli alberi del bosco che avvolge questo angolo di natura incontaminata, uno dei più controversi enigmi della storia. Il fiume Rubicone, il cui mito è stato immortalato dalla figura di Caio Giulio Cesare e dal suo indimenticabile atto di sfida riassunto nella celebre frase “iacta alea est” (il dado è tratto), trae le sue origini proprio fra queste colline incorniciate nel verde del preappennino romagnolo. Ora il fiume che noi conosciamo con il nome di Rubicone giunge alla sua foce nei pressi di Savignano Mare dopo aver percorso la pianura romagnola attraversando Savignano sul Rubicone e la località di Fiumicino. Tuttavia tale idronomo risale ad un periodo molto recente della nostra storia ovvero al 1933 quando Mussolini decise che l’allora località di Savignano di Romagna assumesse l’attuale denominazione decretando di fatto che il fiume che fino ad allora si chiamava Fiumicino (o Treponzio) fosse in realtà il Rubicone di Cesare.  Al contrario, secondo alcune tradizioni locali e, in particolar modo, in base ai documentati studi del compianto ingegner Antonio Veggiani, i fatti starebbero a raccontare tutta un’altra storia. Lasciata l’automobile nei pressi di un parcheggio ci siamo diretti verso il sentiero che porta verso le sorgenti dell’attuale Rubicone inoltrandoci con rapidità attraverso il bosco. Il Rubicone (ex Fiumicino) alle sue fonti si presenta come un piccolo ruscello che scende verso valle attraverso un modesto solco a forma di “V” scavato nel terreno della collina. Continuando il nostro percorso ci siamo arrampicati lungo un sentiero che si snoda attraverso gli alberi del bosco che circonda il colle di Strigara. Usciti dal bosco il nostro cammino è proseguito lungo un viottolo argilloso completamente brullo. Giunti alla fine si è aperto ai nostri occhi un grande spazio verde che ricorda molto da vicino un pascolo di alta montagna. In fondo a questo “pascolo” c’è una strada e, subito dopo, un cippo su cui è scritto a chiare lettere “URGON”2. Questa stele di pietra ci annuncia che abbiamo raggiunto le sorgenti di un torrente che è noto a tutti gli abitanti di Cesenatico, ma che nessuno si immaginerebbe di trovare in questa incantevole posizione. Stiamo parlando delle sorgenti del torrente Pisciatello. Una pozza d’acqua, una sorta di stagno con tanto di canne e ranocchie che nuotano al suo interno, la fonte da cui trae linfa un torrentello che attraversa prima il territorio di Roncofreddo e Montiano e poi giunge a valle vicino alla località di Calisese (Cesena). Da qui il suo letto si snoda lungo la pianura superando Ponte Pietra, Macerone e, attraversando il territorio comunale di Cesenatico nei pressi delle frazioni di Bagnarola, Villalta e Sala, giunge alla foce non prima di essersi riunito al Rubicone (ex Fiumicino), al torrente Rigossa e allo scolo Rigoncello. Gli studi del Veggiani e le tradizioni degli abitanti di Calisese e di Sogliano al Rubicone vorrebbero che le sorgenti dell’attuale Pisciatello in origine fossero le fonti da cui scaturiva il Rubicone di Cesare. Nell’alto Medioevo, a seguito di sconvolgimenti climatici, il Rubicone di Cesare, dopo una catastrofica alluvione, uscì dal proprio alveo e cambiò corso nei pressi di Calisese insinuandosi nel letto del torrente Pisciatello che traeva origine, fino a quel momento, dai corsi d’acqua del Rio Marano e del Rio Donegaglia. Al contrario il vecchio letto del Rubicone, rimasto privo di sorgenti, si trasformò in un piccolo scolo di pianura assumendo l’eloquente denominazione di Rigoncello. Nel corso dei secoli successivi gli alvei di numerosi corsi d’acqua che percorrono la pianura romagnola nell’attuale provincia di Forlì-Cesena hanno subito numerosi mutamenti che tuttavia non hanno reso impossibile una ricostruzione di massima di quelle che sono state le modificazioni dell’assetto idrografico del territorio. Rebus sic stantibus potremmo pertanto affermare che le acque che attualmente contribuiscono in maniera preponderante alla formazione della portata del torrente Pisciatello sgorgano da quelle che un tempo erano le sorgenti del fiume che divideva l’Italia romana dalla Gallia Cisalpina. Parimenti il Rigoncello, corso d’acqua che attualmente è, dai più, assolutamente sconosciuto, potrebbe essere considerato l’erede storico del letto di quel fiume reso immortale dall’impresa di Cesare e, quindi, dalla Storia. Abbiamo lasciato Strigara con la sensazione di aver assunto una maggiore consapevolezza di una realtà che è sempre stata sotto i nostri occhi, ma a cui non abbiamo mai attribuito quella importanza che essa, al contrario, meritava. Il torrente Pisciatello e lo scolo Rigoncello scorrono entrambi attraverso il territorio comunale di Cesenatico e si incontrano nelle vicinanze della località di Sala per poi sfociare assieme alla Rigossa e al Rubicone (ex Fiumicino) nella comune foce ad estuario di Savignano Mare. Questi corsi d’acqua che solcano le nostre campagne e attraversano i nostri centri urbani forse meriterebbero una maggiore valorizzazione da parte della cittadinanza di Cesenatico riconoscendo loro quell’importanza storica, connessa con l’antica rete viaria romana tutt’ora in parte sepolta, che forse per troppo tempo è stata loro negata. Rendere percorribili i loro argini da pedoni e biciclette forse aiuterebbe a ricostituire quel rapporto simbiontico tra l’uomo, il fiume ed il territorio che forse per troppo tempo è stato dimenticato.
Sorgente del Rubicone
Sorgente del Rubicone
Sorgente del Rubicone A pochi chilometri da Sogliano al Rubicone, in località Strigara, trova la sua ambientazione, fra gli alberi del bosco che avvolge questo angolo di natura incontaminata, uno dei più controversi enigmi della storia. Il fiume Rubicone, il cui mito è stato immortalato dalla figura di Caio Giulio Cesare e dal suo indimenticabile atto di sfida riassunto nella celebre frase “iacta alea est” (il dado è tratto), trae le sue origini proprio fra queste colline incorniciate nel verde del preappennino romagnolo. Ora il fiume che noi conosciamo con il nome di Rubicone giunge alla sua foce nei pressi di Savignano Mare dopo aver percorso la pianura romagnola attraversando Savignano sul Rubicone e la località di Fiumicino. Tuttavia tale idronomo risale ad un periodo molto recente della nostra storia ovvero al 1933 quando Mussolini decise che l’allora località di Savignano di Romagna assumesse l’attuale denominazione decretando di fatto che il fiume che fino ad allora si chiamava Fiumicino (o Treponzio) fosse in realtà il Rubicone di Cesare.  Al contrario, secondo alcune tradizioni locali e, in particolar modo, in base ai documentati studi del compianto ingegner Antonio Veggiani, i fatti starebbero a raccontare tutta un’altra storia. Lasciata l’automobile nei pressi di un parcheggio ci siamo diretti verso il sentiero che porta verso le sorgenti dell’attuale Rubicone inoltrandoci con rapidità attraverso il bosco. Il Rubicone (ex Fiumicino) alle sue fonti si presenta come un piccolo ruscello che scende verso valle attraverso un modesto solco a forma di “V” scavato nel terreno della collina. Continuando il nostro percorso ci siamo arrampicati lungo un sentiero che si snoda attraverso gli alberi del bosco che circonda il colle di Strigara. Usciti dal bosco il nostro cammino è proseguito lungo un viottolo argilloso completamente brullo. Giunti alla fine si è aperto ai nostri occhi un grande spazio verde che ricorda molto da vicino un pascolo di alta montagna. In fondo a questo “pascolo” c’è una strada e, subito dopo, un cippo su cui è scritto a chiare lettere “URGON”2. Questa stele di pietra ci annuncia che abbiamo raggiunto le sorgenti di un torrente che è noto a tutti gli abitanti di Cesenatico, ma che nessuno si immaginerebbe di trovare in questa incantevole posizione. Stiamo parlando delle sorgenti del torrente Pisciatello. Una pozza d’acqua, una sorta di stagno con tanto di canne e ranocchie che nuotano al suo interno, la fonte da cui trae linfa un torrentello che attraversa prima il territorio di Roncofreddo e Montiano e poi giunge a valle vicino alla località di Calisese (Cesena). Da qui il suo letto si snoda lungo la pianura superando Ponte Pietra, Macerone e, attraversando il territorio comunale di Cesenatico nei pressi delle frazioni di Bagnarola, Villalta e Sala, giunge alla foce non prima di essersi riunito al Rubicone (ex Fiumicino), al torrente Rigossa e allo scolo Rigoncello. Gli studi del Veggiani e le tradizioni degli abitanti di Calisese e di Sogliano al Rubicone vorrebbero che le sorgenti dell’attuale Pisciatello in origine fossero le fonti da cui scaturiva il Rubicone di Cesare. Nell’alto Medioevo, a seguito di sconvolgimenti climatici, il Rubicone di Cesare, dopo una catastrofica alluvione, uscì dal proprio alveo e cambiò corso nei pressi di Calisese insinuandosi nel letto del torrente Pisciatello che traeva origine, fino a quel momento, dai corsi d’acqua del Rio Marano e del Rio Donegaglia. Al contrario il vecchio letto del Rubicone, rimasto privo di sorgenti, si trasformò in un piccolo scolo di pianura assumendo l’eloquente denominazione di Rigoncello. Nel corso dei secoli successivi gli alvei di numerosi corsi d’acqua che percorrono la pianura romagnola nell’attuale provincia di Forlì-Cesena hanno subito numerosi mutamenti che tuttavia non hanno reso impossibile una ricostruzione di massima di quelle che sono state le modificazioni dell’assetto idrografico del territorio. Rebus sic stantibus potremmo pertanto affermare che le acque che attualmente contribuiscono in maniera preponderante alla formazione della portata del torrente Pisciatello sgorgano da quelle che un tempo erano le sorgenti del fiume che divideva l’Italia romana dalla Gallia Cisalpina. Parimenti il Rigoncello, corso d’acqua che attualmente è, dai più, assolutamente sconosciuto, potrebbe essere considerato l’erede storico del letto di quel fiume reso immortale dall’impresa di Cesare e, quindi, dalla Storia. Abbiamo lasciato Strigara con la sensazione di aver assunto una maggiore consapevolezza di una realtà che è sempre stata sotto i nostri occhi, ma a cui non abbiamo mai attribuito quella importanza che essa, al contrario, meritava. Il torrente Pisciatello e lo scolo Rigoncello scorrono entrambi attraverso il territorio comunale di Cesenatico e si incontrano nelle vicinanze della località di Sala per poi sfociare assieme alla Rigossa e al Rubicone (ex Fiumicino) nella comune foce ad estuario di Savignano Mare. Questi corsi d’acqua che solcano le nostre campagne e attraversano i nostri centri urbani forse meriterebbero una maggiore valorizzazione da parte della cittadinanza di Cesenatico riconoscendo loro quell’importanza storica, connessa con l’antica rete viaria romana tutt’ora in parte sepolta, che forse per troppo tempo è stata loro negata. Rendere percorribili i loro argini da pedoni e biciclette forse aiuterebbe a ricostituire quel rapporto simbiontico tra l’uomo, il fiume ed il territorio che forse per troppo tempo è stato dimenticato.
Torrente Pisciatello Approfondimento Le due immagini nel post del fiume Rubicone rappresentano una piccola parte di una grande mappa esposta nella galleria delle mappe ai Musei Vaticani. Queste mappe erano etichettate "Flaminia", nome riferito alla Romagna riprendendo la terminologia amministrativa tardo-antica. L'immagine 1 rappresenta il Rubicone e altri due fiumi che sfociano insieme nell'Adriatico nei pressi di Cesenatico e di Cervia. Nell'immagine 2 il Rubicone passa vicino a Cesena: oggi questo fiume si chiama Pisciatello, mentre quello che gli è parallelo a destra si chiama Rubicone. La controversia, di origine secolare, riguarda l'identificazione del corso d'acqua effettivamente attraversato da Giulio Cesare, diretto a Roma con le sue truppe, in violazione al divieto di varcare il limite entro il quale non era consentito portare eserciti. Il Pisciatello e il Rubicone ufficialmente riconosciuto possono essere confusi facilmente, in quanto le loro sorgenti hanno origine nella stessa area collinare, precisamente a Strigara nel territorio comunale di Sogliano al Rubicone e scendono ciascuno in valli parallele per sfociare al livello del mare nella zona di Gatteo. Il Pisciatello, chiamato anche "Urgòn" in antiche carte (parola in dialetto romagnolo che sarebbe da mettere in relazione a Rubicone), confluisce in prossimità del mare nel torrente Rigossa e nel torrente Fiumicino, formando un'unica foce. Secondo un'ipotesi, il Rubicone avrebbe mutato diverse volte il suo corso per cause naturali e per questo motivo non è oggi possibile affermare quale sia il "vero" Rubicone attraversato da Cesare. Secondo questa ipotesi, infatti, straripamenti e piene avrebbero modificato presso la frazione di Calisese l'alveo dell'attuale Urgòn, portandolo a confluire nel Pisciatello e il vecchio letto del Rubicone sarebbe stato ribattezzato Rigoncello. Non vi è certezza che Cesare abbia oltrepassato l'attuale Rigoncello, l'attuale Pisciatello, ovvero l'attuale Rubicone, che scorre a Savignano sul Rubicone e che un tempo si chiamava Fiumicino. A tutt'oggi non si è ancora venuti a capo della controversia sulla reale identificazione del fiume e diversi paesi della provincia di Forlì-Cesena ne reclamano la paternità in base a prove e documenti di diversa entità. Ad esempio, fonti medioevali, reperibili presso l'Archivio Arcivescovile di Ravenna, indicherebbero come l'originario Rubicone, quello che oggi le carte chiamano Pisciatello, in base all'ipotesi che il toponimo della pieve Sancti Martini in Robigo, documentata intorno all'anno 1000 a Calisese, sia da riferire al nome Rubicone. A sostegno dell'attuale identificazione con il Fiumicino vi è invece, oltre all'abbondanza di reperti archeologici di epoca repubblicana in corrispondenza dell'abitato del Compito, a testimoniare l'esistenza di un centro abitato, l'evidenza che il tracciato del corso d'acqua è preso come riferimento dell'andamento delle maglie centuriate circostanti. Inoltre la presenza dello storico ponte romano a Savignano sul Rubicone proprio sul fiume Rubicone, sarebbe un'ulteriore prova nell'identificazione del tracciato. L'attuale Savignano sul Rubicone si chiamava Savignano di Romagna fino al 1933, quando Benito Mussolini, per sanare questa secolare diatriba, decretò che l'allora "Fiumicino" era da ritenersi il vero Rubicone.
Fiume Pisciatello
Torrente Pisciatello Approfondimento Le due immagini nel post del fiume Rubicone rappresentano una piccola parte di una grande mappa esposta nella galleria delle mappe ai Musei Vaticani. Queste mappe erano etichettate "Flaminia", nome riferito alla Romagna riprendendo la terminologia amministrativa tardo-antica. L'immagine 1 rappresenta il Rubicone e altri due fiumi che sfociano insieme nell'Adriatico nei pressi di Cesenatico e di Cervia. Nell'immagine 2 il Rubicone passa vicino a Cesena: oggi questo fiume si chiama Pisciatello, mentre quello che gli è parallelo a destra si chiama Rubicone. La controversia, di origine secolare, riguarda l'identificazione del corso d'acqua effettivamente attraversato da Giulio Cesare, diretto a Roma con le sue truppe, in violazione al divieto di varcare il limite entro il quale non era consentito portare eserciti. Il Pisciatello e il Rubicone ufficialmente riconosciuto possono essere confusi facilmente, in quanto le loro sorgenti hanno origine nella stessa area collinare, precisamente a Strigara nel territorio comunale di Sogliano al Rubicone e scendono ciascuno in valli parallele per sfociare al livello del mare nella zona di Gatteo. Il Pisciatello, chiamato anche "Urgòn" in antiche carte (parola in dialetto romagnolo che sarebbe da mettere in relazione a Rubicone), confluisce in prossimità del mare nel torrente Rigossa e nel torrente Fiumicino, formando un'unica foce. Secondo un'ipotesi, il Rubicone avrebbe mutato diverse volte il suo corso per cause naturali e per questo motivo non è oggi possibile affermare quale sia il "vero" Rubicone attraversato da Cesare. Secondo questa ipotesi, infatti, straripamenti e piene avrebbero modificato presso la frazione di Calisese l'alveo dell'attuale Urgòn, portandolo a confluire nel Pisciatello e il vecchio letto del Rubicone sarebbe stato ribattezzato Rigoncello. Non vi è certezza che Cesare abbia oltrepassato l'attuale Rigoncello, l'attuale Pisciatello, ovvero l'attuale Rubicone, che scorre a Savignano sul Rubicone e che un tempo si chiamava Fiumicino. A tutt'oggi non si è ancora venuti a capo della controversia sulla reale identificazione del fiume e diversi paesi della provincia di Forlì-Cesena ne reclamano la paternità in base a prove e documenti di diversa entità. Ad esempio, fonti medioevali, reperibili presso l'Archivio Arcivescovile di Ravenna, indicherebbero come l'originario Rubicone, quello che oggi le carte chiamano Pisciatello, in base all'ipotesi che il toponimo della pieve Sancti Martini in Robigo, documentata intorno all'anno 1000 a Calisese, sia da riferire al nome Rubicone. A sostegno dell'attuale identificazione con il Fiumicino vi è invece, oltre all'abbondanza di reperti archeologici di epoca repubblicana in corrispondenza dell'abitato del Compito, a testimoniare l'esistenza di un centro abitato, l'evidenza che il tracciato del corso d'acqua è preso come riferimento dell'andamento delle maglie centuriate circostanti. Inoltre la presenza dello storico ponte romano a Savignano sul Rubicone proprio sul fiume Rubicone, sarebbe un'ulteriore prova nell'identificazione del tracciato. L'attuale Savignano sul Rubicone si chiamava Savignano di Romagna fino al 1933, quando Benito Mussolini, per sanare questa secolare diatriba, decretò che l'allora "Fiumicino" era da ritenersi il vero Rubicone.
Torrente Rigossa Il Pisciatello, chiamato anche "Urgòn" in antiche carte (parola in dialetto romagnolo che sarebbe da mettere in relazione a "Rubicone"), confluisce in prossimità del mare nella Rigossa e nel Fiumicino, formando un'unica foce.
Rigossa
Torrente Rigossa Il Pisciatello, chiamato anche "Urgòn" in antiche carte (parola in dialetto romagnolo che sarebbe da mettere in relazione a "Rubicone"), confluisce in prossimità del mare nella Rigossa e nel Fiumicino, formando un'unica foce.
Valle del Rubicone Il Torrente Rubicone (Urgon), il fiume dalle acque rossastre, nasce dal colle di Strigara , e dopo un corso di circa 44 Km si getta nell'Adriatico fra Savignano Mare e Gatteo Mare. Tanto piccolo è il fiume, quanto grande è la sua fama. Nell'antichità il suo corso delimitava il confine fra le popolazioni Italiche del centro da quelle Galliche della Padania. Nel 49 a.C. Cesare al comando delle sue truppe galliche varcando questo confine "alea iacta est" (il dado è tratto), prese la decisione di marciare verso Roma. Ma è veramente questo il famoso Rubicone? Nell'antichità questa zona era ricca di paludi e i fiumi che vi confluivano cambiavano spesso il loro corso. Solo con la Centuriazione Romana la zona fu bonificata, ma anche questa nel corso dei secoli ha subito alluvioni e dissesti idrogeologici con conseguente variazione del corso dei fiumi. La vallata del Rubicone si risale partendo da Savignano sul Rubicone. Percorriamo un'ampia valle, dai fianchi aperti e coltivati, con ordinati impianti a frutteto. Transitando sulla provinciale che segue il fondovalle, incontriamo ben presto sui colli circostanti gli antichi nuclei di Roncofreddo (sponda sinistra) e Borghi (sponda destra) e, quasi in cima alla valle, anch'esso abbarbicato sul suo colle, l'ultimo abitato della piccola valle Sogliano al Rubicone. Percorrendo la strada che da Sogliano al Rubicone conduce a Roncofreddo possiamo trovare sulla sinistra diverse deviazioni che transitando per piccole e tortuose stradine collinari, ci portano al colle di Strigara e alla sorgente del Rubicone, l'antico Urgon che tanto deve alla Storia. Approfondimento Queste due immagini rappresentano una piccola parte di una grande mappa esposta nella galleria delle mappe ai Musei Vaticani. Queste mappe erano etichettate "Flaminia", nome riferito alla Romagna riprendendo la terminologia amministrativa tardo-antica. L'immagine n. 1 rappresenta il Rubicone e altri due fiumi che sfociano insieme nell'Adriatico nei pressi di Cesenatico e di Cervia. Nell'immagine n. 2 il Rubicone passa vicino a Cesena: oggi questo fiume si chiama Pisciatello, mentre quello che gli è parallelo (a destra) si chiama Rubicone. La controversia, di origine secolare, riguarda l'identificazione del corso d'acqua effettivamente attraversato da Giulio Cesare, diretto a Roma con le sue truppe, in violazione al divieto di varcare il limite entro il quale non era consentito portare eserciti. Il Pisciatello e il Rubicone, ufficialmente riconosciuto, possono essere confusi facilmente, in quanto le loro sorgenti hanno origine nella stessa area collinare (precisamente a Strigara nel territorio comunale di Sogliano al Rubicone) e scendono ciascuno in valli parallele per sfociare al livello del mare nella zona di Gatteo. Il Pisciatello, chiamato anche "Urgòn" in antiche carte (parola in dialetto romagnolo che sarebbe da mettere in relazione a Rubicone), confluisce in prossimità del mare nella Rigossa e nel Fiumicino (l’attuale Rubicone) formando un'unica foce. Secondo un'ipotesi, il Rubicone avrebbe mutato diverse volte il suo corso per cause naturali e per questo motivo oggi non è possibile affermare quale sia il vero Rubicone attraversato da Cesare. Secondo questa ipotesi, infatti, straripamenti e piene avrebbero modificato presso la frazione di Calisese l'alveo dell'attuale Urgòn, portandolo a confluire nel Pisciatello e il vecchio letto del Rubicone sarebbe stato ribattezzato Rigoncello. Non vi è certezza che Cesare abbia oltrepassato l'attuale Rigoncello o l'attuale Pisciatello o l'attuale Rubicone, che scorre a Savignano sul Rubicone e che un tempo si chiamava Fiumicino. A tutt'oggi non si è ancora venuti a capo della controversia sulla reale identificazione del fiume e diversi paesi della provincia di Forlì-Cesena ne reclamano la paternità in base a prove e documenti di diversa entità. Ad esempio, fonti medioevali, reperibili presso l'Archivio Arcivescovile di Ravenna, indicherebbero come l'originario Rubicone, quello che oggi le carte chiamano Pisciatello, in base all'ipotesi che il toponimo della pieve Sancti Martini in Robigo, documentata intorno all'anno 1000 a Calisese, sia da riferire al nome Rubicone. A sostegno dell'attuale identificazione con il Fiumicino vi è invece, oltre all'abbondanza di reperti archeologici di epoca repubblicana in corrispondenza dell'abitato del Compito, a testimoniare l'esistenza di un centro abitato, l'evidenza che il tracciato del corso d'acqua è preso come riferimento dell'andamento delle maglie centuriate circostanti. Inoltre la presenza dello storico ponte romano a Savignano sul Rubicone proprio sul fiume Rubicone, sarebbe un'ulteriore prova nell'identificazione del tracciato. L'attuale Savignano sul Rubicone si chiamava Savignano di Romagna fino al 1933, quando Benito Mussolini, per sanare questa secolare diatriba, decretò che l'allora Fiumicino era da ritenersi il vero Rubicone.
Fiume Rubicone - Historic Rubicon River
Valle del Rubicone Il Torrente Rubicone (Urgon), il fiume dalle acque rossastre, nasce dal colle di Strigara , e dopo un corso di circa 44 Km si getta nell'Adriatico fra Savignano Mare e Gatteo Mare. Tanto piccolo è il fiume, quanto grande è la sua fama. Nell'antichità il suo corso delimitava il confine fra le popolazioni Italiche del centro da quelle Galliche della Padania. Nel 49 a.C. Cesare al comando delle sue truppe galliche varcando questo confine "alea iacta est" (il dado è tratto), prese la decisione di marciare verso Roma. Ma è veramente questo il famoso Rubicone? Nell'antichità questa zona era ricca di paludi e i fiumi che vi confluivano cambiavano spesso il loro corso. Solo con la Centuriazione Romana la zona fu bonificata, ma anche questa nel corso dei secoli ha subito alluvioni e dissesti idrogeologici con conseguente variazione del corso dei fiumi. La vallata del Rubicone si risale partendo da Savignano sul Rubicone. Percorriamo un'ampia valle, dai fianchi aperti e coltivati, con ordinati impianti a frutteto. Transitando sulla provinciale che segue il fondovalle, incontriamo ben presto sui colli circostanti gli antichi nuclei di Roncofreddo (sponda sinistra) e Borghi (sponda destra) e, quasi in cima alla valle, anch'esso abbarbicato sul suo colle, l'ultimo abitato della piccola valle Sogliano al Rubicone. Percorrendo la strada che da Sogliano al Rubicone conduce a Roncofreddo possiamo trovare sulla sinistra diverse deviazioni che transitando per piccole e tortuose stradine collinari, ci portano al colle di Strigara e alla sorgente del Rubicone, l'antico Urgon che tanto deve alla Storia. Approfondimento Queste due immagini rappresentano una piccola parte di una grande mappa esposta nella galleria delle mappe ai Musei Vaticani. Queste mappe erano etichettate "Flaminia", nome riferito alla Romagna riprendendo la terminologia amministrativa tardo-antica. L'immagine n. 1 rappresenta il Rubicone e altri due fiumi che sfociano insieme nell'Adriatico nei pressi di Cesenatico e di Cervia. Nell'immagine n. 2 il Rubicone passa vicino a Cesena: oggi questo fiume si chiama Pisciatello, mentre quello che gli è parallelo (a destra) si chiama Rubicone. La controversia, di origine secolare, riguarda l'identificazione del corso d'acqua effettivamente attraversato da Giulio Cesare, diretto a Roma con le sue truppe, in violazione al divieto di varcare il limite entro il quale non era consentito portare eserciti. Il Pisciatello e il Rubicone, ufficialmente riconosciuto, possono essere confusi facilmente, in quanto le loro sorgenti hanno origine nella stessa area collinare (precisamente a Strigara nel territorio comunale di Sogliano al Rubicone) e scendono ciascuno in valli parallele per sfociare al livello del mare nella zona di Gatteo. Il Pisciatello, chiamato anche "Urgòn" in antiche carte (parola in dialetto romagnolo che sarebbe da mettere in relazione a Rubicone), confluisce in prossimità del mare nella Rigossa e nel Fiumicino (l’attuale Rubicone) formando un'unica foce. Secondo un'ipotesi, il Rubicone avrebbe mutato diverse volte il suo corso per cause naturali e per questo motivo oggi non è possibile affermare quale sia il vero Rubicone attraversato da Cesare. Secondo questa ipotesi, infatti, straripamenti e piene avrebbero modificato presso la frazione di Calisese l'alveo dell'attuale Urgòn, portandolo a confluire nel Pisciatello e il vecchio letto del Rubicone sarebbe stato ribattezzato Rigoncello. Non vi è certezza che Cesare abbia oltrepassato l'attuale Rigoncello o l'attuale Pisciatello o l'attuale Rubicone, che scorre a Savignano sul Rubicone e che un tempo si chiamava Fiumicino. A tutt'oggi non si è ancora venuti a capo della controversia sulla reale identificazione del fiume e diversi paesi della provincia di Forlì-Cesena ne reclamano la paternità in base a prove e documenti di diversa entità. Ad esempio, fonti medioevali, reperibili presso l'Archivio Arcivescovile di Ravenna, indicherebbero come l'originario Rubicone, quello che oggi le carte chiamano Pisciatello, in base all'ipotesi che il toponimo della pieve Sancti Martini in Robigo, documentata intorno all'anno 1000 a Calisese, sia da riferire al nome Rubicone. A sostegno dell'attuale identificazione con il Fiumicino vi è invece, oltre all'abbondanza di reperti archeologici di epoca repubblicana in corrispondenza dell'abitato del Compito, a testimoniare l'esistenza di un centro abitato, l'evidenza che il tracciato del corso d'acqua è preso come riferimento dell'andamento delle maglie centuriate circostanti. Inoltre la presenza dello storico ponte romano a Savignano sul Rubicone proprio sul fiume Rubicone, sarebbe un'ulteriore prova nell'identificazione del tracciato. L'attuale Savignano sul Rubicone si chiamava Savignano di Romagna fino al 1933, quando Benito Mussolini, per sanare questa secolare diatriba, decretò che l'allora Fiumicino era da ritenersi il vero Rubicone.
Valle dell'Uso Il Torrente Uso nasce dal Monte di Perticara m. 883 e dopo un corso di circa 40 Km si getta nel Mar Adriatico nei pressi di Bellaria. A carattere torrentizio, le acque di sorgente scarseggiano, raccoglie principalmente le acque piovane che scendono dalle brulle pendici della sua stretta valle. Lungo il suo corso a parte Santarcangelo di Romagna sulla via Emilia e Bellaria alla foce, non troviamo agglomerati urbani importanti, ma principalmente piccoli borghi costituiti da poche abitazioni. La sua vallata nel tratto a monte della via Emilia è stretta e contorta, così come la strada che lo costeggia. La vallata si risale partendo da Santarcangelo di Romagna e giunti alla piccola frazione "Lo Stradone" la strada inizia a serpeggiare e la valle a restringersi. Si supera Masrola e si giunge poco dopo all'abitato di Ponte dell'Uso, 18 Km da Savignano sul Rubicone, poche anche le case sparse lungo il percorso. Da questa frazione, prendendo in direzione Montetiffi, inizia la parte "più alta" e selvaggia della valle. Si procede su strada stretta che si incunea fra colline caratterizzate da vegetazione scarsa e a basso fusto, il letto del torrente, spesso lontano, è quasi costanemente nascosto dalla vegetazione. Incontriamo una strettoia con il torrente incassato fra alte pareti rocciose e subito dopo un ponte siamo a Pietra dell'Uso, già feudo dell'Abbazia di Montetiffi. Alta su di uno sperone sulla nostra destra, si staglia la chiesa Medioevale della Natività di Maria, quasi posta a guardia della vallata. Proseguiamo sulla Provinciale, le pendici della valle sono un continuo rimescolarsi di campi coltivati e erba medica, incolti, calachi e piccoli boschetti, intervallati da calanchi e formazioni rocciose. Pochi chilometri e si erge alto l'abitato di Montetiffi, che dai suoi 400 m. sembra essere l'ultima sentinella di un passato ormai fuggito. Superato il colle di Montetiffi, dopo pochi chilometri la nostra strada abbandona il corso dell'Uso per portarsi verso il paese di Perticara, lasciando il corso del piccolo fiume che prosegue deciso verso la sua sorgente posta nel cuore del massicco monte di Perticara, detto anche monte Aquilone.
Fiume Uso
Valle dell'Uso Il Torrente Uso nasce dal Monte di Perticara m. 883 e dopo un corso di circa 40 Km si getta nel Mar Adriatico nei pressi di Bellaria. A carattere torrentizio, le acque di sorgente scarseggiano, raccoglie principalmente le acque piovane che scendono dalle brulle pendici della sua stretta valle. Lungo il suo corso a parte Santarcangelo di Romagna sulla via Emilia e Bellaria alla foce, non troviamo agglomerati urbani importanti, ma principalmente piccoli borghi costituiti da poche abitazioni. La sua vallata nel tratto a monte della via Emilia è stretta e contorta, così come la strada che lo costeggia. La vallata si risale partendo da Santarcangelo di Romagna e giunti alla piccola frazione "Lo Stradone" la strada inizia a serpeggiare e la valle a restringersi. Si supera Masrola e si giunge poco dopo all'abitato di Ponte dell'Uso, 18 Km da Savignano sul Rubicone, poche anche le case sparse lungo il percorso. Da questa frazione, prendendo in direzione Montetiffi, inizia la parte "più alta" e selvaggia della valle. Si procede su strada stretta che si incunea fra colline caratterizzate da vegetazione scarsa e a basso fusto, il letto del torrente, spesso lontano, è quasi costanemente nascosto dalla vegetazione. Incontriamo una strettoia con il torrente incassato fra alte pareti rocciose e subito dopo un ponte siamo a Pietra dell'Uso, già feudo dell'Abbazia di Montetiffi. Alta su di uno sperone sulla nostra destra, si staglia la chiesa Medioevale della Natività di Maria, quasi posta a guardia della vallata. Proseguiamo sulla Provinciale, le pendici della valle sono un continuo rimescolarsi di campi coltivati e erba medica, incolti, calachi e piccoli boschetti, intervallati da calanchi e formazioni rocciose. Pochi chilometri e si erge alto l'abitato di Montetiffi, che dai suoi 400 m. sembra essere l'ultima sentinella di un passato ormai fuggito. Superato il colle di Montetiffi, dopo pochi chilometri la nostra strada abbandona il corso dell'Uso per portarsi verso il paese di Perticara, lasciando il corso del piccolo fiume che prosegue deciso verso la sua sorgente posta nel cuore del massicco monte di Perticara, detto anche monte Aquilone.
Sorgente del fiume Marecchia La sorgente del Marecchia si trova alle pendici del Monte Zucca, a 930 m di altitudine nel mezzo di una folta faggeta. Prima di sfociare nell’Adriatico vicino Rimini il fiume Marecchia percorre circa 70 km di territorio dando il nome alla sua valle. Per raggiungere la sorgente attraverseremo l’Area Naturale Protetta di Interesse Locale (ANPIL) che delimita un territorio prevalentemente boscoso, caratterizzato da una flora eterogenea e ricca, definita Tilio-Acerion: comprende fra gli altri, il faggio, l’acero di monte, il carpino bianco e nero, l’olmo, il tiglio selvatico e una inusuale abbondanza di tasso (Taxus baccata) localmente chiamato “nasso” o “albero della morte”, una conifera ormai rara in Europa a causa dei cambiamenti climatici.
Sorgenti del Marecchia
Sorgente del fiume Marecchia La sorgente del Marecchia si trova alle pendici del Monte Zucca, a 930 m di altitudine nel mezzo di una folta faggeta. Prima di sfociare nell’Adriatico vicino Rimini il fiume Marecchia percorre circa 70 km di territorio dando il nome alla sua valle. Per raggiungere la sorgente attraverseremo l’Area Naturale Protetta di Interesse Locale (ANPIL) che delimita un territorio prevalentemente boscoso, caratterizzato da una flora eterogenea e ricca, definita Tilio-Acerion: comprende fra gli altri, il faggio, l’acero di monte, il carpino bianco e nero, l’olmo, il tiglio selvatico e una inusuale abbondanza di tasso (Taxus baccata) localmente chiamato “nasso” o “albero della morte”, una conifera ormai rara in Europa a causa dei cambiamenti climatici.
Torrente Ausa Il torrente Ausa (Ëuṡa in romagnolo) nasce alle pendici del monte Titano, dov'è conosciuto come Fosso della Flocca nei pressi di Cà Melone nel castello di Borgo Maggiore, e si sviluppa per una lunghezza di 17,2 km. Percorso Il corso dell'Ausa coinvolge nella Provincia di Rimini i comuni di Coriano e Rimini, mentre nella Repubblica di San Marino coinvolge i castelli di Serravalle, Domagnano e Borgo Maggiore. In origine l'Ausa tagliava in due la città di Rimini, passando a fianco delle mura del centro storico. Tra il 1967 e il 1972, per motivi di comodità, il suo tratto terminale fu deviato tramite un canale in cemento, facendolo confluire nel fiume Marecchia. Dalle fotografie aeree si può facilmente intuire l'originario percorso del torrente, grazie alla vegetazione cresciuta sulle sue sponde ancora presente. Il punto d'interruzione e deviazione dell'Ausa si trova a circa 500 m a sud del casello autostradale Rimini sud, mentre il suo ingresso nel Marecchia avviene circa 2 km prima della foce di quest'ultimo, in corrispondenza del parco XXV aprile, proprio nel punto in cui anche il Marecchia è stato deviato dalla sua posizione originaria. Oggi l'ex letto del torrente è diventato un percorso ciclo-pedonale, i ponti fungono da sottopassi e la scia di vegetazione che attraversa la città è un lungo parco che assume nomi diversi nei vari tratti. Laddove l'Ausa sfociava nel mar Adriatico, l'estuario è ancora presente, ma è stato tombinato e trasformato in uno scarico a mare di acque meteoriche dell'impianto fognario. Regime L'Ausa è un corso d'acqua a spiccate caratteristiche torrentizie e può essere senz'altro considerato quello con le caratteristiche qualitative peggiori tra tutti i corsi d'acqua che interessano il territorio della Provincia di Rimini,fungendo, per il tratto che attraversa San Marino, come una vera e propria fognatura a cielo aperto. Il massimo inquinamento lo si riscontra nelle zone più a monte (SS 72), in quanto l'acqua fluita è principalmente rappresentata dalla sommatoria degli scarichi riversati nel corpo idrico. Più a valle, la situazione, pur restando critica, migliora per gli apporti di scarichi meno inquinanti. Si ritiene che il torrente Ausa debba essere tenuto sotto particolare osservazione durante le normali uscite di vigilanza, soprattutto nei punti di più facile accesso come il ponte sulla via Marecchiese e il ponticello in prossimità della confluenza nel Marecchia, all'interno del parco XXV aprile; questo tratto, canalizzato e cementificato, ha infatti perso qualsiasi capacità di autodepurazione ed è un potenziale veicolo d’inquinamento.
Ausa
Torrente Ausa Il torrente Ausa (Ëuṡa in romagnolo) nasce alle pendici del monte Titano, dov'è conosciuto come Fosso della Flocca nei pressi di Cà Melone nel castello di Borgo Maggiore, e si sviluppa per una lunghezza di 17,2 km. Percorso Il corso dell'Ausa coinvolge nella Provincia di Rimini i comuni di Coriano e Rimini, mentre nella Repubblica di San Marino coinvolge i castelli di Serravalle, Domagnano e Borgo Maggiore. In origine l'Ausa tagliava in due la città di Rimini, passando a fianco delle mura del centro storico. Tra il 1967 e il 1972, per motivi di comodità, il suo tratto terminale fu deviato tramite un canale in cemento, facendolo confluire nel fiume Marecchia. Dalle fotografie aeree si può facilmente intuire l'originario percorso del torrente, grazie alla vegetazione cresciuta sulle sue sponde ancora presente. Il punto d'interruzione e deviazione dell'Ausa si trova a circa 500 m a sud del casello autostradale Rimini sud, mentre il suo ingresso nel Marecchia avviene circa 2 km prima della foce di quest'ultimo, in corrispondenza del parco XXV aprile, proprio nel punto in cui anche il Marecchia è stato deviato dalla sua posizione originaria. Oggi l'ex letto del torrente è diventato un percorso ciclo-pedonale, i ponti fungono da sottopassi e la scia di vegetazione che attraversa la città è un lungo parco che assume nomi diversi nei vari tratti. Laddove l'Ausa sfociava nel mar Adriatico, l'estuario è ancora presente, ma è stato tombinato e trasformato in uno scarico a mare di acque meteoriche dell'impianto fognario. Regime L'Ausa è un corso d'acqua a spiccate caratteristiche torrentizie e può essere senz'altro considerato quello con le caratteristiche qualitative peggiori tra tutti i corsi d'acqua che interessano il territorio della Provincia di Rimini,fungendo, per il tratto che attraversa San Marino, come una vera e propria fognatura a cielo aperto. Il massimo inquinamento lo si riscontra nelle zone più a monte (SS 72), in quanto l'acqua fluita è principalmente rappresentata dalla sommatoria degli scarichi riversati nel corpo idrico. Più a valle, la situazione, pur restando critica, migliora per gli apporti di scarichi meno inquinanti. Si ritiene che il torrente Ausa debba essere tenuto sotto particolare osservazione durante le normali uscite di vigilanza, soprattutto nei punti di più facile accesso come il ponte sulla via Marecchiese e il ponticello in prossimità della confluenza nel Marecchia, all'interno del parco XXV aprile; questo tratto, canalizzato e cementificato, ha infatti perso qualsiasi capacità di autodepurazione ed è un potenziale veicolo d’inquinamento.
Rio San Marino affluente del Marecchia Il rio San Marino noto anche come torrente San Marino (in romagnolo Rio San Marèin o Rio San Maroin) è un breve corso d'acqua a carattere torrentizio che scorre in Italia e nella Repubblica di San Marino. Il torrente nasce dal monte San Paolo 864 m. in provincia di Pesaro e Urbino nelle Marche, entra in San Marino passando vicino ai castelli sammarinesi di Fiorentino, Chiesanuova e Acquaviva con la curazia di Gualdicciolo, per poi rientrare in Italia concludendo il suo corso nel Marecchia dove si getta come suo affluente in località Torello, frazione di San Leo. Fino al 15/8/2009, prima del passaggio dell'alta Valmarecchia dalle Marche all'Emilia-Romagna, il tratto finale del torrente era il confine tra Marche e Emilia Romagna.
San Marino
Rio San Marino affluente del Marecchia Il rio San Marino noto anche come torrente San Marino (in romagnolo Rio San Marèin o Rio San Maroin) è un breve corso d'acqua a carattere torrentizio che scorre in Italia e nella Repubblica di San Marino. Il torrente nasce dal monte San Paolo 864 m. in provincia di Pesaro e Urbino nelle Marche, entra in San Marino passando vicino ai castelli sammarinesi di Fiorentino, Chiesanuova e Acquaviva con la curazia di Gualdicciolo, per poi rientrare in Italia concludendo il suo corso nel Marecchia dove si getta come suo affluente in località Torello, frazione di San Leo. Fino al 15/8/2009, prima del passaggio dell'alta Valmarecchia dalle Marche all'Emilia-Romagna, il tratto finale del torrente era il confine tra Marche e Emilia Romagna.
Torrente Marano, affluente del Marecchia Nasce dal Monte Ghelfa alto 581 m., sul confine tra la Repubblica di San Marino e la provincia di Pesaro e Urbino. Delimita per circa 6 km il confine tra Italia e San Marino e scorre presso il castello sammarinese di Montegiardino e Faetano; quindi entra in Italia nella provincia di Rimini e passa vicino ai Comuni di Montescudo e Coriano, per poi sfociare in mare nel Comune di Riccione in località Spontricciolo, dopo poco meno di 30 km. Nella zona di Fiumicello sorge il "Parco Fluviale del Marano", dove cresce un bosco con farnia, pioppo bianco e varie specie di salici.
Torrente Marano
Torrente Marano, affluente del Marecchia Nasce dal Monte Ghelfa alto 581 m., sul confine tra la Repubblica di San Marino e la provincia di Pesaro e Urbino. Delimita per circa 6 km il confine tra Italia e San Marino e scorre presso il castello sammarinese di Montegiardino e Faetano; quindi entra in Italia nella provincia di Rimini e passa vicino ai Comuni di Montescudo e Coriano, per poi sfociare in mare nel Comune di Riccione in località Spontricciolo, dopo poco meno di 30 km. Nella zona di Fiumicello sorge il "Parco Fluviale del Marano", dove cresce un bosco con farnia, pioppo bianco e varie specie di salici.
Torrente Senatello, affluente del Marecchia La sorgente è localizzata alle pendici del Monte Aquilone 1354 m. s.l.m. e superato l’abitato di Senatello riceve le acque del Fosso del Lavacchioso, del Fosso del Petroso e del Fosso della Bigotta proseguendo con elevato dislivello e interrotto da numerose briglie. Attraversato Casteldelci, si allarga pianeggiante tra gli ampi ghiareti tipici della Valmarecchia.
Torrente Senatello
Torrente Senatello, affluente del Marecchia La sorgente è localizzata alle pendici del Monte Aquilone 1354 m. s.l.m. e superato l’abitato di Senatello riceve le acque del Fosso del Lavacchioso, del Fosso del Petroso e del Fosso della Bigotta proseguendo con elevato dislivello e interrotto da numerose briglie. Attraversato Casteldelci, si allarga pianeggiante tra gli ampi ghiareti tipici della Valmarecchia.
Torrente Mazzocco, affluente del Marecchia
Torrente Mazzocco
Torrente Mazzocco, affluente del Marecchia
Valmarecchia Il Fiume Marecchia (anticamente Ariminio) nasce da Monte Zucca m. 1258, rilievo che fa parte della catena Alpe della Luna. Il suo corso di circa 90 km si sviluppa lungo la Valmarecchia (che prende il nome dal fiume), e attraversa due provincie: nella parte più alta quella di Arezzo, nella parte media e bassa quella di Rimini. Riceve l'apporto di diversi affluenti tra i quali il torrente Presale, il torrente Senatello, il rio Mavone, il torrente Mazzocco, il rio San Marino e il torrente Ausa. Con letto ampio e ciottoloso il Marecchia giunge poi presso la città di Rimini e confluisce nel Mar Adriatico. In passato, il tratto finale del suo corso, circa 2 km, transitava sotto al ponte di Tiberio per poi gettarsi in mare tramite il porto canale. Tra il 1924 e il 1930, tuttavia, fu costruito un alveo artificiale per evitare le esondazioni. A seguito di questa deviazione, la foce attuale è situata nei pressi di San Giuliano Mare e Rivabella. Il suo corso è accompagnato dalla strada di fondovalle SS 258 Marecchiese. Scendendo la vallata bagna i territori di questi Comuni: Badia Tedalda Casteldelci (sull'affluente di sinistra Senatello) Sant'Agata Feltria Pennabilli Maiolo Novafeltria Talamello San Leo Verucchio Torriana Poggio Berni. La vallata si risale partendo da Rimini (seguire le indicazioni per Verucchio) oppure da Santarcangelo di Romagna (seguire le indicazioni per San Marino). La valle del Marecchia si diversifica notevolmente rispetto alle valli poste più a nord. Nel tratto compreso tra i fiumi Santerno e Savio le valli sono disposte perpendicolarmente rispetto alla dorsale appenninica formando un'omogenea struttura "a pettine" caratterizzata da strette dorsali che degradano verso il Mare Adriatico. Nel Montefeltro di contro le valli sono caratterizzate da scoscendimenti intervallati da affioramenti rocciosi fortemente modellati dagli agenti atmosferici. Le formazioni marnoso arenacee lasciano qui il posto ad argille scagliose dalle quali emergono rupi alte e tagliate, formate prevalentemente da arenarie e argille. Per questa diversa conformazione, unita alla cruenta storia medioevale che ha caratterizzato questo territorio, i principali nuclei abitati sono sorti e si sono sviluppati sugli spuntoni rocciosi che costeggiano il fondovalle, fa eccezione la sola "moderna Novafeltria" che si trova sul fondovalle. Volendo visitare i principali centri sarà quindi più volte necessario lasciare la direttrice principale di fondovalle SS258 Marecchiese. Provenendo da Santarcangelo di Romagna la strada corre pianeggiante e lontana dal letto del fiume. Superiamo velocemente Poggio Berni, l'industrializzata Santo Marino e dopo circa 8 Km troviamo il bivio sulla destra per Torriana. La strada inizia a salire ed in poco più di tre chilometri ci troviamo ai piedi di una rupe, alla cui sommità svetta il restaurato castello. Dalla nuova città, edificata ai piedi della rupe, si può ammirare un fantastico panorama sulla valle del Marecchia e sull'altura al di là del fiume si può riconoscere facilmente Verucchio, nostra prossima meta. Prima di scendere è consigliata la breve deviazione fino all’antico borgo e castello di Montebello (deviazione segnalata a destra al termine dell'abitato ). Lasciamo Torriana, procedendo verso monte, ed al bivio prendiamo a sinistra (indicazioni Villa Verucchio), una breve discesa e ci troviamo a fondovalle, attraversiamo il ponte sul Marecchia, superiamo la frazione Ponte Verucchio e raggiungiamo la SS258 Marecchiese. Pochi chilometri sulla stessa (verso monte) ed occorre effettuare subito un'ulteriore deviazione (a sinistra) per raggiungere Verucchio. Antico borgo con castello ben conservato, posto su uno sperone roccioso che domina la Valmarecchia. Si ridiscende fino a raggiungere la statale per proseguire verso monte, circa 6 Km e all'altezza di Pietracuta occorre deviare, sempre a sinistra. In circa 10 Km si raggiunge il centro forse più rinomato dell'intera valle, San Leo, arroccata su di un enorme masso. Patria storica di tutto il Montefeltro, nell'antichità questo castello riuscì a guadagnarsi il titolo di potentissima ed imprendibile rocca. Riguadagniamo il fondovalle, scendendo per la strada che passa nei pressi di S'Igne e rientriamo sulla statale all'altezza di Secchiano. Poco meno di 4 Km ci separano da Novafeltria, già feudo dei Malatesta con privilegio di produrre polvere da sparo, asilo per contrabbandieri e briganti, oggi il maggiore centro commerciale/industriale dell'intera valle. Una breve deviazione ci conduce all'antico comune di Talamello, ridente abitato alle pendici del monte Pincio, balcone naturale su Novafeltria e la Val Marecchia. Al di là del fiume, in sponda destra del Marecchia, si eleva l'inconfondibile rupe di Majolo, antico e possente castello distrutto si dice dalla giustizia Divina. L'attuale sede del comune si trova a Serra di Maiolo, posto sulla provinciale che collega Novafeltria con Madonna di Pugliano (indicazioni Urbino). Proseguiamo sulla statale verso monte e poco prima di giungere alla frazione Ponte Messa, per raggiungere il prossimo comune della valle Sant'Agata Feltria, occorre prendere deviazione sulla destra e, senza tralasciare una sosta all'interessante frazione di Petrella Guidi, superare Monte Benedetto. Riguadagniamo il corso del Marecchia per portarci a Pennabilli, cittadina ai piedi del monte Carpegna, carica di storia, nata dall'unione dei due antichi castelli costruiti su due picchi adiacenti, Penna sul Roccione e Billi sul Rupe. Fra poco il Marecchia riceverà l'importante affluente di sinistra Senatello, risaliamo il suo corso per l'ultima deviazione e in circa 10 Km raggiungiamo Casteldelci. Torniamo alla statale Marecchiese e puntiamo ora decisamente verso monte, superando velocemente le frazioni di Ca' Raffaello e Molino di Bascio e poco dopo entriamo in Toscana. Pochi chilometri ci dividono dall'ultimo comune della valle Badia Tedalda (provincia di Arezzo) centro turistico montano alle pendici del gruppo montuoso dell'Alpe della Luna, crinale Appenninico principale. Superata Badia, dopo circa 8 Km, volendo seguire il corso del Marecchia occorre lasciare la statale e dirigersi verso Balze, raggiunta la frazione Pratieghi proseguire su sentiero per il Monte Zucca m. 1258. In alternativa seguendo la statale si raggiunge, 3,5 Km dal bivio per Balze, il passo di Viamaggio m. 983 porta naturale che immette nella Toscana Valtiberina.
6 preporuka/e lokalaca
Marecchia
6 preporuka/e lokalaca
Valmarecchia Il Fiume Marecchia (anticamente Ariminio) nasce da Monte Zucca m. 1258, rilievo che fa parte della catena Alpe della Luna. Il suo corso di circa 90 km si sviluppa lungo la Valmarecchia (che prende il nome dal fiume), e attraversa due provincie: nella parte più alta quella di Arezzo, nella parte media e bassa quella di Rimini. Riceve l'apporto di diversi affluenti tra i quali il torrente Presale, il torrente Senatello, il rio Mavone, il torrente Mazzocco, il rio San Marino e il torrente Ausa. Con letto ampio e ciottoloso il Marecchia giunge poi presso la città di Rimini e confluisce nel Mar Adriatico. In passato, il tratto finale del suo corso, circa 2 km, transitava sotto al ponte di Tiberio per poi gettarsi in mare tramite il porto canale. Tra il 1924 e il 1930, tuttavia, fu costruito un alveo artificiale per evitare le esondazioni. A seguito di questa deviazione, la foce attuale è situata nei pressi di San Giuliano Mare e Rivabella. Il suo corso è accompagnato dalla strada di fondovalle SS 258 Marecchiese. Scendendo la vallata bagna i territori di questi Comuni: Badia Tedalda Casteldelci (sull'affluente di sinistra Senatello) Sant'Agata Feltria Pennabilli Maiolo Novafeltria Talamello San Leo Verucchio Torriana Poggio Berni. La vallata si risale partendo da Rimini (seguire le indicazioni per Verucchio) oppure da Santarcangelo di Romagna (seguire le indicazioni per San Marino). La valle del Marecchia si diversifica notevolmente rispetto alle valli poste più a nord. Nel tratto compreso tra i fiumi Santerno e Savio le valli sono disposte perpendicolarmente rispetto alla dorsale appenninica formando un'omogenea struttura "a pettine" caratterizzata da strette dorsali che degradano verso il Mare Adriatico. Nel Montefeltro di contro le valli sono caratterizzate da scoscendimenti intervallati da affioramenti rocciosi fortemente modellati dagli agenti atmosferici. Le formazioni marnoso arenacee lasciano qui il posto ad argille scagliose dalle quali emergono rupi alte e tagliate, formate prevalentemente da arenarie e argille. Per questa diversa conformazione, unita alla cruenta storia medioevale che ha caratterizzato questo territorio, i principali nuclei abitati sono sorti e si sono sviluppati sugli spuntoni rocciosi che costeggiano il fondovalle, fa eccezione la sola "moderna Novafeltria" che si trova sul fondovalle. Volendo visitare i principali centri sarà quindi più volte necessario lasciare la direttrice principale di fondovalle SS258 Marecchiese. Provenendo da Santarcangelo di Romagna la strada corre pianeggiante e lontana dal letto del fiume. Superiamo velocemente Poggio Berni, l'industrializzata Santo Marino e dopo circa 8 Km troviamo il bivio sulla destra per Torriana. La strada inizia a salire ed in poco più di tre chilometri ci troviamo ai piedi di una rupe, alla cui sommità svetta il restaurato castello. Dalla nuova città, edificata ai piedi della rupe, si può ammirare un fantastico panorama sulla valle del Marecchia e sull'altura al di là del fiume si può riconoscere facilmente Verucchio, nostra prossima meta. Prima di scendere è consigliata la breve deviazione fino all’antico borgo e castello di Montebello (deviazione segnalata a destra al termine dell'abitato ). Lasciamo Torriana, procedendo verso monte, ed al bivio prendiamo a sinistra (indicazioni Villa Verucchio), una breve discesa e ci troviamo a fondovalle, attraversiamo il ponte sul Marecchia, superiamo la frazione Ponte Verucchio e raggiungiamo la SS258 Marecchiese. Pochi chilometri sulla stessa (verso monte) ed occorre effettuare subito un'ulteriore deviazione (a sinistra) per raggiungere Verucchio. Antico borgo con castello ben conservato, posto su uno sperone roccioso che domina la Valmarecchia. Si ridiscende fino a raggiungere la statale per proseguire verso monte, circa 6 Km e all'altezza di Pietracuta occorre deviare, sempre a sinistra. In circa 10 Km si raggiunge il centro forse più rinomato dell'intera valle, San Leo, arroccata su di un enorme masso. Patria storica di tutto il Montefeltro, nell'antichità questo castello riuscì a guadagnarsi il titolo di potentissima ed imprendibile rocca. Riguadagniamo il fondovalle, scendendo per la strada che passa nei pressi di S'Igne e rientriamo sulla statale all'altezza di Secchiano. Poco meno di 4 Km ci separano da Novafeltria, già feudo dei Malatesta con privilegio di produrre polvere da sparo, asilo per contrabbandieri e briganti, oggi il maggiore centro commerciale/industriale dell'intera valle. Una breve deviazione ci conduce all'antico comune di Talamello, ridente abitato alle pendici del monte Pincio, balcone naturale su Novafeltria e la Val Marecchia. Al di là del fiume, in sponda destra del Marecchia, si eleva l'inconfondibile rupe di Majolo, antico e possente castello distrutto si dice dalla giustizia Divina. L'attuale sede del comune si trova a Serra di Maiolo, posto sulla provinciale che collega Novafeltria con Madonna di Pugliano (indicazioni Urbino). Proseguiamo sulla statale verso monte e poco prima di giungere alla frazione Ponte Messa, per raggiungere il prossimo comune della valle Sant'Agata Feltria, occorre prendere deviazione sulla destra e, senza tralasciare una sosta all'interessante frazione di Petrella Guidi, superare Monte Benedetto. Riguadagniamo il corso del Marecchia per portarci a Pennabilli, cittadina ai piedi del monte Carpegna, carica di storia, nata dall'unione dei due antichi castelli costruiti su due picchi adiacenti, Penna sul Roccione e Billi sul Rupe. Fra poco il Marecchia riceverà l'importante affluente di sinistra Senatello, risaliamo il suo corso per l'ultima deviazione e in circa 10 Km raggiungiamo Casteldelci. Torniamo alla statale Marecchiese e puntiamo ora decisamente verso monte, superando velocemente le frazioni di Ca' Raffaello e Molino di Bascio e poco dopo entriamo in Toscana. Pochi chilometri ci dividono dall'ultimo comune della valle Badia Tedalda (provincia di Arezzo) centro turistico montano alle pendici del gruppo montuoso dell'Alpe della Luna, crinale Appenninico principale. Superata Badia, dopo circa 8 Km, volendo seguire il corso del Marecchia occorre lasciare la statale e dirigersi verso Balze, raggiunta la frazione Pratieghi proseguire su sentiero per il Monte Zucca m. 1258. In alternativa seguendo la statale si raggiunge, 3,5 Km dal bivio per Balze, il passo di Viamaggio m. 983 porta naturale che immette nella Toscana Valtiberina.
Valconca, fiume Conca Il Torrente Conca, detto nell'antichità Crustumio, nasce dal Monte Carpegna m. 1415 e dopo un corso di circa 50 Km si getta nell'Adriatico nei pressi di Cattolica. Il suo corso è accompagnato dalla strada provinciale di fondovalle che in Emilia Romagna nel primo tratto è la Saludecese SP17 fino a Morciano di Romagna e poi SP18 fino al confine di Regione nei pressi di Sassofeltrio e nelle Marche procede su SP2 fino a Montecerignone. Nei pressi di Montecerignone il torrente si allontana dalla strada che procede per l'abitato di Carpegna, puntando decisamente verso il monte Carpegna che raggiunge dopo aver attraversato la SP6 Montefeltrese che unisce Mercato Vecchio a Villagrande di Montecopiolo. Lungo il suo corso a parte Mercatino Conca e Morciano di Romagna, non attraversa agglomerati urbani sede di Comune, ma principalmente piccoli borghi e frazioni. La maggior parte dei Comuni di questa vallata sono posti sulle colline che fanno da corona al letto del fiume. La vallata si risale partendo da Cattolica e superato velocemente San Giovanni in Marignano si giunge a Morciano di Romagna. Da qui si può iniziare la scoperta dei tanti piccoli borghi che costellano la Valconca. Una prima deviazione ci porta subito sulle prime colline per visitare le prime tre caratteristiche cittadine di questo territorio. Prendiamo la SP 17 Saludecese e in circa 8 Km raggiungiamo Saludecio, antico castello ancora racchiuso da mura e che conserva ben intatta la struttura medioevale. Usciti dal paese e ci portiamo velocemente al vicino Mondaino che ci accoglie con la sua possente rocca e la sua caratteristica piazza detta Padella per l'originale conformazione a semicerchio. Dopo 7 Km da Saludecio troviamo un altro gioiello del Montefeltro, il paese di Montegridolfo, posto ai confini della Provincia di Pesaro e ormai quasi sulla valle del Foglia. Passeggiando per le viuzze del centro, racchiuso all'interno del castello che ha conservato praticamente intatta la sua struttura medioevale, sarà facile provare la senzazione di trovarsi in un tempo passato. Ci portiamo ora, transitando per Tavoleto alla possente rocca di Montefiore Conca, baluardo dei Malatesta ed ancora oggi per la sua particolare struttura e posizione riconoscibile anche da lontano in tutta la bassa valle del Conca. Prima di riguadagnare il corso del fiume è d'obbligo una ulteriore breve deviazione fino a Gemmano, paese coinvolto in un'aspra battaglia nel settembre del 1944 e completamente distrutto, oggi dell'antico borgo medioevale restano solo alcuni tratti della cinta muraria. La sua posizione e gli ampi panorami che si possono ammirare gli hanno comunque meritato l'appellativo di "balcone dell'Adriatico". Riportiamoci a Morciano di Romagna e in ulteriori 3,5 Km arriviamo a San Clemente, il cui antico castello è sempre stato in forte rivalità con i borghi di Saludecio e Montefiore per il controllo dei mercati e del guado di Morciano di Romagna. Le possenti mura di San Clemente sono testimoni delle lunghe e sanguinose contese che hanno caratterizzato tutto il territorio e cingono ancora oggi il pittoresco abitato. Mantenendosi alti sul corso del fiume, raggiungiamo per strade locali che corrono fra ordinati coltivi ai centri di Montecolombo e di Montescudo. Riguadagnamo il corso del fiume e poco dopo aver lasciato la provincia di Rimini per entrare nelle Marche in provincia di Pesaro affrontiamo l'ennesima deviazione, sempre in sponda sinistra del Conca, per raggiungere Sassofeltrio antico e potente castello già conosciuto con il nome Serra del Sasso. Ulteriori 6 km ci riportano a fondovalle, al moderno abitato di Mercatino Conca, unico paese della vallata edificato in sponda al fiume che qui viene attraversato un un lungo ponte a 6 arcate che conduce alla attigua valle del Foglia. Proseguiamo però verso monte sulla SP 2 e poco dopo aver superato Mercatino Conca troviamo una deviazione sulla destra che ci riporta sulle colline, verso la nostra successiva meta: Montegrimano, centro termale e antico borgo fortificato con caratteristica struttura interna a conformazione a spirale, punto panoramico di notevole interesse sulla media valle del fiume Conca. Ridiscendiamo a valle e in circa 9 Km raggiungiamo Monte Cerignone, antico maniero appollaiato su uno sperone roccioso al centro della valle del Conca. Continuando a risalire la valle giungiamo al bivio per Villagrande di Montecopiolo in 5 Km, moderna stazione turistica estiva e invernale posta ai margini del parco naturale Sasso Simone e Simoncello. Proseguendo di contro per la direttrice principale si raggiunge in breve Mercato Vecchio, sede comunale del castello e borgo di Pietrarubbia, antico nucleo fino a pochi anni orsono disabitato ed in rovina, oggetto recentemente di una lodevole ristrutturazione. Restano ora gli ultimi 6 Km per arrivare a Carpegna, ultimo paese della valle posto ai piedi dell'ominimo monte alto 1415 m., dal quale nasce il Conca o, come qualcuno più gentilmente lo chiamava, la Conca.
Conca
Valconca, fiume Conca Il Torrente Conca, detto nell'antichità Crustumio, nasce dal Monte Carpegna m. 1415 e dopo un corso di circa 50 Km si getta nell'Adriatico nei pressi di Cattolica. Il suo corso è accompagnato dalla strada provinciale di fondovalle che in Emilia Romagna nel primo tratto è la Saludecese SP17 fino a Morciano di Romagna e poi SP18 fino al confine di Regione nei pressi di Sassofeltrio e nelle Marche procede su SP2 fino a Montecerignone. Nei pressi di Montecerignone il torrente si allontana dalla strada che procede per l'abitato di Carpegna, puntando decisamente verso il monte Carpegna che raggiunge dopo aver attraversato la SP6 Montefeltrese che unisce Mercato Vecchio a Villagrande di Montecopiolo. Lungo il suo corso a parte Mercatino Conca e Morciano di Romagna, non attraversa agglomerati urbani sede di Comune, ma principalmente piccoli borghi e frazioni. La maggior parte dei Comuni di questa vallata sono posti sulle colline che fanno da corona al letto del fiume. La vallata si risale partendo da Cattolica e superato velocemente San Giovanni in Marignano si giunge a Morciano di Romagna. Da qui si può iniziare la scoperta dei tanti piccoli borghi che costellano la Valconca. Una prima deviazione ci porta subito sulle prime colline per visitare le prime tre caratteristiche cittadine di questo territorio. Prendiamo la SP 17 Saludecese e in circa 8 Km raggiungiamo Saludecio, antico castello ancora racchiuso da mura e che conserva ben intatta la struttura medioevale. Usciti dal paese e ci portiamo velocemente al vicino Mondaino che ci accoglie con la sua possente rocca e la sua caratteristica piazza detta Padella per l'originale conformazione a semicerchio. Dopo 7 Km da Saludecio troviamo un altro gioiello del Montefeltro, il paese di Montegridolfo, posto ai confini della Provincia di Pesaro e ormai quasi sulla valle del Foglia. Passeggiando per le viuzze del centro, racchiuso all'interno del castello che ha conservato praticamente intatta la sua struttura medioevale, sarà facile provare la senzazione di trovarsi in un tempo passato. Ci portiamo ora, transitando per Tavoleto alla possente rocca di Montefiore Conca, baluardo dei Malatesta ed ancora oggi per la sua particolare struttura e posizione riconoscibile anche da lontano in tutta la bassa valle del Conca. Prima di riguadagnare il corso del fiume è d'obbligo una ulteriore breve deviazione fino a Gemmano, paese coinvolto in un'aspra battaglia nel settembre del 1944 e completamente distrutto, oggi dell'antico borgo medioevale restano solo alcuni tratti della cinta muraria. La sua posizione e gli ampi panorami che si possono ammirare gli hanno comunque meritato l'appellativo di "balcone dell'Adriatico". Riportiamoci a Morciano di Romagna e in ulteriori 3,5 Km arriviamo a San Clemente, il cui antico castello è sempre stato in forte rivalità con i borghi di Saludecio e Montefiore per il controllo dei mercati e del guado di Morciano di Romagna. Le possenti mura di San Clemente sono testimoni delle lunghe e sanguinose contese che hanno caratterizzato tutto il territorio e cingono ancora oggi il pittoresco abitato. Mantenendosi alti sul corso del fiume, raggiungiamo per strade locali che corrono fra ordinati coltivi ai centri di Montecolombo e di Montescudo. Riguadagnamo il corso del fiume e poco dopo aver lasciato la provincia di Rimini per entrare nelle Marche in provincia di Pesaro affrontiamo l'ennesima deviazione, sempre in sponda sinistra del Conca, per raggiungere Sassofeltrio antico e potente castello già conosciuto con il nome Serra del Sasso. Ulteriori 6 km ci riportano a fondovalle, al moderno abitato di Mercatino Conca, unico paese della vallata edificato in sponda al fiume che qui viene attraversato un un lungo ponte a 6 arcate che conduce alla attigua valle del Foglia. Proseguiamo però verso monte sulla SP 2 e poco dopo aver superato Mercatino Conca troviamo una deviazione sulla destra che ci riporta sulle colline, verso la nostra successiva meta: Montegrimano, centro termale e antico borgo fortificato con caratteristica struttura interna a conformazione a spirale, punto panoramico di notevole interesse sulla media valle del fiume Conca. Ridiscendiamo a valle e in circa 9 Km raggiungiamo Monte Cerignone, antico maniero appollaiato su uno sperone roccioso al centro della valle del Conca. Continuando a risalire la valle giungiamo al bivio per Villagrande di Montecopiolo in 5 Km, moderna stazione turistica estiva e invernale posta ai margini del parco naturale Sasso Simone e Simoncello. Proseguendo di contro per la direttrice principale si raggiunge in breve Mercato Vecchio, sede comunale del castello e borgo di Pietrarubbia, antico nucleo fino a pochi anni orsono disabitato ed in rovina, oggetto recentemente di una lodevole ristrutturazione. Restano ora gli ultimi 6 Km per arrivare a Carpegna, ultimo paese della valle posto ai piedi dell'ominimo monte alto 1415 m., dal quale nasce il Conca o, come qualcuno più gentilmente lo chiamava, la Conca.
Torrente Ventena e Rio Ventena Il torrente Ventena è un corso d'acqua che nasce nella provincia di Pesaro-Urbino, precisamente sul colle di Tavoleto e che sfocia nel Mar Adriatico, a nord-ovest di Cattolica, nella provincia di Rimini. Il torrente affianca, nella zona meridionale della provincia di Rimini, i bacini idrografici dei fiumi Conca, Tavollo e Foglia. Gran parte del suo bacino è compreso nei comuni di San Giovanni in Marignano e di Saludecio. Superato l'abitato di San Giovanni in Marignano, dove in passato alimentava il fossato del castello, il torrente percorre 2 km tra pochi campi e molte fabbriche, con un percorso molto tortuoso, lento e pianeggiante, per arrivare a Cattolica, dove dà il nome ad un quartiere, deviando bruscamente e scorrendo per circa 1 km quasi parallelo al mare Adriatico dove sfocia, poco lontano dal fiume Conca. Da qualche anno alla foce è stato costruito un piccolo porto canale per piccole imbarcazioni. Rio Ventena Lo stesso nome è stato attribuito anche al piccolo corso d'acqua che scorre quasi parallelo tra i comuni di Montefiore Conca e Gemmano. Nasce dal Monte di San Giovanni per poi confluire nel Conca poco prima dell'arrivo in Morciano di Romagna. La piccola valle di questo rio è nel primo tratto marchigiana in provincia di Pesaro-Urbino e scarsamente popolata, con i piccolissimi borghi che costituivano le frazioni dell'ex-comune di Castelnuovo, ora soppresso. Il secondo tratto del rio è romagnolo e, attorniato da coltivazioni e bosco, resta inaccessibile per mancanza di strade.
Ventena
Torrente Ventena e Rio Ventena Il torrente Ventena è un corso d'acqua che nasce nella provincia di Pesaro-Urbino, precisamente sul colle di Tavoleto e che sfocia nel Mar Adriatico, a nord-ovest di Cattolica, nella provincia di Rimini. Il torrente affianca, nella zona meridionale della provincia di Rimini, i bacini idrografici dei fiumi Conca, Tavollo e Foglia. Gran parte del suo bacino è compreso nei comuni di San Giovanni in Marignano e di Saludecio. Superato l'abitato di San Giovanni in Marignano, dove in passato alimentava il fossato del castello, il torrente percorre 2 km tra pochi campi e molte fabbriche, con un percorso molto tortuoso, lento e pianeggiante, per arrivare a Cattolica, dove dà il nome ad un quartiere, deviando bruscamente e scorrendo per circa 1 km quasi parallelo al mare Adriatico dove sfocia, poco lontano dal fiume Conca. Da qualche anno alla foce è stato costruito un piccolo porto canale per piccole imbarcazioni. Rio Ventena Lo stesso nome è stato attribuito anche al piccolo corso d'acqua che scorre quasi parallelo tra i comuni di Montefiore Conca e Gemmano. Nasce dal Monte di San Giovanni per poi confluire nel Conca poco prima dell'arrivo in Morciano di Romagna. La piccola valle di questo rio è nel primo tratto marchigiana in provincia di Pesaro-Urbino e scarsamente popolata, con i piccolissimi borghi che costituivano le frazioni dell'ex-comune di Castelnuovo, ora soppresso. Il secondo tratto del rio è romagnolo e, attorniato da coltivazioni e bosco, resta inaccessibile per mancanza di strade.
Fiume Tavollo Il Tavollo è un torrente che attraversa le province di Pesaro e Urbino e di Rimini. Fra i corsi d'acqua che sfociano nella Regione Marche è il più settentrionale. Percorso Nasce dalle pendici settentrionali del monte Zaccarelli, a Mondaino (RN) in Emilia-Romagna. Scorre in territorio romagnolo e marchigiano e sfocia sul confine tra le due regioni, tra i comuni di Cattolica e Gabicce Mare, delle quali costituisce il porto canale e segna il confine intercomunale; delinea quindi anche i confini tra le province di Rimini e Pesaro-Urbino. Nel suo breve percorso di 11 km, il Tavollo bagna i territori comunali di Saludecio, San Giovanni in Marignano e Cattolica in provincia di Rimini, Tavullia, Gradara e Gabicce Mare in provincia di Pesaro e Urbino.
Fiume Tavollo
Fiume Tavollo Il Tavollo è un torrente che attraversa le province di Pesaro e Urbino e di Rimini. Fra i corsi d'acqua che sfociano nella Regione Marche è il più settentrionale. Percorso Nasce dalle pendici settentrionali del monte Zaccarelli, a Mondaino (RN) in Emilia-Romagna. Scorre in territorio romagnolo e marchigiano e sfocia sul confine tra le due regioni, tra i comuni di Cattolica e Gabicce Mare, delle quali costituisce il porto canale e segna il confine intercomunale; delinea quindi anche i confini tra le province di Rimini e Pesaro-Urbino. Nel suo breve percorso di 11 km, il Tavollo bagna i territori comunali di Saludecio, San Giovanni in Marignano e Cattolica in provincia di Rimini, Tavullia, Gradara e Gabicce Mare in provincia di Pesaro e Urbino.
Valle del Foglia Il Fiume Foglia nasce sul Monte Sovara m. 980 e sfocia dopo un percorso di 90 Km nel mare Adriatico a Pesaro creando il porto canale della città. I principali centri che si incontrano scendendo la vallata sono: Sestino Belforte all'Isauro Piandimeleto Lunano Sassocorvaro Auditore Da Auditore il corso del fiume prosegue dopo aver effettuato un'ampia ansa per Montecalvo Foglia, Corboldolo, Montelabbate ed infine Pesaro. Risaliamo la vallata partendo dall'uscita di Persaro e Urbino dell'autostrada A14 e seguiamo le indicazioni per Urbino fino al paese di Montecchio. Qui lasciamo la statale per seguire, deviazione a destra, la provinciale per Sassocorvaro. Poco più di 19 Km e superiamo le frazioni di San Giorgio, Borgo Massano, Ca' Gallo e Casinina. E' da questa frazione che, volendo, si può effettuare la breve deviazione che ci porta alla prima cittadina inserita in questo sito: Auditore. Piccolo borgo fortificato posto su un'altura della valle del fiume Foglia, sulle pendici del monte San Giovanni. Anticamente famoso per la lavorazione del bronzo, vi si producevano principalmente campane e cannoni. Riguadagnamo il fondovalle e percorriamo i 12 Km che ci separano da Mercatale, frazione posta in riva all'omonimo pittoresco lago formato dal fiume Foglia. E' possibile con una breve deviazione raggiungere Sassocorvaro, importante e strategica Rocca Ubaldinesca posta su uno sperone di roccia dominante la valle del Foglia ed il lago di Mercatale. Seguono 8,6 Km di strada di fondovalle e si giunge al paese di Lunano, piccolo centro a 297 m. s.l.m. con gli interessanti ruderi dell'antico castello e il mistico Monte Illuminato. Da Lunano importante quadrivio: - a sinistra per Urbania e, con una moderna galleria, per Sant'Angelo in Vado (valle del Metauro), - a destra per Carpegna transitando per Frontino. Proseguendo verso monte poche curve e la strada, che fino ad ora si era tenuta sulla sinistra orografica del fiume, lo attraversa per raggiungere Piandimeleto sede di un ben conservato castello del XVI sec., appartenuto ai Conti Oliva. Seguono 3 Km e giungiamo a Belforte all'Isauro da Pisaurum, antico nome del fiume Foglia. Da Belforte ulteriore possibilità di deviazione: - per Carpegna Km 14, attraverso un passo che transita per San Sisto e per l'ameno convento di Montefiorentino. - per Sant'Angelo in Vado Km 10,5 per passo relativamente dolce (dislivello poco più di 200 m.). Lasciamo il paese di Belforte per proseguire verso monte e poco dopo l'abitato, il corso del fiume e della strada attigua entrano in Toscana nella provincia di Arezzo. Da Belforte a Sestino (prossimo Comune della vallata) ci sono solo 8 Km, ma in questo breve tratto passiamo più volte dalla Regione Marche alla Regione Toscana. Appena usciti da Belforte superiamo il primo confine di Regione Marche-Toscana. Pochi chilomeri e giungiamo ad un interessantissimo borgo medioevale egregiamente conservato e tutt'ora abitato, Monterone. Una sosta anche di pochi minuti per ammirare il piccolo borgo è d'obbligo. Superato Monterone rientriamo momentaneamente per poche centinaia di metri nelle Marche, per poi rioltrepassare il confine e portarci definitivamente in Toscana nei pressi di Sestino, ultimo comune della vallata. A Sestino m. 456 la strada abbandona il corso del fiume Foglia che punta decisamente verso la sua sorgente posta a 980 m. sul Monte Sasso Aguzzo. Da Sestino si può proseguire verso il crinale ed i suoi passi principali seguendo le direzioni: - Passo Spugna m. 751 fino a Borgo Pace Km 13 e poi per Bocca Trabaria, - Valico San Cristoforo m. 901 fino a Badia Tedalda Km 16 e poi per Passo di Viamaggio.
Foglia
Valle del Foglia Il Fiume Foglia nasce sul Monte Sovara m. 980 e sfocia dopo un percorso di 90 Km nel mare Adriatico a Pesaro creando il porto canale della città. I principali centri che si incontrano scendendo la vallata sono: Sestino Belforte all'Isauro Piandimeleto Lunano Sassocorvaro Auditore Da Auditore il corso del fiume prosegue dopo aver effettuato un'ampia ansa per Montecalvo Foglia, Corboldolo, Montelabbate ed infine Pesaro. Risaliamo la vallata partendo dall'uscita di Persaro e Urbino dell'autostrada A14 e seguiamo le indicazioni per Urbino fino al paese di Montecchio. Qui lasciamo la statale per seguire, deviazione a destra, la provinciale per Sassocorvaro. Poco più di 19 Km e superiamo le frazioni di San Giorgio, Borgo Massano, Ca' Gallo e Casinina. E' da questa frazione che, volendo, si può effettuare la breve deviazione che ci porta alla prima cittadina inserita in questo sito: Auditore. Piccolo borgo fortificato posto su un'altura della valle del fiume Foglia, sulle pendici del monte San Giovanni. Anticamente famoso per la lavorazione del bronzo, vi si producevano principalmente campane e cannoni. Riguadagnamo il fondovalle e percorriamo i 12 Km che ci separano da Mercatale, frazione posta in riva all'omonimo pittoresco lago formato dal fiume Foglia. E' possibile con una breve deviazione raggiungere Sassocorvaro, importante e strategica Rocca Ubaldinesca posta su uno sperone di roccia dominante la valle del Foglia ed il lago di Mercatale. Seguono 8,6 Km di strada di fondovalle e si giunge al paese di Lunano, piccolo centro a 297 m. s.l.m. con gli interessanti ruderi dell'antico castello e il mistico Monte Illuminato. Da Lunano importante quadrivio: - a sinistra per Urbania e, con una moderna galleria, per Sant'Angelo in Vado (valle del Metauro), - a destra per Carpegna transitando per Frontino. Proseguendo verso monte poche curve e la strada, che fino ad ora si era tenuta sulla sinistra orografica del fiume, lo attraversa per raggiungere Piandimeleto sede di un ben conservato castello del XVI sec., appartenuto ai Conti Oliva. Seguono 3 Km e giungiamo a Belforte all'Isauro da Pisaurum, antico nome del fiume Foglia. Da Belforte ulteriore possibilità di deviazione: - per Carpegna Km 14, attraverso un passo che transita per San Sisto e per l'ameno convento di Montefiorentino. - per Sant'Angelo in Vado Km 10,5 per passo relativamente dolce (dislivello poco più di 200 m.). Lasciamo il paese di Belforte per proseguire verso monte e poco dopo l'abitato, il corso del fiume e della strada attigua entrano in Toscana nella provincia di Arezzo. Da Belforte a Sestino (prossimo Comune della vallata) ci sono solo 8 Km, ma in questo breve tratto passiamo più volte dalla Regione Marche alla Regione Toscana. Appena usciti da Belforte superiamo il primo confine di Regione Marche-Toscana. Pochi chilomeri e giungiamo ad un interessantissimo borgo medioevale egregiamente conservato e tutt'ora abitato, Monterone. Una sosta anche di pochi minuti per ammirare il piccolo borgo è d'obbligo. Superato Monterone rientriamo momentaneamente per poche centinaia di metri nelle Marche, per poi rioltrepassare il confine e portarci definitivamente in Toscana nei pressi di Sestino, ultimo comune della vallata. A Sestino m. 456 la strada abbandona il corso del fiume Foglia che punta decisamente verso la sua sorgente posta a 980 m. sul Monte Sasso Aguzzo. Da Sestino si può proseguire verso il crinale ed i suoi passi principali seguendo le direzioni: - Passo Spugna m. 751 fino a Borgo Pace Km 13 e poi per Bocca Trabaria, - Valico San Cristoforo m. 901 fino a Badia Tedalda Km 16 e poi per Passo di Viamaggio.

Cascata

Il torrente Lavane si getta nell'Acquacheta dalla sinistra orografica, poco dopo aver alimentato la cascata, di altezza inferiore rispetto a quella dell’Acquacheta. Anche la cascatella del Lavane è uno spettacolo suggestivo: l'acqua cade, scorrendo in picchiata su di una levigata parete rocciosa, in uno specchio d'acqua quasi circolare, assai profondo e di colore verde brillante, bordato da rocce: quasi una piscina naturale.
11 preporuka/e lokalaca
Cascata dell'Acquacheta
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Il torrente Lavane si getta nell'Acquacheta dalla sinistra orografica, poco dopo aver alimentato la cascata, di altezza inferiore rispetto a quella dell’Acquacheta. Anche la cascatella del Lavane è uno spettacolo suggestivo: l'acqua cade, scorrendo in picchiata su di una levigata parete rocciosa, in uno specchio d'acqua quasi circolare, assai profondo e di colore verde brillante, bordato da rocce: quasi una piscina naturale.
San Benedetto in Alpe L’Acquacheta è il più importante affluente del Montone. Nasce sull'Appennino toscano nei pressi del comune di San Godenzo, in Provincia di Firenze. Poco prima di passare per San Benedetto in Alpe in provincia di Forlì-Cesena, dove unendosi al Troncalosso forma il Montone, precipita in modo spettacolare da un alto salto di arenaria, dividendosi in mille, rumorosi rivoli. L'altezza del salto più alto delle cascate è di oltre 70 metri, collocandola di fatto tra le maggiori dell'Appennino Settentrionale. Oggi la cascata è inserita nel Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna di cui rappresenta uno degli elementi naturali più importanti e si raggiunge tramite due ore di sentiero dalla frazione di San Benedetto in Alpe. È stato reso famoso da Dante Alighieri, che l'ha citato nella Divina Commedia (Inf. XVI, 94-102). La cascata dell'Acquacheta è oggi meta di turismo, sia per il valore letterario del luogo (che rientra nei cosiddetti "parchi letterari"), sia per il suo valore naturalistico. L'Acquacheta è un corso d'acqua tosco-romagnolo, affluente del fiume Montone. Cascata dell’Acquacheta, Valle del Montone (Forlì-Cesena) Il fascino di questa cascata è tanto da meritare la menzione nel XVI canto dell’Inferno di Dante. L’Acquacheta è il più importante affluente del Montone e compie un salto di 70 metri nell’omonima cascata. La si raggiunge passando da San Benedetto in Alpe (FC), da cui parte il sentiero 407 che risale il torrente fino alle celebri Cascate dell'Acquacheta. Arriverete così a quel fiume che “rimbomba là sovra San Benedetto dell’Alpe, per cadere ad una scesa dove dovrìa per mille esser recetto” (Dante, Inferno, XIV).
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Cascata dell'Acquacheta
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San Benedetto in Alpe L’Acquacheta è il più importante affluente del Montone. Nasce sull'Appennino toscano nei pressi del comune di San Godenzo, in Provincia di Firenze. Poco prima di passare per San Benedetto in Alpe in provincia di Forlì-Cesena, dove unendosi al Troncalosso forma il Montone, precipita in modo spettacolare da un alto salto di arenaria, dividendosi in mille, rumorosi rivoli. L'altezza del salto più alto delle cascate è di oltre 70 metri, collocandola di fatto tra le maggiori dell'Appennino Settentrionale. Oggi la cascata è inserita nel Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna di cui rappresenta uno degli elementi naturali più importanti e si raggiunge tramite due ore di sentiero dalla frazione di San Benedetto in Alpe. È stato reso famoso da Dante Alighieri, che l'ha citato nella Divina Commedia (Inf. XVI, 94-102). La cascata dell'Acquacheta è oggi meta di turismo, sia per il valore letterario del luogo (che rientra nei cosiddetti "parchi letterari"), sia per il suo valore naturalistico. L'Acquacheta è un corso d'acqua tosco-romagnolo, affluente del fiume Montone. Cascata dell’Acquacheta, Valle del Montone (Forlì-Cesena) Il fascino di questa cascata è tanto da meritare la menzione nel XVI canto dell’Inferno di Dante. L’Acquacheta è il più importante affluente del Montone e compie un salto di 70 metri nell’omonima cascata. La si raggiunge passando da San Benedetto in Alpe (FC), da cui parte il sentiero 407 che risale il torrente fino alle celebri Cascate dell'Acquacheta. Arriverete così a quel fiume che “rimbomba là sovra San Benedetto dell’Alpe, per cadere ad una scesa dove dovrìa per mille esser recetto” (Dante, Inferno, XIV).
La Cascata dell’Alferello si trova nei pressi di Alfero, nell’Appennino Tosco Romagnolo, in provincia di Forlì-Cesena. Il torrente Alferello, che sorge nei pressi del Monte Fumaiolo, nella ripa della Moia, attraversa il paese di Alfero e a 2 km dal centro abitato forma questa cascata con un balzo di 32 metri. La cascata, detta anche “Cascata di Alfero” o “Cascata delle trote”, data la numerosa presenza ittica lungo questo tratto di fiume, è particolare per le dimensioni e le caratteristiche geomorfologiche del territorio e del torrente che la forma. A differenza degli altri torrenti dell’Appennino Romagnolo, dove tipicamente domina un contesto geologico composto da piccole rocce facilmente erodibili o ciottoli, il letto dell’Alferello è ostacolato da massi erratici, con un alternarsi di pozze naturali e di balzi d’acqua. Un flusso costante di acqua e la forte pendenza del terreno hanno favorito la costruzione di alcuni impianti idroelettrici, che forniscono energia elettrica al paese di Alfero a partire dalla fine degli anni ‘40. Oltre il centro abitato il torrente percorre un ultimo tratto prima di confluire nel fiume Para, in una zona caratterizzata da calanchi. Il torrente ha eroso in quest'area, nel corso dei millenni, strati di arenaria, dura all'erosione, e di marna più friabile. È la zona più selvaggia e meno accessibile del torrente, circondato da una fitta vegetazione di cerri e carpini. Lungo l’ultimo tratto dell’Alferello si trova la cascata. Il torrente scorre sopra un grosso banco piatto di calcare arenaceo spesso circa 3 metri, per poi sprofondare nel salto della cascata alto circa 32 metri,che crea alla base un’ampia vasca poco profonda che permette l’accesso alla doccia naturale. Seguono una serie di marmitte di erosione che formano altre pozze; la più profonda di queste è chiamata “il pozzo” ed è balneabile. La portata d'acqua varia a seconda delle piogge stagionali, tuttavia il flusso è continuo anche nei periodi più secchi. Dal 2017 è in funzione un impianto di illuminazione notturna.
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Vodopad Alferello (Vodopad pastrve)
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La Cascata dell’Alferello si trova nei pressi di Alfero, nell’Appennino Tosco Romagnolo, in provincia di Forlì-Cesena. Il torrente Alferello, che sorge nei pressi del Monte Fumaiolo, nella ripa della Moia, attraversa il paese di Alfero e a 2 km dal centro abitato forma questa cascata con un balzo di 32 metri. La cascata, detta anche “Cascata di Alfero” o “Cascata delle trote”, data la numerosa presenza ittica lungo questo tratto di fiume, è particolare per le dimensioni e le caratteristiche geomorfologiche del territorio e del torrente che la forma. A differenza degli altri torrenti dell’Appennino Romagnolo, dove tipicamente domina un contesto geologico composto da piccole rocce facilmente erodibili o ciottoli, il letto dell’Alferello è ostacolato da massi erratici, con un alternarsi di pozze naturali e di balzi d’acqua. Un flusso costante di acqua e la forte pendenza del terreno hanno favorito la costruzione di alcuni impianti idroelettrici, che forniscono energia elettrica al paese di Alfero a partire dalla fine degli anni ‘40. Oltre il centro abitato il torrente percorre un ultimo tratto prima di confluire nel fiume Para, in una zona caratterizzata da calanchi. Il torrente ha eroso in quest'area, nel corso dei millenni, strati di arenaria, dura all'erosione, e di marna più friabile. È la zona più selvaggia e meno accessibile del torrente, circondato da una fitta vegetazione di cerri e carpini. Lungo l’ultimo tratto dell’Alferello si trova la cascata. Il torrente scorre sopra un grosso banco piatto di calcare arenaceo spesso circa 3 metri, per poi sprofondare nel salto della cascata alto circa 32 metri,che crea alla base un’ampia vasca poco profonda che permette l’accesso alla doccia naturale. Seguono una serie di marmitte di erosione che formano altre pozze; la più profonda di queste è chiamata “il pozzo” ed è balneabile. La portata d'acqua varia a seconda delle piogge stagionali, tuttavia il flusso è continuo anche nei periodi più secchi. Dal 2017 è in funzione un impianto di illuminazione notturna.
In località Bocconi, frazione di San Benedetto, si trovano le oramai "famose" (merito o colpa di Instagram) cascate della Brusia ,un luogo balneabile, molto frequentato in estate dai bagnanti. Le cascate, le rocce sovrastanti disposte a strati e, la purezza dell'acqua, rendono estremamente suggestiva la balneazione. Le "Cascate della Brusia" si trovano proprio sotto il ponte e si gettano in una piscina naturale profonda a sufficienza per potersi tuffare da alcuni metri di altezza. L'acqua è fresca (alcuni direbbero freddina) ed è l'ideale per combattere il caldo delle giornate più torride. Il ponte della Brusia, con una struttura ad asino a tre arcate, è un esempio unico nel suo genere e prende il nome dalla cascata su cui è stato eretto.
Cascate della Brusia a Bocconi
23A Via Chiusure
In località Bocconi, frazione di San Benedetto, si trovano le oramai "famose" (merito o colpa di Instagram) cascate della Brusia ,un luogo balneabile, molto frequentato in estate dai bagnanti. Le cascate, le rocce sovrastanti disposte a strati e, la purezza dell'acqua, rendono estremamente suggestiva la balneazione. Le "Cascate della Brusia" si trovano proprio sotto il ponte e si gettano in una piscina naturale profonda a sufficienza per potersi tuffare da alcuni metri di altezza. L'acqua è fresca (alcuni direbbero freddina) ed è l'ideale per combattere il caldo delle giornate più torride. Il ponte della Brusia, con una struttura ad asino a tre arcate, è un esempio unico nel suo genere e prende il nome dalla cascata su cui è stato eretto.
Cascata Della Sega
9 Strada Provinciale 9 ter
Premilcuore
Immaginate un laghetto dal sapore caraibico sovrastato da una cascata, circondato da un anfiteatro naturale di rocce stratificate e immerso nella vegetazione. Ora immaginate che per fare un bagno nelle acque cristalline, rese più invitanti dalle innumerevoli sfumature azzurrine e verdognole, non dobbiate prendere un aereo e volare chissà in quale luogo sperduto, ma che vi basti prendere l’automobile e recarvi sull’Appennino Romagnolo. Il primo pensiero appena ci si trova difronte la Cascata di Civorio che dopo un salto di 15 m. si riversa in una deliziosa e invitante piscina naturale, è quello di essere arrivati in un’oasi paradisiaca. Il fragore dell’acqua, le increspature delicate della superficie e il frinire incessante delle cicale, unite alla meraviglia del luogo sono gli ingredienti di un incantesimo che ci fanno perdere il senso dello spazio e del tempo. Seppure l’acqua si decisamente fresca, sfido chiunque a non trovare il coraggio di buttarsi, in questo caso guardare non basta. Intorno alla cascata e al suo laghetto ci sono molti posti dove sdraiarsi a riposare, prendere il sole o stare all’ombra degli alberi, a seconda dei gusti. Non aspettatevi una spiaggia, ma erbetta e terra, oltre ad alcuni grandi massi lisci e comodi. Il nostro consiglio è quello, se potete di visitarla in un giorno infrasettimanale, per poter assaporare la Cascata di Civorio in completa solitudine, o quasi. Meglio arrivare la mattina perchè il laghetto è inondato dal sole, mentre nel primo pomeriggio (verso le 15 circa, dipende dalla stagione, ovviamente) inizia ad arrivare l’ombra. Come al solito quando vi parliamo di bagni nei fiumi e nei laghi, vi raccomandiamo grande attenzione, meglio non essere mai completamente soli, lasciare detto dove si va, attendere di aver digerito prima di fare il bagno e fare tuffi solamente se si è sicuri della profondità del lago/fiume in quella stagione. Purtroppo un paio di anni fa un ragazzo ha perso la vita proprio qui tuffandosi dalla cima della cascata, per cui, anche se la tentazione è tanta, meglio non farlo ed essere prudenti.
Cascata di Civorio
Immaginate un laghetto dal sapore caraibico sovrastato da una cascata, circondato da un anfiteatro naturale di rocce stratificate e immerso nella vegetazione. Ora immaginate che per fare un bagno nelle acque cristalline, rese più invitanti dalle innumerevoli sfumature azzurrine e verdognole, non dobbiate prendere un aereo e volare chissà in quale luogo sperduto, ma che vi basti prendere l’automobile e recarvi sull’Appennino Romagnolo. Il primo pensiero appena ci si trova difronte la Cascata di Civorio che dopo un salto di 15 m. si riversa in una deliziosa e invitante piscina naturale, è quello di essere arrivati in un’oasi paradisiaca. Il fragore dell’acqua, le increspature delicate della superficie e il frinire incessante delle cicale, unite alla meraviglia del luogo sono gli ingredienti di un incantesimo che ci fanno perdere il senso dello spazio e del tempo. Seppure l’acqua si decisamente fresca, sfido chiunque a non trovare il coraggio di buttarsi, in questo caso guardare non basta. Intorno alla cascata e al suo laghetto ci sono molti posti dove sdraiarsi a riposare, prendere il sole o stare all’ombra degli alberi, a seconda dei gusti. Non aspettatevi una spiaggia, ma erbetta e terra, oltre ad alcuni grandi massi lisci e comodi. Il nostro consiglio è quello, se potete di visitarla in un giorno infrasettimanale, per poter assaporare la Cascata di Civorio in completa solitudine, o quasi. Meglio arrivare la mattina perchè il laghetto è inondato dal sole, mentre nel primo pomeriggio (verso le 15 circa, dipende dalla stagione, ovviamente) inizia ad arrivare l’ombra. Come al solito quando vi parliamo di bagni nei fiumi e nei laghi, vi raccomandiamo grande attenzione, meglio non essere mai completamente soli, lasciare detto dove si va, attendere di aver digerito prima di fare il bagno e fare tuffi solamente se si è sicuri della profondità del lago/fiume in quella stagione. Purtroppo un paio di anni fa un ragazzo ha perso la vita proprio qui tuffandosi dalla cima della cascata, per cui, anche se la tentazione è tanta, meglio non farlo ed essere prudenti.
Il ripido corso del fiume Rabbi si inalvea in un gorgo e forma una cascata che travolge le depressioni presenti tra le rocce, fino a riversarsi in uno spettacolare abisso, sotto un antico ponte in pietra del XVII sec.. Il rumore generato dall'acqua e amplificato dall'acustica naturale è tale che da sempre questo luogo viene chiamato la grotta urlante. La grotta urlante è stata descritta come un paradiso di acque limpide «immerso nel contesto naturale di un parco di notevole bellezza, con una suggestiva cascata, la grotta e i laghetti al suo interno, ideali per tuffarsi, giocare e prendere il sole sulle rocce attorno. Dalla grotta si può seguire il corso del fiume e incontrare altre piscine naturali dove fare il bagno e tuffarsi. Circa un chilometro ancora e si incontrano la Cascata della Sega, una cascata doppia molto suggestiva, e la Seghina, più piccola ma comunque affascinante.
Vodopad Urlante Premilcuore
Il ripido corso del fiume Rabbi si inalvea in un gorgo e forma una cascata che travolge le depressioni presenti tra le rocce, fino a riversarsi in uno spettacolare abisso, sotto un antico ponte in pietra del XVII sec.. Il rumore generato dall'acqua e amplificato dall'acustica naturale è tale che da sempre questo luogo viene chiamato la grotta urlante. La grotta urlante è stata descritta come un paradiso di acque limpide «immerso nel contesto naturale di un parco di notevole bellezza, con una suggestiva cascata, la grotta e i laghetti al suo interno, ideali per tuffarsi, giocare e prendere il sole sulle rocce attorno. Dalla grotta si può seguire il corso del fiume e incontrare altre piscine naturali dove fare il bagno e tuffarsi. Circa un chilometro ancora e si incontrano la Cascata della Sega, una cascata doppia molto suggestiva, e la Seghina, più piccola ma comunque affascinante.
A circa 2,5 km dalla conclusione di questo itinerario ad anello, abbiamo la situazione naturale sicuramente più bella e suggestiva dell’intero percorso: la Cascata degli Scalandrini, un salto del Fosso di Fangacci di oltre ottanta metri. Una rotondeggiante parete rocciosa fa da contorno a questo spumeggiante spettacolo. Con la stagione arida la cascata si riduce a un rigagnolo d’acqua. Certamente la stagione migliore per osservarla è la primavera, quando i faggi si ricoprono delle prime foglie verde tenue e il fosso è, generalmente, ancora ricco d’acqua. Attenzione, in questa stagione il terreno è ancora umido e lo stretto sentiero che in un centinaio di metri conduce dal CAI 227 alla cascata può essere insidioso, in particolare nella sua parte finale. L’imbocco di questo sentiero dal percorso principale non è facilmente individuabile. Teniamo presente il Belvedere che mostra la pagina successiva, circa 20 metri prima di questo, in una curva a sinistra salendo, c’è l’inizio del sentiero
Scalandrini
A circa 2,5 km dalla conclusione di questo itinerario ad anello, abbiamo la situazione naturale sicuramente più bella e suggestiva dell’intero percorso: la Cascata degli Scalandrini, un salto del Fosso di Fangacci di oltre ottanta metri. Una rotondeggiante parete rocciosa fa da contorno a questo spumeggiante spettacolo. Con la stagione arida la cascata si riduce a un rigagnolo d’acqua. Certamente la stagione migliore per osservarla è la primavera, quando i faggi si ricoprono delle prime foglie verde tenue e il fosso è, generalmente, ancora ricco d’acqua. Attenzione, in questa stagione il terreno è ancora umido e lo stretto sentiero che in un centinaio di metri conduce dal CAI 227 alla cascata può essere insidioso, in particolare nella sua parte finale. L’imbocco di questo sentiero dal percorso principale non è facilmente individuabile. Teniamo presente il Belvedere che mostra la pagina successiva, circa 20 metri prima di questo, in una curva a sinistra salendo, c’è l’inizio del sentiero

Laghi

Vuoi pescare, fare un aperitivo o goderti un tramonto
Fiumicello frazione di Premilcuore
Fiumicello
Fiumicello frazione di Premilcuore
Il Lago degli Idoli è il più importante sito archeologico casentinese, in cui è stata raccolta una delle più cospicue testimonianze del culto del mondo etrusco. Situato in località Ciliegeta (1380 m s.l.m), a sud della cima del Monte Falterona e a poche centinaia di metri dalla sorgente Capo D’Arno, risulta geograficamente il punto centrale di raccordo tra l’Appennino Toscano e quello Emiliano-romagnolo. Nel VI secolo a.C. gli Etruschi consideravano sacro il Monte Falterona e pertanto gettavano le loro offerte nel lago di Ciliegeta, vicino alle sorgenti del fiume Arno. Sono stati ritrovati, dal 1838 fino ad oggi, numerosi reperti etruschi, alcuni dei quali sono conservati al British Museum di Londra e al Louvre di Parigi.
Lago degli Idoli
Il Lago degli Idoli è il più importante sito archeologico casentinese, in cui è stata raccolta una delle più cospicue testimonianze del culto del mondo etrusco. Situato in località Ciliegeta (1380 m s.l.m), a sud della cima del Monte Falterona e a poche centinaia di metri dalla sorgente Capo D’Arno, risulta geograficamente il punto centrale di raccordo tra l’Appennino Toscano e quello Emiliano-romagnolo. Nel VI secolo a.C. gli Etruschi consideravano sacro il Monte Falterona e pertanto gettavano le loro offerte nel lago di Ciliegeta, vicino alle sorgenti del fiume Arno. Sono stati ritrovati, dal 1838 fino ad oggi, numerosi reperti etruschi, alcuni dei quali sono conservati al British Museum di Londra e al Louvre di Parigi.
Para frazione di Meldola
Lago del sole
168 Viale Bidente
Para frazione di Meldola
Bellaria Igea Marina
Lago della fornace
25 Via Fornace
Bellaria Igea Marina
Lago delle Ghiarine
Ravenna
Acquapartita frazione di Bagno di Romagna
Jezero Acquapartita
103 Via Acquapartita
Acquapartita frazione di Bagno di Romagna
Monteleone frazione di Roncofreddo
Lago di Monteleone
400 Via Selve
Monteleone frazione di Roncofreddo
Lago di Poggio Baldi
Santa Sofia
Quarto frazione di Sarsina
Lago di Quarto
Via del Lago
Quarto frazione di Sarsina
Sembra che il nome di Ridracoli, piccolo raggruppamento di case, posto sull’omonimo ramo del fiume Bidente, abbia avuto origine da una corruzione del nome Rio degli Oracoli, dal latino Rivus Oracolorum. Questo starebbe a indicare la presenza di un tempio pagano lungo questo corso d’acqua. Nel tempio si credeva fosse presente una sibilla che pronunciava sentenze indirizzate ai viandanti. Fino al 1652 fu presente, nella sponda opposta del fiume rispetto al nucleo principale, un Eremo dedicato a San Lorenzo. Il piccolo centro è composto dalla chiesa dedicata a San Martino, un ponte con annesso un edificio in cui aveva sede un’osteria, qualche casa e un mulino. Vi è poi Palazzo Giovannetti, ora sede del ristorante “Il Palazzo” in cui aveva sede la scuola, spostata nella canonica nel 1961. Non molto distante dalla chiesa si trova il cimitero. L’economia della zona era di tipo montano, legata al taglio del bosco e alla produzione del carbone, così come all’allevamento ovino per la produzione di formaggio e lana. La coltivazione era riservata ai terreni meno impervi. Nel piccolo nucleo nel 1913 abitavano 326 persone, scesi a 250 abitanti nel 1959, a 120 nel 1962, a 43 nel 1971 e a soli 3 nel 2020. La valle ha riacquistato vivacità grazie alla costruzione della soprastante diga (1975-1982) che ha indotto il fiume Bidente a formare un lago che si addentra per circa 5 km nel cuore della montagna, capace di 33 milioni di metri cubi di acqua per dissetare la Romagna. La diga di Ridracoli è un’opera di alta ingegneria che dal 1987 fornisce acqua potabile ai comuni della Romagna e alla Repubblica di San Marino. Il “Gigante della Romagna” è inserito nel territorio del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi che, con i suoi 36.426 ettari di foreste incontaminate tra Emilia Romagna e Toscana è tra le più estese e meglio conservate d’Italia, la Riserva integrale di Sasso Fratino, cuore del parco, è Patrimonio UNESCO dal 2017.
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Lago di Ridràcoli
6 preporuka/e lokalaca
Sembra che il nome di Ridracoli, piccolo raggruppamento di case, posto sull’omonimo ramo del fiume Bidente, abbia avuto origine da una corruzione del nome Rio degli Oracoli, dal latino Rivus Oracolorum. Questo starebbe a indicare la presenza di un tempio pagano lungo questo corso d’acqua. Nel tempio si credeva fosse presente una sibilla che pronunciava sentenze indirizzate ai viandanti. Fino al 1652 fu presente, nella sponda opposta del fiume rispetto al nucleo principale, un Eremo dedicato a San Lorenzo. Il piccolo centro è composto dalla chiesa dedicata a San Martino, un ponte con annesso un edificio in cui aveva sede un’osteria, qualche casa e un mulino. Vi è poi Palazzo Giovannetti, ora sede del ristorante “Il Palazzo” in cui aveva sede la scuola, spostata nella canonica nel 1961. Non molto distante dalla chiesa si trova il cimitero. L’economia della zona era di tipo montano, legata al taglio del bosco e alla produzione del carbone, così come all’allevamento ovino per la produzione di formaggio e lana. La coltivazione era riservata ai terreni meno impervi. Nel piccolo nucleo nel 1913 abitavano 326 persone, scesi a 250 abitanti nel 1959, a 120 nel 1962, a 43 nel 1971 e a soli 3 nel 2020. La valle ha riacquistato vivacità grazie alla costruzione della soprastante diga (1975-1982) che ha indotto il fiume Bidente a formare un lago che si addentra per circa 5 km nel cuore della montagna, capace di 33 milioni di metri cubi di acqua per dissetare la Romagna. La diga di Ridracoli è un’opera di alta ingegneria che dal 1987 fornisce acqua potabile ai comuni della Romagna e alla Repubblica di San Marino. Il “Gigante della Romagna” è inserito nel territorio del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi che, con i suoi 36.426 ettari di foreste incontaminate tra Emilia Romagna e Toscana è tra le più estese e meglio conservate d’Italia, la Riserva integrale di Sasso Fratino, cuore del parco, è Patrimonio UNESCO dal 2017.
Carpena frazione di Forlì
Lago Foma
Viale Bidente
Carpena frazione di Forlì
Bagno di Romagna
Lago Lungo
Bagno di Romagna
Bagno di Romagna
Lago Pontini
Bagno di Romagna
Predappio
Lago San Zeno
33 Strada Provinciale 9 ter
Predappio
Lago Standiana
Ravenna
Tredozio Il Lago di Ponte, a monte di Tredozio sul torrente Tramazzo, è stato creato artificialmente nel 1962 e oggi risulta perfettamente integrato nel paesaggio naturale. E’ situato in una delle zone più naturali e ricche di sentieri del Parco. Nei pressi del Lago si segnala il Rifugio Casa Ponte, gestito come Rifugio con possibilità di ricovero e ristoro.
Lago di Ponte
43 Via lago di ponte
Tredozio Il Lago di Ponte, a monte di Tredozio sul torrente Tramazzo, è stato creato artificialmente nel 1962 e oggi risulta perfettamente integrato nel paesaggio naturale. E’ situato in una delle zone più naturali e ricche di sentieri del Parco. Nei pressi del Lago si segnala il Rifugio Casa Ponte, gestito come Rifugio con possibilità di ricovero e ristoro.

Vulcano

Il monte Busca (740 m s.l.m.) è una montagna dell'Appennino tosco-romagnolo, situata in Romagna, tra l'alta val Montone e l'alta val Tramazzo caratterizzato da una fontana ardente di metano attiva da prima del XVI sec. chiamata erroneamente "vulcano". Una fontana ardente è una fuoruscita dal terreno di idrocarburi gassosi che spesso si incendiano spontaneamente e sono diffuse in Romagna e nel Medio Oriente. Nel caso del monte Busca si tratta di una fontana ardente di metano. Uno dei primi riferimenti al "vulcano" è il libro di metà XVI sec. “Descrittione di tutta Italia” del frate domenicano bolognese Leandro Alberti. Negli anni trenta del Novecento divenne proprietà della Società Idrocarburi Metano, che nel 1939 costruì una condotta e un edificio per lo sfruttamento del metano inaugurati da Mussolini. Caduto in disuso, il gas riprese a sgorgare nuovamente, ma da una nuova uscita, da allora rimasta attiva. Nel dopoguerra sul monte Busca venne condotta un'esplorazione preliminare di due anni per conto della società statunitense Macmillan Petroleum Corporation, ma gli studi non portarono a nessun nuovo sfruttamento del giacimento che venne completamente abbandonato. Nel 1975 ci fu l'ultima esplorazione da parte di una società petrolifera nei pressi del "vulcano" che perforò un pozzo ma non trovò giacimenti di rilievo economico e quindi sospese le ricerche.
8 preporuka/e lokalaca
Vulcano Monte Busca
S.P. 22 per Tredozio al km 7+700
8 preporuka/e lokalaca
Il monte Busca (740 m s.l.m.) è una montagna dell'Appennino tosco-romagnolo, situata in Romagna, tra l'alta val Montone e l'alta val Tramazzo caratterizzato da una fontana ardente di metano attiva da prima del XVI sec. chiamata erroneamente "vulcano". Una fontana ardente è una fuoruscita dal terreno di idrocarburi gassosi che spesso si incendiano spontaneamente e sono diffuse in Romagna e nel Medio Oriente. Nel caso del monte Busca si tratta di una fontana ardente di metano. Uno dei primi riferimenti al "vulcano" è il libro di metà XVI sec. “Descrittione di tutta Italia” del frate domenicano bolognese Leandro Alberti. Negli anni trenta del Novecento divenne proprietà della Società Idrocarburi Metano, che nel 1939 costruì una condotta e un edificio per lo sfruttamento del metano inaugurati da Mussolini. Caduto in disuso, il gas riprese a sgorgare nuovamente, ma da una nuova uscita, da allora rimasta attiva. Nel dopoguerra sul monte Busca venne condotta un'esplorazione preliminare di due anni per conto della società statunitense Macmillan Petroleum Corporation, ma gli studi non portarono a nessun nuovo sfruttamento del giacimento che venne completamente abbandonato. Nel 1975 ci fu l'ultima esplorazione da parte di una società petrolifera nei pressi del "vulcano" che perforò un pozzo ma non trovò giacimenti di rilievo economico e quindi sospese le ricerche.

Valichi e passi

Per gli amanti delle curve
Monte Albano (Zattaglia) Unisce la valle del Senio con la valle del Sintria
Monte Albano
Monte Albano (Zattaglia) Unisce la valle del Senio con la valle del Sintria
Collega Predappio con Rocca San Casaciano (variante per Dovadola)
Monte Colombo
SP47
Collega Predappio con Rocca San Casaciano (variante per Dovadola)
Da Civitella alla valle del Borello Strada Provinciale 76
Monte delle Ruote
SP76
Da Civitella alla valle del Borello Strada Provinciale 76
Da Galeata a Strada San Zeno
Monte e passo delle Forche
SP24
Da Galeata a Strada San Zeno
Unisce la valle del Tevere con la valle dell'Alferello tributario del Fiume Savio.
Mount Fumaiolo
Unisce la valle del Tevere con la valle dell'Alferello tributario del Fiume Savio.
Collega Carpegna con Ponte Messa (valle del Marecchia)
passo Cantoniera
Collega Carpegna con Ponte Messa (valle del Marecchia)
Marradi con Palazzuolo sul Senio Collega le valli del Lamone e del Senio
Passo Carnevale
Strada Provinciale Casolana-Riolese
Marradi con Palazzuolo sul Senio Collega le valli del Lamone e del Senio
Passo di crinale Collega le valli del Savio e dell'Arno, Bagno di Romagna con Badia Prataglia
Passo dei Mandrioli
Passo di crinale Collega le valli del Savio e dell'Arno, Bagno di Romagna con Badia Prataglia
Bagno di Romagna con Santa Sofia Il passo del Carnaio è un valico appenninico che collega le valli del Bidente e del Savio e i comuni di Bagno di Romagna e Santa Sofia nella regione Emilia-Romagna, provincia di Forlì-Cesena.
Passo del Carnaio
25 SP26
Bagno di Romagna con Santa Sofia Il passo del Carnaio è un valico appenninico che collega le valli del Bidente e del Savio e i comuni di Bagno di Romagna e Santa Sofia nella regione Emilia-Romagna, provincia di Forlì-Cesena.
Unisce la Romagna (valle del Montone) con la Toscana (valle di San Godenzo) Strada Statale 67
Passo del Muraglione station
133 Strada Statale 67 Tosco Romagnola
Unisce la Romagna (valle del Montone) con la Toscana (valle di San Godenzo) Strada Statale 67
Unisce la valle del Santerno con la valle del Senio - Strada della lavanda.
Passo del Prugno
Unisce la valle del Santerno con la valle del Senio - Strada della lavanda.
Fiumicello frazione di Premilcuore Collega Corniolo (valle del Bidente) con la SS 9 ter del Rabbi a monte di Premilcuore
Passo della Braccina
1 Via Fiumicello
Fiumicello frazione di Premilcuore Collega Corniolo (valle del Bidente) con la SS 9 ter del Rabbi a monte di Premilcuore
Unisce la Romagna (valle del Lamone) con il Mugello (val di Sieve)
Passo della Colla
Unisce la Romagna (valle del Lamone) con il Mugello (val di Sieve)
Passo di crinale
8 preporuka/e lokalaca
Futa Pass
8 preporuka/e lokalaca
Passo di crinale
Collega Ranchio con Mercato Saraceno
Passo della Ginestra
Località Campiano
Collega Ranchio con Mercato Saraceno
San Piero in Bagno con Alfero
Passo dell'Incisa
230 SP43
San Piero in Bagno con Alfero
L'antico tracciato della via Flaminia minor dell'Impero Romano sembra coincidesse con il passo dell'Osteria Bruciata (mt 917) posto tra gli attuali passo Futa e Giogo di Scarperia.
Passo dell'Osteria Bruciata
L'antico tracciato della via Flaminia minor dell'Impero Romano sembra coincidesse con il passo dell'Osteria Bruciata (mt 917) posto tra gli attuali passo Futa e Giogo di Scarperia.
Collega le valli del Montone e del Lamone San Benedetto in Alpe con Marradi
Passo della Peschiera
Strada Provinciale 55
Collega le valli del Montone e del Lamone San Benedetto in Alpe con Marradi
Valle del Sillaro - Mugello da Sassoleone al Passo
Passo della Raticosa
Strada Provinciale 58 Piancaldolese
Valle del Sillaro - Mugello da Sassoleone al Passo
Unisce la valle del Senio con il Mugello (val di Sieve). Da Palazzuolo al passo Km. 11 dal Passo a Colla Casaglia
Passo della Sambuca
Unisce la valle del Senio con il Mugello (val di Sieve). Da Palazzuolo al passo Km. 11 dal Passo a Colla Casaglia
Collega Rocca San Casciano (valle del Montone) con Strada San Zeno (valle del Rabbi)
Passo delle Cento Forche
SP23
Collega Rocca San Casciano (valle del Montone) con Strada San Zeno (valle del Rabbi)
Unisce la valle del Marecchia (Badia Tedalda) con la val Tiberina (San Sepolcro e Pieve Santo Stefano)
Passo di Viamaggio
Unisce la valle del Marecchia (Badia Tedalda) con la val Tiberina (San Sepolcro e Pieve Santo Stefano)
Santa Sofia Stia Il passo la Calla, o "della Calla", è un valico di crinale dell'Appennino tosco-romagnolo, sullo spartiacque fra le valli del Bidente e dell'Arno (Casentino). Situato a 1296 m s.l.m., è il più alto valico stradale dell'appennino tosco-romagnolo. È attraversato dalla strada statale 310 del Bidente che collega le province di Forlì-Cesena e di Arezzo, fra i comuni di Santa Sofia e Pratovecchio Stia.
Passo la Calla
Santa Sofia Stia Il passo la Calla, o "della Calla", è un valico di crinale dell'Appennino tosco-romagnolo, sullo spartiacque fra le valli del Bidente e dell'Arno (Casentino). Situato a 1296 m s.l.m., è il più alto valico stradale dell'appennino tosco-romagnolo. È attraversato dalla strada statale 310 del Bidente che collega le province di Forlì-Cesena e di Arezzo, fra i comuni di Santa Sofia e Pratovecchio Stia.
Collega le valli del Tramazzo e del Montone
Passo Monte Trebbio station
Collega le valli del Tramazzo e del Montone
Causa una frana avvenuta nel 2014 la strada è chiusa al traffico nel tratto interessato allo smottamento (km 6+500) versante vallata del Montone Ad oggi - agosto 2020 non risulta ancora essere stata ripristinata la viabilità si prevedono tempi molto lunghi - appena avremo aggiornamenti li pubblicheremo Collega Premilcuore con Bocconi
Passo Valbura
Causa una frana avvenuta nel 2014 la strada è chiusa al traffico nel tratto interessato allo smottamento (km 6+500) versante vallata del Montone Ad oggi - agosto 2020 non risulta ancora essere stata ripristinata la viabilità si prevedono tempi molto lunghi - appena avremo aggiornamenti li pubblicheremo Collega Premilcuore con Bocconi
Unisce la valle del Savio con la valle del Marecchia
Romagnano
Unisce la valle del Savio con la valle del Marecchia
Collega Dovadola con Predappio
San Martino In Avello
SP104
Collega Dovadola con Predappio
Passo Ciola Linaro con Mercato Saraceno Collega le valli del Borello e del Savio
Strada Provinciale 29
Strada Provinciale 29
Passo Ciola Linaro con Mercato Saraceno Collega le valli del Borello e del Savio
Monte Chioda Collega Rocca San Casciano con Modigliana
Strada Provinciale 129
Strada Provinciale 129
Monte Chioda Collega Rocca San Casciano con Modigliana
Passo delle Siepi o del Grillo Da Sogliano - Ponte Uso alla valle del Marecchia (Secchiano)
Strada Provinciale Secchiano Siepi
Strada Provinciale Secchiano Siepi
Passo delle Siepi o del Grillo Da Sogliano - Ponte Uso alla valle del Marecchia (Secchiano)
Passo monte Finocchio (la Musella) Collega le valli del Borello e del Savio Ranchio con Sarsina
Strada Ranchio
Strada Ranchio
Passo monte Finocchio (la Musella) Collega le valli del Borello e del Savio Ranchio con Sarsina
Collega Predappio (valle del Rabbi) con Meldola (valle del Bidente)
Strada Rocca delle Caminate
Strada Rocca delle Caminate
Collega Predappio (valle del Rabbi) con Meldola (valle del Bidente)
Collega Rocca San Casciano con Tredozio
Strada Santa Maria in Castello
Strada Santa Maria in Castello
Collega Rocca San Casciano con Tredozio
Monte Cavallo Collega le valli del Bidente e del Savio-Borello
Strada Teodorano Montecavallo
Strada Teodorano Montecavallo
Monte Cavallo Collega le valli del Bidente e del Savio-Borello
Passo di crinale - valle del Rabbi
Tre Faggi station
Passo di crinale - valle del Rabbi
San Benedetto in Alpe con Tredozio
Valico Colle del Tramazzo
San Benedetto in Alpe con Tredozio
Unisce le valli del Santerno (Coniale) e del Senio (Palazzuolo)
Valico del paretaio
Strada Provinciale della Faggiola
Unisce le valli del Santerno (Coniale) e del Senio (Palazzuolo)
Valico Beccugiano e della Collina S. Adriano con Tredozio
Valico Della Collina
Valico Beccugiano e della Collina S. Adriano con Tredozio
Collega la vallata del Savio con la vallata del Tevere
Valico di Montecoronaro
Collega la vallata del Savio con la vallata del Tevere
Mercato Saraceno con Novafeltria
Via Barbotto
Via Barbotto
Mercato Saraceno con Novafeltria
SP23 Calbane o Monticino Brisighella con Riolo Terme Collega le valli del Lamone e del Sintria
Via Calbane
Via Calbane
SP23 Calbane o Monticino Brisighella con Riolo Terme Collega le valli del Lamone e del Sintria
Passo Corno o Casale Unisce la valle del Tramazzo-Marzeno (Modigliana) con la valle del Lamone (Brisighella)
Via Modigliana
Via Modigliana
Passo Corno o Casale Unisce la valle del Tramazzo-Marzeno (Modigliana) con la valle del Lamone (Brisighella)
Collega le valli del Savio e del Rubicone (Sogliano)
Via Santa Maria Riopetra Fanteria
Via Santa Maria Riopetra Fanteria
Collega le valli del Savio e del Rubicone (Sogliano)
Passo della Busca o Monte Sacco Unisce le vallate del Tramazzo e del Montone + Sul passo possibile deviazione per Santa Maria in Castello - Rocca San Casciano.
8 preporuka/e lokalaca
Vulcano Monte Busca
S.P. 22 per Tredozio al km 7+700
8 preporuka/e lokalaca
Passo della Busca o Monte Sacco Unisce le vallate del Tramazzo e del Montone + Sul passo possibile deviazione per Santa Maria in Castello - Rocca San Casciano.